Alcune distinzioni si rivelano forzate in quanto non giungono a coprire veramente la realtà. Facciamo un esempio con la linea di demarcazione che separerebbe il credente (ossia un uomo che crede che Dio esiste) dal non credente (il quale non crede all’esistenza di Dio, o che non crede a nulla). In realtà, l’ateismo è una credenza: “credo che Dio non esista”, ecco una formulazione più conveniente. Si tratta insomma di una credenza materialistica, massicciamente rivendicata solo a partire dall’epoca moderna.
E cosa ne è dei cristiani che si dichiarano “credenti non praticanti”? Sono più numerosi di quanti si sentono tenuti ad aggiungere “praticante”, quando si dichiarano credenti. Sembra che siano numerosi quanto pensano che esista sì un Dio, ma che non sentono con ciò il bisogno di andare in chiesa: l’adesione a un’idea non necessiterebbe la pratica. Ci si può anche riconoscere nei valori cristiani, e pure viverne, senza perciò andare a messa. Si può attingere ispirazione al messaggio evangelico senza perciò frequentare la parrocchia.
Credere in Gesù significa seguirlo
Ma si può seguire e amare Cristo senza provare il bisogno di incontrarlo nella preghiera? Si può essere uniti a Cristo senza unirsi a lui nel pane consacrato che egli ha scelto come luogo stesso della sua presenza sacramentale? Si può essere convinti dei benefici del perdono dato da Dio senza farne mai l’esperienza concreta nel sacramento?
Credere che Gesù dica il vero quando dice “Io sono il pane della vita”, credere che dica il vero quando afferma “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” è un qualcosa che impegna nel profondo. Gesù non ci invita ad aderire a un mondo di valori morali, all’idea generale di un Dio creatore: egli ci invita chiaramente ad unirci a lui, concretamente, in carne ed ossa.
E così quando indolentemente ci allontaniamo dalla pratica, malgrado ancora ci definiamo credenti, ci inganniamo su quello che stiamo vivendo. In realtà è la nostra fede ad essere toccata per prima, è quella che vacilla.
Affidarsi
Altrimenti detto, e per riprendere un’espressione celebre, colui che dice “Sono cristiano ma non pratico” assomiglia molto a uno che dicesse “Sono nudista, ma non pratico”. O “sono un giocatore di calcio, ma non gioco”. Invece possiamo chiederci se non ci capiti talvolta di scivolare nella situazione del praticante-non-credente: quando l’abitudine prende il posto del fervore, quando il conformismo ferma lo slancio del cuore.
Diamo fiducia a Cristo, il quale sapeva ciò che faceva quando sceglieva gli apostoli e istituiva i sacramenti, ossia quando fondava la Chiesa: Egli ci ha offerto il luogo in cui quanti lo amano e credono in lui possono incontrarlo.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]