Nel 1583 il gesuita Matteo Ricci fu il primo missionario cattolico a installarsi in Cina. Per evangelizzare la Cina, Ricci volle conquistare l’élite politica e intellettuale. Secondo il suo progetto, la conversione delle élites avrebbe comportato a cascata l’evangelizzazione di tutto il paese. Molto presto, egli si rese conto che erano le sue competenze in astronomia e in matematica a interessare i letterati e gli alti funzionarî cinesi, e che nel 1601 gli valsero il permesso di risiedere a Pechino, capitale imperiale.
La strategia di Ricci per conquistare le élites cinesi mediante la scienza, e in particolare l’astronomia, sarebbe stata proseguita dai suoi successori. Nel 1650, un gesuita sarebbe diventato addirittura presidente dell’Ufficio Imperiale di Astronomia e delle Matematiche.
Questo episodio misconosciuto assomiglia molto all’Evangelo dell’Epifania: un saggio astronomo straniero percorre migliaia di chilometri per incontrare un sovrano, ed è l’osservazione delle stelle che permette l’incontro tra due mondi che fino a quel momento si ignoravano. La similitudine, però, si ferma lì. A Pechino, infatti, fu l’astronomo cristiano a tentare di portare in dono Gesù a un sovrano pagano; il quale – ironia della sorte – si faceva chiamare “Figlio del Cielo” ma rifiutò il dono.
Sotto le stelle, il rigetto della fede
Da Betlemme a Pechino, ci si sarebbe potuti immaginare che la storia si sarebbe ripetuta, e che i pagani si sarebbero prostrati per adorare il Bambino nella Mangiatoia, Gesù Cristo. L’osservazione delle stelle sarebbe stata la scia comune per condurre tutti gli uomini a Cristo. L’adorazione dei Magi non sarebbe stata solo un’epifania di Dio in Gesù, ma un’epifania della Chiesa – realmente cattolica perché composta da uomini di tutte le etnie, lingue e nazioni.
L’imperatore di Cina, però, non ha mai ricevuto personalmente Ricci, e pochissimi letterati o alti funzionari cinesi si sono convertiti al cristianesimo. Ancora ai nostri giorni, ci sono al mondo più uomini che ignorano Cristo che suoi adoratori.
Bisogna dunque credere che l’adorazione dei Magi a Betlemme non significhi l’ingresso dei pagani nella Chiesa? Bisogna credere che l’estensione universale della salvezza in Gesù Cristo non sia che un pio voto destinato a restare per sempre frustrato in questo mondo? Dopo tutto, la lezione storica dell’episodio di Ricci a Pechino è chiara: i pagani e i cristiani vivono sotto il medesimo cielo e osservano le medesime stelle, ma non vi vedono la medesima cosa. Sull’astronomia e sulle matematiche un terreno d’intesa esisteva ieri, così come esiste oggi sulla tecnologia e sul commercio, ma non si va oltre. La Cina possiede il confucianesimo, il taoismo, il buddismo e svariati millenni di una cultura che nulla ha da invidiare a quella occidentale cristiana: perché i cinesi si dovrebbero prostrare davanti a Gesù Bambino? E che dire dell’India e di altre civiltà ancora?
La tentazione del relativismo
La persistente impermeabilità delle tradizioni religiose e culturali alla fede cristiana deve interrogarci. Le ragioni dello scacco dell’evangelizzazione sono numerose:
Al di là di queste contingenze storiche, però, l’attaccamento di tanti popoli alla loro religione e il loro rigetto della fede cristiana è un enigma e – per i cristiani – una tentazione.
La tentazione è la seguente: poiché la cattolicità estensiva della Chiesa (il fatto cioè che essa raccolga in sé tutti i popoli) sembra irrealizzabile, non bisogna dedurne che la cattolicità intensiva della Chiesa (il fatto che essa possieda l’integralità dei mezzi di salvezza e che sia essa, in Cristo, l’unica mediatrice della salvezza) debba essere abbandonata come un mito, un relitto naïf di un desueto trionfalismo clericale? E allora si arriverebbe facilmente a concludere che la Rivelazione in Gesù Cristo, comunicata nei sacramenti della Chiesa, altro non è se non un mezzo tra gli altri nel piano di Dio per l’umanità.
Dalla rassegnazione di fronte allo scacco sul piano pratico, si arriva alla sua giustificazione sul piano teorico, e questa è il relativismo. L’operazione è ben smaltata di sentimenti religiosi: si tratterebbe infatti di una migliore comprensione del rispetto dell’altro in quanto tale… ma implicare il ciò l’assunto che nessuno possa trascendere il proprio particolarismo religioso e per inchinarsi davanti alla verità, se la incontra, significa davvero rispettare l’altro?
La conversione dei pagani
La tentazione di passare dalla semplice constatazione del pluralismo religioso alla sua giustificazione teoria soffre di un grosso problema: non ha alcun fondamento nelle Scritture né nella Tradizione. Se è vero che nell’Evangelo sono spesso dei pagani a riconoscere Cristo, e che la loro fede è stata quella più ammirata da Cristo (i Magi, la Siro-fenicia, il centurione…), c’è sempre stato un contatto reale col Cristo stesso, e questi pagani hanno accettato, sulla scia dei Magi, di essere traslati dalla loro cultura e dalla loro credenza nativa per incontrare Cristo in pienezza… e seguirlo. All’inverso, l’idolatria e il paganesimo sono sempre fermamente condannati dalle Scritture, e più tardi dai Padri della Chiesa.
Il Concilio Vaticano II insegna:
A fronte di numerose contestazioni, il magistero della Chiesa è stato obbligato a ribadire ancora nel 2000 questa verità:
La lezione dell’Epifania
Non esiste che un solo piano salvifico previsto da Dio per l’umanità, e questo piano passa da Cristo e dalla Chiesa, che del messia è il corpo mistico. I Magi e i sapienti di tutto il mondo sono invitati a venire ad adorare Gesù Cristo, e con essi lo sono tutte le nazioni. L’Evangelo dell’Epifania ci insegna poi ancora una lezione: se i Magi si sono spostati per venire a trovare Gesù Bambino, è anzitutto Dio che ne ha dato loro il segnale attraverso la stella, ed è il Figlio che è “sceso dalle stelle” per venire loro incontro sulla terra.
Ancora oggi, Cristo e la sua Chiesa vanno incontro a tutti gli uomini di tutte le nazioni, in modo misterioso. E se alcuni uomini sono stati salvati senza aver incontrato visibilmente Cristo e la sua Chiesa, è sempre mediante Cristo e la sua Chiesa che essi sono invisibilmente salvati.
La stella di Cristo e della sua Chiesa è la sola a poter rischiarare tutti gli uomini. Ma noi siamo abbastanza santi da farla brillare agli occhi degli uomini? Non basta che la fede cristiana sia la verità, perché essa attragga: bisogna anche essa sia mostrata desiderabile. Bisogna che i suoi evangelizzatori siano dei santi.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]