Le elezioni del Presidente della Repubblica italiana assomigliano, per molti versi, al Conclave della Chiesa cattolica, anche in queste elezioni chi "entra papa" spesso "esce cardinale", ma soprattutto sono elezioni che si possono osservare, ma su cui è difficile fare pressioni o fare vere previsioni.
Come funziona l'elezione del Presidente della Repubblica
La Camera e il Senato si riuniscono in seduta comune a cui si aggiungono i rappresentanti delle Regioni, oltre ai 321 senatori (di cui 6 a vita) e ai 630 deputati, saranno chiamati al voto anche 58 delegati regionali (tre per ciascuna regione, esclusa la Valle d’Aosta che ne ha un solo), per un totale di 1009 "grandi elettori". Se ne deduce che il quorum per eleggere il Capo dello Stato per i primi tre scrutini è a quota 673 (perché è richiesta la maggioranza dei due terzi degli aventi diritto), dal quarto in poi scende a 505 (cioè la maggioranza assoluta) e sarà molto probabilmente questo il "numero magico" da tenere d'occhio.
Le votazioni inizieranno lunedì 24 gennaio 2022 alle ore 15 e proseguiranno così:
Chi sono i "candidati"?
Nella storia repubblicana mai nessuno si è "candidato" alle elezioni per il Quirinale, tutte le scelte sono state fatte tra le segreterie di partito e i conciliaboli dei parlamentari tra un voto e l'altro. In questo senso anche in questo caso ci sono molte somiglianze tra l'elezione del Presidente e quella del Papa, del resto il Quirinale era la residenza dei pontefici fino all'Unità d'Italia.
Farà eccezione questa elezione dove due candidati si sono - in modo diverso - in varia misura resi disponibili all'incarico: Silvio Berlusconi e Mario Draghi. Il primo in maniera "sfacciata", rendendo evidente il suo tentativo (sulla carta avrebbe 451 voti) ed essendo alla ricerca, specie nel Gruppo Misto, dei voti che mancano. Il secondo rendendosi disponibile apertamente (famosa la sua frase "sono un nonno al servizio delle istituzioni")
Chi c'è in pole position?
Ovviamente il più probabile ad essere chiamato a diventare garante della Costituzione è proprio Mario Draghi, per molti versi in pectore fin dall'inizio della sua carriera a Palazzo Chigi, della sua figura abbiamo parlato proprio in quell'occasione con un articolo. Su di lui ci siamo soffermati in altre occasioni sia quando ha parlato al Meeting di Rimini, che quando ha parlato agli Stati Generali della Natalità e poi qui circa la sua educazione dai Gesuiti. Mario Draghi è uno stimato economista in ambito internazionale, famoso per la sua guida della BCE durante la crisi del 2012, dopo aver ricoperto ruoli chiave al Tesoro e in Banca d'Italia.
Subito dopo - o subito prima - c'è lo stesso Sergio Mattarella, il quale in più occasioni ha fatto capire che non è interessato ad un bis del suo settennato, ma che - come accadde per il suo predecessore, Giorgio Napolitano - di fronte ad uno stallo tra i partiti potrebbe essere "costretto" a restare, non fosse altro che per senso di responsabilità. Di lui scrivemmo un profilo quando venne eletto la prima volta. Mattarella è un convinto europeista che crede in una UE più solidale di quanto lo sia ora. Di recente è stato nominato membro della Pontificia Accademia Mariana Internationalis. Di fede cattolica, Sergio Mattarella proviene dalle fila della vecchia Democrazia Cristiana, dopo la cattedra di Diritto Parlamentare a Palermo è diventato deputato per molte legislature e poi Giudice di Corte Costituzione e dal 2015 è l'inquilino del Quirinale.
Chi altro potrebbe essere eletto?
Fin qui i due che hanno più probabilità in assoluto di essere eletti (o rieletti) con un consenso per lo più trasversale. Ma esistono, per la Presidenza della Repubblica, anche altre opzioni che molti analisti danno per plausibili, vediamo anche queste, cercando di tracciare un breve profilo per ciascuna di esse.
Tra le potenziali "papabili" salgono le quotazioni di Marta Cartabia, ministra della Giustizia del Governo Draghi ma soprattutto giurista di fama internazionale e dal 2011 al 2020 Giudice della Corte Costituzionale italiana e nell'ultimo anno anche suo Presidente, ha sicuramente le carte giuste per poter ambire alla carica, sebbene - e questo è chiaramente un limite - scarsa esperienza politica. Di lei ci siamo già occupati quando è stata scelta come Guardasigilli, ha varato una riforma della giustizia che potrebbe farle perdere i voti dei 5 Stelle. Cattolica e vicina a CL è sposata e ha tre figli, sarebbe, casomai emergesse, la prima donna a diventare Capo dello Stato.
A tentare con tutte le sue forze c'è poi Silvio Berlusconi come abbiamo accennato fin dall'inizio. Berlusconi è il "padre" del centrodestra italiano per come lo conosciamo, ed è difficile che qualcuno non lo conosca o non si sia fatto una idea su di lui dopo trent'anni di presenza nelle istituzioni e i molti guai con la Giustizia italiana. Secondo molti vuole lasciare la politica con i galloni da "padre della Patria", per questo tenta di diventare Capo dello Stato o di influenzarne l'elezione. Pochi giorni prima dell'apertura delle votazioni, Berlusconi a fatto un passo indietro, non è più "in corsa", tenterà di far eleggere qualcuno a lui gradito?
Tra i nomi forti che circolano, che potrebbero essere accolti benevolmente da destra e sinistra o quanto meno digeriti più facilmente ci sono quelli dell'ex Presidente della Camera, Pierferdinando Casini e quello dell'attuale Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Quest'ultima in particolare ha raccolto interesse attorno al suo nome, non sconosciuto agli esperti di politica, ma mai così in primo piano come da quando è alla guida del Senato, carica che - secondo la Costituzione - corrisponde a quello di vice-Capo dello Stato (in caso di vacatio o di impossibilità). La Casellati, classe 1946, Laureata in giurisprudenza presso l'Università di Ferrara e in diritto canonico presso la Pontificia Università Lateranense è in Forza Italia (partito di Silvio Berlusconi) fin dalla fondazione. Già sottosegretario alla Salute e poi della Giustizia è stata anche membro del Consiglio Superiore della Magistratura, durante la sua carriera a Palazzo Madama (il Senato) si è opposta alla Legge Cirinnà sulle unioni civili per gli omosessuali, contro la fecondazione eterologa, l'aborto.
Si affaccia anche l'ipotesi, sostenuta dal centrosinistra, di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, storico ed ex ministro nel governo Monti, come candidato non solo di "bandiera" da eleggere nella quarta o quinta votazione.
E poi?
Altri nomi circolano con una certa insistenza e sul web si sono scatenate anche le pagine di meme nostalgici della Prima Repubblica che indicano - tra il serio e il molto faceto - l'inossidabile Ciriaco De Mita, attualmente sindaco di Nusco, e politico di lunghissimo corso della Democrazia Cristiana:
E chissà che alla fine, nella ricerca di un "papa di transizione" (l'ex presidente del Consiglio e più volte ministro ha 93 anni) la politica italiana non si affidi proprio ad un professionista come lui...
aggiornamento: 24 gennaio 2022 ore 10:16