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“Da quando sono vedova ho scoperto il silenzio di Dio”

ELISABETTA MODENA
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Silvia Lucchetti - pubblicato il 18/01/22
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Elisabetta da quando è diventata vedova si è trovata ad "abitare il silenzio". E poi ha conosciuto un altro silenzio, quello di Dio: "un silenzio fecondo. Creativo. Dove può crescere (...) preghiera, poesia, arte, amore per il prossimo, servizio, misericordia, pentimento".

Ho conosciuto Elisabetta attraverso le sue poesie. Mi ha spedito l'anno scorso il libretto "Come un campo di girasoli" che ha scritto dopo la morte di suo marito Francesco, versi pieni di ardore, fede, malinconia, spirito e carne.

Poco tempo dopo l'ho intervistata per farmi raccontare la sua storia. Sono tanti i passaggi che mi hanno colpito della sua testimonianza, ma ce ne è uno in particolare che mi è rimasto impresso. Fino alla morte di suo marito era stata casalinga, ma Francesco negli ultimi mesi di vita, preoccupato per il futuro della sua famiglia, aveva contattato un'azienda nella quale aveva prestato servizio anni prima per chiedere un posto di lavoro per sua moglie. Quanto amore c'è in un gesto così? Oggi Elisabetta lavora proprio lì. Un regalo nel regalo.

"Per me e per i miei figli è stato davvero un segno del cielo" mi aveva confidato al telefono.

Elisabetta è una donna generosa: di cose, tempo, parole. Non ci siamo mai viste dal vivo e già mi ha regalato due libri. È mamma di quattro figli e scrive. Da sempre. Con il suo vero nome e con lo pseudonimo Judith Sparkle. Il suo ultimo romanzo si intitola "Aspettami per Natale".

Oggi ci racconta quanto è prezioso il silenzio di Dio, come ha imparato ad ascoltarlo e soprattutto guardando a Chi.

Di Elisabetta Modena

Quando mi è stato chiesto di trovare una parola che, per me, significasse l’equivalente di una gemma sbocciata nella mia vita, ho cominciato a rifletterci sopra.

Per spiegarvela, devo parlarvi un po' di me.

Le esperienze che mi hanno segnato e fatto fiorire

Ho sempre avuto una spiccata immaginazione, un fervente amore per i libri e un vivo desiderio di comunicare. Doti che, messe insieme, farebbero pensare a una direzione umana e professionale abbastanza evidente. Alcune circostanze della vita, però, mi hanno portato lontano dai miei sogni di ragazza e non ho potuto realizzare alcuni desideri che mi stavano a cuore. 

Come se il buon Dio avesse voluto prevenire le mie rimostranze, mi ha donato un marito amatissimo, Francesco, e i nostri sei figli (quattro in terra e due in cielo in seguito ad aborti spontanei). Per vent’anni ho trascorso una vita serena e felice, con i classici alti e bassi tipici di ogni coppia sposata. Finché, come in ogni buon libro che si rispetti, è arrivata la tragedia. Non che prima non ce ne fossero state, ma il 19 agosto 2018 hanno diagnosticato a mio marito un tumore maligno al cervello inoperabile. Già al IV stadio. Di punto in bianco, dalla sera alla mattina. 

Io che fino ad allora avevo vissuto un matrimonio bellissimo con Francesco, benedetto anche da un’intesa spirituale e artistica coronata da una serie di libri e di collaborazioni editoriali, mi sono trovata a fare i conti con la malattia, la solitudine, la morte. 

Chi sono oggi

Sono una vedova, madre di quattro figli tra i 12 e i 21 anni.

La parola che la vita mi ha insegnato

Silenzio.

Inutile girarci intorno: da quando sono vedova, “abito il silenzio” come ho scritto in una poesia.

Il silenzio umano fa soffrire perché è il silenzio dell’assenza degli altri, della solitudine. Della fatica. Del dubbio. Della crisi. Manca un tu

Parlando poi con altre donne nella mia condizione poi (anche attraverso le mie pagine social Con cuore di vedova), emerge la difficoltà della società a offrire accoglienza a chi porta il fardello del lutto.

Ma mentre assistevo Francesco nella sua progressiva malattia e poi in questi due anni di vedovanza ho scoperto che c’è anche il silenzio di Dio, diversissimo da quello umano perché è un silenzio fecondo. Creativo. Dove può crescere di tutto: preghiera, poesia, arte, amore per il prossimo, servizio, misericordia, pentimento. In questo senso, mi piace molto l’icona della Madonna del silenzio. Oppure, quando mi sembra di non farcela, penso a San Giuseppe uomo del silenzio. O ai trent’anni di vita nascosta della Sacra Famiglia, a proposito dei quali non sappiamo nulla. Anni avvolti nel silenzio.

A pensarci, tutte le cose più belle nella Bibbia avvengono nel silenzio o nel nascondimento: la nascita di Gesù e la sua Risurrezione. L’annunciazione. I sogni. 

Il silenzio è la lingua del creato che, servendosi dell’assenza di voci umane, impasta suoni e significati che vanno oltre le semplici “lettere”. Il silenzio è la mano di Dio, è la sua presenza operante. In tal senso, appartiene alla natura del silenzio “unire” cose e piani diversi della realtà: dove la parola separa (basti pensare al “Fiat” della creazione), il silenzio unisce creatura, creato e Creatore. Per questo dico sempre alle altre persone sole, in cerca di segni dei loro cari, che imparino ad ascoltare il silenzio. Nel silenzio si manifestano piccole e grandi epifanie.

Il vero silenzio, poi, è sempre foriero di profezia. Nel silenzio nascono i miei libri perché occorrono tempo e pazienza per “ascoltare” i personaggi delle storie, o per cogliere i versi che mi nascono da dentro e che poi diventano pronti per il loro viaggio nel mondo.

Modello di silenzio resta per me Maria che “serbava tutte queste cuore nel meditandole nel suo cuore.” Davanti all’impossibilità, talvolta, di capire il motivo dei fatti che ci succedono ci restano due scelte: criticare Dio e puntare i piedi cercando una giustizia umana. Oppure lasciar fare a Lui e aspettare in silenzio, serbando tutto nel cuore: gioie e dolori, felicità e tristezza, vita e morte. Lui ci darà le risposte al momento giusto.

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