Giorni fa mi sono imbattuto, su Facebook, in un post di una persona dalle riflessioni sempre molto interessanti. Nella fattispecie in questo post si leggeva:
Si potrebbe chiosare ogni espressione con lunghe e documentate digressioni, ma «dov’è chiara nota – m’insegnò al liceo la benedetta prof. di Lettere – non fare oscura chiosa». Torna in mente però almeno la notissima “profezia di Ratzinger” sulla Chiesa, quella pronunciata proprio in un giorno di Natale (era il 1969) ai microfoni della Hessian Rundfunk:
Mi sorprendo a riflettere su un paradosso del quale non riesco a scrutare completamente il fondo: molti fra i più ricorrenti ripetitori di questa “profezia” ratzingeriana sono le stesse persone che muovevano la riflessione da cui partivamo, ossia quelle che “bisogna salvare il Natale” e che “vogliono rubarci il Natale”. Non so spiegarmi come mai.
Come si fa, però, ad essere (ovvero a tornare ad essere) “una cosa strana e misteriosa e interessante”? Mi soccorre il ricordo di un terzo testo, risalente questo alla seconda metà del IV secolo, quando non solo la strizza, ma pur il ricordo delle persecuzioni imperiali cominciava a farsi labile in molte menti, ed essere cristiani significava perlopiù “essere normali”, e la gloriosa “Tradizione degli Apostoli” cominciava a sbriciolarsi nelle “nostre tradizioni”. Nessuno a quell’epoca avrebbe più scritto o potuto scrivere una lettera A Diogneto, e anzi di lì a un secolo i tempi sarebbero stati maturi per le invettive del monaco Salviano contro i cristiani.
E dunque qual è il testo del IV secolo che invece sembra soccorrerci nella nostra domanda? È un passaggio dall’Omelia 20 sugli Atti pronunciata da san Giovanni Crisostomo:
Pochi decenni prima che il Crisostomo pronunciasse questa omelia, l’imperatore Giuliano aveva provato a rinverdire i fasti del paganesimo greco-romano, e la sua politica era stata molto più intelligente di quella dei suoi predecessori persecutori: aveva allontanato, sì, i cristiani da alcuni uffici socialmente nevralgici (come quello di insegnanti), ma soprattutto aveva impostato una robusta riforma della “classe sacerdotale” pagana, anzi più precisamente l’aveva reinventata ricalcandola – giuridicamente e moralmente – sul sacerdozio cristiano. Niente più dissolutezze, licenziosità, crapule; e in positivo attenzione al prossimo e soprattutto ai poveri, vita di studio e di preghiera venivano per la prima volta imposte a questi funzionari statali.
I risultati furono scarsi: un po’ perché Giuliano morì prematuramente (o provvidenzialmente, avrebbe detto Lattanzio se avesse potuto vedere i suoi giorni); molto di più perché non si può infondere la virtù cristiana per decreto, non la si può costruire tramite delle istituzioni e non la si può trasmettere per via di mere (benché degne) usanze. Christmas, dicono gli anglofoni, starts with Christ.