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La crudele scorciatoia del ghosting: «Va tutto bene, ma sparisco»

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BenEssere - pubblicato il 18/01/22
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Succede in amore ma anche in altri ambiti relazionali: l'amicizia, la famiglia e persino il lavoro. Le nuove tecnologie rendono ancora più semplice una strategia canaglia: sottrarsi all'altro senza dare alcuna spiegazione.

di Caterina Allegro in collaborazione con il professor Andrea Castiello D’Antonio
psicologo clinico e psicoterapeuta a Roma

E così il principe baciò la principessa, che, tutt’a un tratto, si destò dal suo lungo sonno. Trascorsero ore liete a sussurrarsi parole d’amore, promettendosi, all’imbrunire, d’incontrarsi il giorno seguente.
Ma l’indomani il principe non venne.
«Dove sei»? Chiese lei con un messaggio di Whatsapp. Nessuna risposta. «È
successo qualcosa»? Silenzio. La principessa provò a chiamarlo, ma il telefono squillava a vuoto. «È colpa mia»?
Incalzò la principessa. Non ebbe risposta, né allora né mai. Il principe si dissolse nel nulla come un fantasma, e non lo vide più.

Questa triste fiaba moderna è quanto mai plausibile almeno a partire dal 2015, anno in cui il termine ghosting è comparso sui dizionari italiani fra i neologismi.

«Comportamento di chi decide di interrompere bruscamente una relazione sentimentale e di scomparire dalla vita del partner, rendendosi irreperibile. Dall’inglese to ghost, "fantasmarsi”», è la definizione della Treccani.


«Di certo il fenomeno è sempre esistito», afferma il professor Andrea Castiello D’Antonio, psicologo clinico e psicoterapeuta a Roma (castiellodantonio.it).

«Tuttavia, negli ultimi anni, si è guadagnato un “nome” specifico, e questo è un passaggio importante: significa che il fatto è più visibile, e in qualche modo decodificato».


Come vedremo, l’emergere del ghosting è legato a doppio filo con le nuove tecnologie, ma non solo. E va ben oltre il rapporto di coppia.


Nella mente del “fantasma”

Prerogativa del ghosting è l’eclissarsi del soggetto senza un motivo apparente, e senza dare spiegazioni. Con la sua sparizione, del tutto inaspettata, la persona, in realtà, fa “sparire” anche la propria vittima, perché in pratica le comunica tacitamente: «per me tu non esisti».

«Si tratta di una violenza vera e propria», afferma l’esperto. «La vittima, inizialmente non riesce a credere a ciò che sta accadendo, cerca disperatamente una spiegazione e tenta persino di giustificare il proprio carnefice, magari colpevolizzandosi. Di fatto subisce un profondo attacco alla propria autostima, un annullamento dell’identità personale, che in seguito provoca malinconia, tristezza e rischia persino di far sprofondare in una depressione da abbandono, equiparabile a quella da lutto».


Insomma, con un simile comportamento, si può fare molto male. Ma che cosa spinge una persona a dileguarsi in questo modo?

«Sicuramente un’incapacità di affrontare le situazioni poco piacevoli, o i problemi
che normalmente possono crearsi in una relazione affettiva. Di solito quella che scatena il ghosting è un’emozione fortemente negativa: può essere invidia, gelosia, rabbia, insofferenza, o semplicemente l’ansia di essere messi davanti a se stessi a causa di una critica o un’osservazione dell’altra persona. Insomma, si tratta di una reazione difensiva.
A quel punto il soggetto mette in atto il freezing, cioè un congelamento emotivo. Taglia i ponti di netto e non prova nulla. È un modo di vendicarsi, ma anche di manifestare la propria potenza sull’altra persona».


Spesso chi attua il ghosting ha introiettato a lungo rabbia e frustrazione, e infine “esplode” con questa reazione spropositata, che non è rumorosa, ma ugualmente violenta.
«Di base queste persone vedono solo se stesse, ritengono che le emozioni degli altri non abbiano alcun valore, e comunque vivono male. Non costruiscono nulla. Si creano una nicchia esistenziale molto limitata, per il tempo che riescono a non distruggerla, e a lungo andare restano sole. Eppure è difficile che cerchino aiuto: spesso non si rendono conto di avere un problema e ritengono il proprio comportamento del tutto normale».

È invece la vittima che, più di frequente, si rivolge allo psicologo.

«Di solito è sufficiente una psicoterapia di supporto breve, che aiuti la persona abbandonata a recuperare l’autostima e la coscienza del proprio valore nel mondo. In alcuni casi, invece, si rende necessario un percorso più profondo, che scavi nel vissuto famigliare, perché a volte chi è vittima di ghosting nasconde un orientamento masochista, appreso nell’infanzia, e si rende complice della dinamica di abbandono, come se in fondo desiderasse essere “cancellato”».


Qual è il modo giusto per reagire, quando, di punto in bianco, una
persona vicina diventa “fantasma”?

«Abbiamo tutto il diritto di cercare un contatto e un confronto», dice Castiello D’Antonio, «ma è importante anche evitare di accanirsi per non cadere nel tranello micidiale dello stalking e trasformarsi, da vittima, in persecutori. Il dolore di un abbandono immotivato, infatti, può generare comportamenti ossessivi, ma ricordiamo che, se il ghosting non è un reato, lo stalking lo è. Dunque, attenzione».


Non solo in amore

A moltiplicare gli episodi di ghosting e dunque l’interesse verso il fenomeno è stata in parte la tecnologia, strumento ormai essenziale di ogni relazione sentimentale, amicale o professionale che sia: smettere improvvisamente di rispondere a chiamate, messaggi, e-mail è una mossa relativamente semplice, e spesso sufficiente a recidere con un taglio netto il rapporto senza mettersi in gioco.

«Pensiamo anche che molti legami, specie nelle generazioni più giovani, sono coltivati esclusivamente sul Web, non per questo però sono percepiti come poco importanti, anzi. Spesso una relazione virtuale ha, agli occhi della persona, la stessa dignità di una
frequentazione reale, con lo stesso coinvolgimento emotivo. Dunque, se l’altro scompare limitandosi a spegnere cellulare e Pc, si può soffrire molto e anche a lungo».

Il fenomeno in ambito professionale

Il ghosting viene attuato non solo all’inizio di una relazione, ma anche quando il rapporto sembra consolidato e vanta un’intensa condivisione di esperienze, con un effetto ancor più destabilizzante e devastante in chi lo subisce.
Ma l’abitudine a sparire non riguarda solo le coppie: è praticata a livello amicale, in famiglia, in ambienti sociali in cui è richiesta anche solo un minimo di costanza, e perfino in ambito lavorativo.

Un meccanismo, quest’ultimo, quanto mai curioso, considerando che comporta anche un risvolto pratico non indifferente, legato a un improvviso venir meno dell’introito economico o all’impossibilità di sostentarsi.

«Non è così sorprendente», afferma Castiello D’Antonio. «Dipende sempre dal valore che
viene dato al lavoro, che per alcuni è molto scarso».

Anche in ambito professionale il ghosting può subentrare in diverse fasi: accade
per esempio che un candidato sostenga uno o due colloqui brillanti nella stessa
azienda, ma, al momento dell’ultimo incontro, determinante per l’assunzione, non si presenti e non dia spiegazioni.

«La percentuale di candidati “scomparsi” nelle diverse fasi dell’iter selettivo, secondo alcune ricerche del 2019, supera addirittura il 50 per cento dei soggetti convocati», precisa il professor Castiello D’Antonio. «Non c’è da stupirsi considerando che, anche ai concorsi pubblici, un’ampia fetta di candidati iscritti non si presenta nemmeno alla prima prova di esame».


Come nelle storie d’amore, anche in ufficio la sparizione può subentrare dopo anni di consolidata collaborazione. Da un giorno all’altro, come un fulmine a ciel sereno, o gradualmente, preceduta da avvisaglie sempre più evidenti.

«Si inizia a ritardare le consegne, a non rispettare le scadenze, si risponde sempre meno alle sollecitazioni, finché alla fine non si sparisce, perdendo non solo il posto e lo stipendio, ma anche la fiducia e la stima dei colleghi. Chi attua questi comportamenti taglia i ponti alle proprie spalle, lasciando all’azienda un’immagine molto negativa, e bruciandosi anche le possibilità future di ottenere buone referenze.

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