La prima difesa della vita è la madre
Non serve mai mettere in competizione la vita della mamma con quella del bimbo, dovremmo ricordarcelo sempre, soprattutto noi pro life.
Non esiste prova più intensa e evidente del fatto che l'una e l'altro siano stretti in un legame spezzando il quale entrambi soffrono, a volte al punto di morirne.
Ricordiamocelo, quando vogliamo dire a tutto il mondo che la vita del feto è già umana, è già personale, è già importante e intoccabile. E' verissimo, ma lo è anche quella della mamma. Aiutiamo finché è possibile a ricucire questa alleanza.
Un parto troppo prematuro
Chissà cos'avrà provato Elena, la mamma del piccolissimo Lorenzo, quando si è presentata al Mangiagalli di Milano in pieno travaglio. Era solo al quinto mese di gravidanza, poco più di 20 settimane durante le quali il suo bambino aveva fatto quel che gli spettava, ma non di più.
E così è dovuto nascere: troppo presto, troppo precipitosamente, troppo in pericolo. Ma vivo.
I polmoni non sono ancora formati, non può intonare quello strano inno alla vita col quale tutti i neonati in salute irrompono nel mondo dei suoni. Il suo intestino è perforato perché i suoi organi sono ancora in formazione.
Intervento chirurgico eccezionale
Di solito in queste condizioni un bambino soccombe, ma sappiamo anche quanto sempre più la scienza medica e la presenza di supporti tecnologici adeguati possano soccorrere vite tanto fragili.
Eppure non bastano le attrezzature all'avanguardia e gli specialisti più aggiornati: serve sempre un avamposto umano in questa battaglia. Qualcuno che urli "vita, vita!" come i marinai "Terra!" anche quando i segnali sono minimi, quasi invisibili.
E così hanno fatto i chirurghi pediatrici del Policlinico milanese: sono intervenuti subito per rimuovere la parte lesionata del tratto intestinale mettendolo a riposo in modo da permettergli di guarire.
Un ospedale che fa la differenza
La forza del piccolo Lorenzo
Tanto più è minuta e instabile la creaturina che vogliamo aiutare tanto più consistente e armato è l'esercito di quelli che le si mettono a difesa. Medici, neonatologi, specialisti di ogni ramo: tutti tesi a sostenere il piccolo Lorenzo e tutti consapevoli della loro impotenza. Tocca a te, piccolo. Facci vedere che cosa hai intenzione di fare.
E Lorenzo si è espresso: sì, voglio vivere, resisto, continuo, rimango aggrappato.
Certo, questa lettura è soprattutto una proiezione adulta: un bimbo tanto piccolo non soppesa né decide lambiccandosi tra diverse opzioni.
Vive e obbedisce allo stato che si ritrova: un battito dietro l'altro, veloci come quelli di un passerotto, un grammo ogni tot giorni, come lottasse al contrario contro la propria non voluta anoressia.
Un mondo invisibile ai più
Lorenzo resiste, cresce e non subisce le molte e probabili complicazioni che colpiscono i grandi prematuri: ai reni, al cuore, al cervello (a rischio emorragico come non mai), agli occhi (la retina in particolare).
Resiste e copre distanze siderali nel suo micromondo; le vede solo chi ha lo strumento giusto, un microscopio di cui si viene dotati ogni volta che si ha a che fare con vite fragili. Mezzo movimento, un sospiro più profondo, un decimo di grammo in più non sudato via.
Una volta raggiunto un peso corporeo sufficiente i chirurghi sono intervenuti di nuovo per riattivare l'attività intestinale messa in letargo.
Tornare a casa, ma più felici
I medici hanno fatto tutto il possibile per sostenere la vita di questo bambino restituendo ai suoi genitori la speranza di un futuro possibile, fatto di normalità ma anche di una gratitudine che forse non avrebbero potuto sperimentare.
Lorenzo a sua volta ha fatto molto per i medici, l'ospedale, i suoi cari e per noi che leggiamo: ha obbedito alla prima grande vocazione che tutti ci interpella, quella a vivere, ad accettare di essere un magnete costretto a puntare il Nord.
La vita e la sua forza
Ancora una volta sono queste esperienze, più di altre, che ci portano un po' più in alto, a trovare un punto di vista più largo e profondo, capace di farci godere il panorama dell'esistenza.
Sono questi piccoli, anzi piccolissimi, che nella loro spaventosa fragilità ci mostrano quanto la vita sia un bene in sé stessa, in grado di chiamare a raccolta tutte le nostre forze semplicemente perché sia.