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Un sacerdote spiega perché “il marxismo non è per i cattolici”

FALL OF THE BERLIN WALL
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Francisco Vêneto - pubblicato il 21/01/22
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Ogni ideologia basata su un conflitto inevitabile ci trascina nello scontro perpetuo

Il marxismo non è per i cattolici, ha sottolineato padre Nelson Faria, S.J., in un articolo pubblicato dal portale Ponto SJ, dei Gesuiti del Portogallo, il 13 gennaio.

La tensione tra cattolicesimo e marxismo, indica il sacerdote, “resta attuale, perché malgrado l'apparente fallimento alla fine del XX secolo, il marxismo è ancora presente e influente sui piani politico e sociale contemporanei, anche se in vari stadi di vitalità e soggetto a molte reinterpretazioni”.

Due punti critici di incompatibilità

P. Nelson sottolinea due punti critici di incompatibilità tra il cattolicesimo e il marxismo:

    Anche se alcuni cattolici sostgengono di rifiutare queste due visioni e dichiarano tuttavia di abbracciare altri aspetti del marxismo, p. Nelson osserva che nei discorsi di ispirazione marxista “non è una coincidenza l'avversione alla religione, principalmente al cattolicesimo, come anche la mancanza di rispetto per la proprietà privata”. Il sacerdote aggiunge: “Le idee hanno conseguenze, e l'acqua di uno stagno, per quanto possa sembrare un bel lago, provocherà e diffonderà malattie”.

    Un terzo punto critico di incompatibilità: il “conflitto inevitabile”

    Al di là di queste due questioni cruciali, il sacerdote sottolinea un terzo aspetto gravissimo intrinseco al marxismo: l'affermazione per cui la storia dell'umanità “non è altro che conflitto”. Questo riduzionismo fallace divide drasticamente le persone “tra oppressori e oppressi, senza spazio per le sfumature”. Per il marxista, in ogni situazione esistono “un oppressore e un oppresso”, e l'oppressore dovrebbe essere eliminato.

    “Il marxismo è una dialettica del conflitto”, riassume p. Nelson. Per sviluppare questa idea, Marx si è basato su Hegel, “che vedeva nella tensione tra la famiglia e la società la struttura della dialettica politica, tensione che potrebbe essere risolta dallo Stato”. Hegel sosteneva l'esistenza di due agenti alla ricerca del bene comune e aperti all'intervento di un terzo, ma Marx riduce questa visione, limitata in sé, a un'idea ancor più limitata e limitante: quella di oppressori e oppressi in aperto conflitto, dal quale “emergerà inevitabilmente un vincitore”, a cui spetterebbe “il bottino di guerra: il dominio dell'apparecchio statale”.

    Totalitarismi come risultato della premessa del conflitto

    Questa premessa rende il marxismo “un'ideologia cieca nei confronti della complessità della realtà”, perché riassume la storia dell'umanità all'oppressione, smettendo di riconoscere la bontà e l'altruismo: la persona “diventa un animale da controllare”. La conseguenza di questa visione riduzionista ed essenzialmente falsa dell'umanità è visibile in tutte le società che hanno impiantato “le idee marxiste o i loro derivati”: sono “Stati totalitari, assenti nella demonizzazione dell'altro”.

    “Ogni volta che l'umanità, per i propri mezzi, ha provato a costruire il paradiso sulla Terra, ha dato spazio a potenti, fiammeggianti e temibili Inferni”, ha aggiunto il sacerdote.

    Demonizzare l'altro è incompatibile con il cattolicesimo

    Per un cattolico, la “demonizzazione dell'altro” è “una deturpazione del suo credo”: alla fin fine, il fatto è che siamo tutti peccatori che hanno bisogno di salvezza e non di eliminazione, e ciascuno “dovrà essere giudicato dalle sue azioni o non dalla sua classe”. San Tommaso d'Aquino lo ha detto chiaramente: quello che va odiato è il peccato, non il peccatore. Per questo, “l'ossessione marxista per catalogare l'altro e dividere la società” è fondamentalmente incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo.

    Solo questa premessa dovrebbe chiarire il motivo per cui il marxismo non è per i cattolici.

    Frutti” di questa ideologia: più conflitti e “cancellazioni”

    Questa ideologia divisiva del marxismo “ha trovato espressione contemporanea nelle politiche di identità”, osserva p. Nelson, aggiungendo che, “di fronte al fallimento della lotta di classe, il marxismo ha trovato un luogo fecondo nella lotta contro la discriminazione razziale, di genere o di orientamento sessuale”: si tratta di cause legittime e giuste, ma l'approccio del marxismo le manipola per fomentare e prolungare il conflitto e aprire le porte alla persecuzione. In questo contesto nasce, per esempio, la famigerata “cultura della cancellazione”.

    Il sacerdote richiama l'attenzione sulla “differenza abissale” che esiste tra attivisti cristiani come Martin Luther King e gli attuali “Black Panthers” di ispirazione marxista. Il sacerdote cita anche l'enorme differenza tra “le parole informate dal cristianesimo di Nelson Mandela o del vescovo anglicano Desmond Tutu” e l'attuale discorso nelle società occidentali, “che fa di ogni cittadino bianco un razzista, e delle figure di autorità degli oppressori”.

    L'attuale demonizzazione dell'altro “è una reinterpretazione attualizzata della visione marxista”, considera il sacerdote, che prosegue mettendo in discussione le tergiversazioni su sesso, colore e orientamento sessuale, che dicono “molto poco su chi sia la persona”: al contrario, questa “politica delle apparenze” è già discriminatoria in sé. Quello che dovrebbe importare, sottolinea, “sono le convinzioni e le azioni di ciascuno”.

    Una differenza essenziale: “le caratteristiche non sono valori”

    È chiaro che il colore, il sesso e l'orientamento sessuale “hanno un peso nella biografia e nell'itinerario personale”, riconosce p. Nelson, ed è anche chiaro che “dobbiamo unirci nella lotta contro ogni discriminazione ingiusta”. Fattori come origine sociale, colore della pelle, attrazione sessuale e sesso della persona “sono caratteristiche, non sono valori”: anziché concentrarsi sul generare conflitti basati su queste caratteristiche, potremmo unirci intorno a valori universali come la verità, la bontà e la giustizia.

    Il sacerdote annota un'altra osservazione fondamentale che mostra chiaramente perché il marxismo non è per i cattolici: “Qualsiasi ideologia basata sull'inevitabilità del conflitto ci trascina in un perpetuare il conflitto stesso”.

    P. Nelson conclude che “costruire un mondo più giusto” non si basa su “una dialettica di conflitto”, ma “nell'abbracciare la rivelazione cristiana”, una parte fondamentale della quale viene così descritta dal sacerdote:

    “Siamo tutti figli di uno stesso Dio; siamo tutti esseri in cammino, un cammino fatto di errori e cose giuste, in cui la grazia, agendo sulla natura, può suscitare il miracolo della salvezza, di una salvezza che tutti devono vivere. Questa è la nostra grande speranza. Questa è la promessa di Dio per noi. Questa è la nostra vocazione”.

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