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Green pass e obbligo vaccinale: che significa agire da uomini liberi?

Il movimento no vax ha diverse adesioni anche tra i religiosi.

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Louis Daufresne - pubblicato il 03/01/22
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Le misure che i governi stanno soppesando per rinforzare gli strumenti sanitari della lotta contro la variante Omicron dividono i cittadini. Louis Daufresne, dalla Francia, denuncia una frattura culturale nella quale si manifestano differenti concezioni della libertà.

«Resto basito a vedere quanto pochi sono i cattolici che insorgono contro misure liberticide, mentre la nostra religione è quella degli uomini liberi!». È un grido del cuore, quello alzato da un ascoltatore di Radio Notre Dame –: si può dire che sia anche quello della ragione? Come facciamo a sapere se sono pochi i cattolici a insorgere? Si parla di tutti i fedeli o solo dei chierici? L’istituzione non sembra essere in grado – visti tutti i mali che la affliggono [in Francia N.d.T.] – di alzare la voce. 

Quanto alle misure liberticide… non è logico che lo stato di guerra soppianti lo Stato di diritto? Ricordiamoci del discorso rivolto ai Francesi da Emmanuel Macron il 16 marzo 2020: 

Data questa premessa, che significa agire da uomini liberi? 

Docili o ribelli? 

Due attitudini si oppongono: la prima postula che lo Stato guidi la nazione e dica la verità al popolo. Essa promuove l’obbedienza e lo spirito civico. Essa è docile, globalmente centrista, politicamente poco colta, nettamente maggioritaria. La libertà permette ai cittadini di rendere l’azione pubblica più efficace. Il singolare trova nella collettività il proprio fondamento. La massima potrebbe essere, evangelicamente: «Chi non raccoglie […] disperde». I non-vaccinati minacciano la società. Impedire loro di nuocere, come adottare gesti-barriera tra cui l’uso della mascherina, è questione di responsabilità. 

La seconda attitudine crede che lo Stato disprezzi la nazione e che menta al popolo. Essa difende la diffidenza e la resistenza. Essa è ribelle, forte agli estremi, politicamente molto coscientizzata, piuttosto minoritaria. La libertà, garantita dalla legge, serve a proteggere il cittadino contro il potere, a maggior ragione in Francia dove il giacobinismo è una forma di assolutismo. Il singolo ha preminenza sulla collettività. Il comandamento evangelico di riferimento potrebbe essere: «Tutto ciò che fate al più piccolo dei miei fratelli, l’avrete fatto a me». I non-vaccinati sono i paria della società. Sostenerli è questione di responsabilità. 

Caccia all’uomo o lezione di civismo? 

Ci sono cattolici da questa come da quella parte. E la loro coscienza sarà nuovamente interpellata quando, lunedì 15 gennaio [in Francia], il pass vaccinale prenderà indubbiamente il posto del pass sanitario. Quelli acconsentono a questo giro di vite senza il quale pensano che l’immunità di gregge non sarà raggiunta: anzi, ritengono perfino che il governo sia pusillanime nel suo industriarsi per costringere i recalcitranti a farsi vaccinare senza però obbligarli formalmente. Questi insorgono contro «un obbligo vaccinale puro e semplice corredato di un dispositivo punitivo», atto a discriminare una popolazione – il che equivale a dire che il governo attenta allo Stato di diritto. 

Come interpretare le parole di Olivier Véran [attuale ministro della Salute francese, N.d.T.] quando dichiara ai non-vaccinati: «Stavolta avrete veramente poche possibilità di farla franca [“passer entre les gouttes”, in francese, N.d.T.]»? È una caccia all’uomo o una lezione di senso civico? Ci sono ancora cinque milioni di francesi (tra quelli idonei) che rifiutano l’iniezione, ma il ministro della Salute descrive tre tipi di ribelli: 

    «La trasformazione del pass sanitario in pass vaccinale si rivolge a questi», indica il ministro. 

    Una frattura culturale 

    L’opposizione fra le due attitudini or ora descritte non si fonda su argomenti scientifici, benché dai due schieramenti non si faccia altro che rinfacciarsene: la frattura è culturale e non ricalca le frontiere ideologiche. Molte famiglie conservatrici sono legaliste, non esiste che vi si contesti l’autorità: il medico, il professore, il poliziotto hanno sempre ragione. Porsi troppe domande è un segno di deviazione, di alterazione dell’intelligenza. 

    Questa forma di educazione non può neppure concepire che lo Stato menta alla nazione, la disprezzi, la minacci. Soprattutto in un Paese in cui – quando non capitola davanti ai capricci dei suoi rappresentanti – la forza pubblica li vezzeggia ridistribuendo a man bassa il contenuto delle imposte. Pensare che degli alti funzionari, dei servi dello Stato, lavorino all’asservimento dei cittadini è un’idea inaccessibile a una persona sana di mente. L’idea è troppo violenta, il salto intellettuale impossibile. 

    A fronte di quest’attitudine legalista, la posizione contestataria si declina in diverse maniere; per il contesto di questo articolo ne ho selezionate tre, dalla più mite alla più intransigente: 

    1L’apologia legalista

    La tribuna di François-Xavier Bellamy in Le Figaro Vox (28 dicembre 2021) è intitolata “Il pass vaccinale, ovvero il perseguimento della dissoluzione dello stato di diritto”. Il filosofo si produce in un esercizio difficile, perché si sforza di fondare la propria contestazione sul legalismo: ispirandosi alla Costituzione, l’eurodeputato repubblicano ricorda che «nessuno può essere costretto a fare quel che la legge non ordina». Questa retorica mostra i propri limiti piuttosto rapidamente, perché Bellamy scrive in preambolo che non mette in discussione la necessità della vaccinazione per prevenire le forme gravi della malattia. E allora, se urgenza c’è e se ai membri del Governo e del Parlamento è stato affidato un mandato per farvi fronte… perché il pass vaccinale sarebbe scandaloso? Se lo Stato ha ragione e i no-vax hanno torto, questa misura anzi si giustifica a maggior ragione. Quel che Bellamy rifiuta è che si «designino dei capri espiatori per giustificare una crisi ospedaliera di cui [lo Stato] è, in realtà, uno dei primi responsabili, in solido con le precedenti amministrazioni». L’argomento ha un suo effetto, ma il ministro della Salute dice semplicemente, in nome del bene comune, che si tratta di ricondurre dei contravvenenti alla ragione, per farli uscire dal «delirio». 

    2L’Assurdistan

    Un’altra posa contestataria, più ribelle e aggressiva, consiste nel dire che tutto quanto lo Stato ha fatto, dall’inizio, è assurdo. È la tribuna di Alexandre Jardin ne Le Figaro del 29 dicembre 2021, intitolata “Due anni in Assurdistan”. Titolo magnificamente mediatico. 

    Lo scrittore sgrana «la lista delle assurdità decise dal governo a partire dall’inizio della crisi sanitaria». Si ride, si piange con questo Pinocchio delle lettere che sembra disilluso su tutto e non disposto a lasciar passare alcunché. A ogni riga uno vorrebbe premere il tasto reset. Il suo testo fa prendere coscienza che l’assurdo, in fin dei conti, non ha alcunché di bizzarro: stordisce, disorienta, avvilisce, scoraggia… e soprattutto fa paura, perché non ha limiti. Già Voltaire se ne serviva per dire che la Provvidenza non esiste: «La vera follia – scrive Jardin – comincia quando la si normalizza». Starà riecheggiando la frase di Chesterton: «Il pazzo è chi ha perduto tutto tranne la ragione»? 

    In un accesso di febbre populista, lo scrittore fustiga le «teste d’uovo», il nostro «sistema verticale statalista, burocraticamente imbattibile». Anche qui, l’argomento lusinga il nostro ego da francesi brontoloni, ma Jardin non tira le somme del suo ragionamento: se c’è un assurdo, esso va insieme alla menzogna e obbedisce a un’intenzione malvagia… per una semplice ragione: l’assurdità, come testimonia l’anonimato dell’universo kafkiano, rende impossibile lo scambio verbale. Ora, la libertà invece è sempre uno scambio, un dialogo (come si usa dire oggi). Il pensiero unico è sempre pensiero a senso unico. 

    3Difendete la vostra libertà

    L’ultima posa contestataria, la più dura: il messaggio di Natale di mons. Marc Aillet, vescovo di Bayonne, è intitolato “Difendete la vostra libertà”. Il prelato muove da una citazione di Benedetto XVI: «Il vero problema è che Dio scompare dall’orizzonte degli uomini». Mons. Aillet discerne un male metafisico, divisore e distruttore – che si spinge ben al di là del Covid, ad esempio 

    Al contrario dell’Assurdistan di Alexandre Jardin, mons. Aillet cerca di costruire un racconto coerente. Procede assimilando o fa prova di acutezza? 

    [traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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