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Come la vocazione può persistere perfino nelle religiose abusate

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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 18/12/21
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Con un libro Salvatore Cernuzio ha sollevato “Il velo del silenzio” dagli abusi tra consacrate. Sorprende una costante delle undici storie da lui raccolte e divulgate: quasi mai gli orribili maltrattamenti subiti hanno la meglio sulla scintilla divina del carisma religioso.

Pagine del magistero pontificio come questa possono essere rilette, dopo la pubblicazione del libro di Salvatore Cernuzio Il velo del silenzio, con un’attenzione particolare: le undici storie di fede, di amore e di dolore raccolte e narrate dal vaticanista calabrese si consumavano infatti ancora ovvero anche negli anni in cui papa Ratzinger così si rivolgeva alle superiore generali. 

Insomma, se a una prima lettura, diciamo a uno sguardo naïf, il passaggio di Benedetto XVI poteva sembrare una silloge di pensierini devoti e pie esortazioni, ora che il vaso di Pandora viene dissigillato l’approccio che viene spontaneo è quello, inquietato e inquietante, del “mirror reading” – in parole povere ci diciamo che se Benedetto XVI raccomandava alle superiore di “riservare ogni cura possibile alla formazione umana, culturale e spirituale” delle suore… era proprio perché risultava ben nota la diffusa tendenza a comportarsi assai diversamente. Lo stesso si dica per il “rifuggire le comodità, gli agi, le convenienze”, per la “collaborazione con i sacerdoti e con i fedeli laici”, nonché per la “schietta collaborazione con i Vescovi” e così via. 

Due considerazioni (e tre sorprese)

Le ex religiose che si sono raccontate al vaticanista hanno riportato una serie raccapricciante di (più o meno) piccole, insulse e nondimeno mortificanti vessazioni quotidiane subite per anni da quelle che si erano presentate loro come “sorelle” e “madri”: a parlarne in terza persona ci si direbbe “ma perché insistere? Io me ne sarei andata/o subito”, mentre il racconto in presa diretta trasmette efficacemente quel “di più” che rende improponibile un approccio tanto sbrigativo e sommario. 

Due cose, infatti, fra molte altre, s’impongono fermamente all’attenzione del lettore: 

    Undici vergini sagge, undici amanti tenaci

    La protagonista del secondo racconto termina invece lasciando sospesa la direzione che la sua vita va ora a prendere: 

    Delicatissimo e struggente al contempo: a queste donne la Chiesa – cioè tutti i fedeli della Storia, nessuno escluso – dovrebbero mandare un mazzo di rose con un bigliettino scritto fronte-retro: «Scusa • Grazie». 

    Il silenzio a cui dis-velatamente si riferisce il titolo del libro non è tanto (come si potrebbe pensare) quello dell’omertà, che pure c’è, ma soprattutto quello dell’imbarazzo (nostro) e del pudore (loro) per tanta sofferenza: 

    Non si tratta di persone abituate ad abbozzare, a farsi andare bene tutto: se ci si dà il tempo di apprendere da fonte di prima mano le loro storie si capisce che un simile sospetto sarebbe lesivo della loro dignità (e della nostra intelligenza). Ad esempio Thérèse 

    La testimonianza di Elizabeth si colloca grossomodo a metà del libro, ed è l’ultima di cui vogliamo qui lasciare qualche parola (ma solo per non togliere a chi non abbia ancora letto il libro il gusto di farlo). Racconta di trent’anni di vessazioni psicologiche all’ordine del giorno, e la domanda sale spontanea allo spirito del lettore, come di quello dell’autore: 

    Amore perfetto e inestinguibile

    È vero: spesso le persone che subiscono abusi di potere, specialmente se prolungati e se insistiti sulla coscienza, si ritrovano a riprodurre i comportamenti subiti, a interiorizzarne almeno qualche parte. La psiche umana però non è un banale cubo di Rubik, complesso quanto si voglia ma determinato a trovare un’unica soluzione: essa conserva sempre qualche appiglio all’iniziativa della Grazia divina, la quale vuole certo cooperare con la libertà umana, ma che non per questo rinuncerà al suo eterno progetto d’amore sull’uomo. E tale progetto passa, nella Storia e nelle storie, dall’Evangelo di Cristo e dalla pratica dei suoi precetti e dei suoi consigli: quando in un’anima si accende veramente il “dono e mistero” di una vocazione di speciale consacrazione, è Dio stesso – Dio in persone! – ad aver fatto brillare quella scintilla… 

    Si tratta proprio di quella perfetta carità di cui nel Cantico si legge: 

    Le storie raccolte ne Il velo del silenzio lo testimoniano in modo vibrante. Quel versetto poi prosegue così: 

    La tentazione di dar via quell’amore, di disfarsene per acquistare qualcosa di più sensato, di più produttivo, di meno paradossale e contraddittorio, è già dietro l’angolo, o meglio lo è sempre stata – lo ha ricordato tra gli ultimi lo stesso Benedetto XVI all’inizio del suo ultimo mese di pontificato: 

    E queste donne coraggiose e fedeli vegliano: se necessario fuori dal convento, ma proteggendo la fiammella della loro lampada dagli spifferi come dai venti. 

    IL VELO DEL SILENZIO
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