L’anno liturgico appena iniziato porterà verosimilmente alle Chiese, fra gli altri, il dono del riconoscimento di sant’Ireneo di Lione come dottore della Chiesa invocato col titolo di “doctor unitatis” – dottore dell’unità. Lo ha annunciato il Santo Padre in persona, il 7 ottobre 2021, durante l’udienza al gruppo misto di lavoro ortodosso-cattolico che del grande apologista e vescovo di Lione porta il nome:
L'unità che non teme di abbattere e di costruire
Unità fra Oriente e Occidente cristiano, dunque, ma unità anzitutto all’interno della comunità – non per nulla Ireneo dedicò i massimi sforzi della sua attività pastorale e intellettuale alla riparazione delle fratture causate dalle sette gnostiche.
È difficile sintetizzare per i profani della materia che cosa sia lo gnosticismo – di cui pure tanto (non sempre a proposito) si parla – meglio di quanto nel 2007 fece Benedetto XVI in una delle sue memorabili catechesi: tale congerie di chiesupole
Il magistero di papa Francesco non ha mai cessato, dal canto suo, di ricordare quanto “la tentazione gnostica” sia tutt’altro che eclissata dal nostro contesto culturale ed ecclesiale: tanto basta a intendere che la gioia di ricevere in dono Ireneo quale “doctor unitatis” contenga anche un utile paradigma di dialogo ecumenico e intra-ecclesiale (diciamo anche “sinodale”, visto che il termine è particolarmente in uso).
Ireneo fu tale – cioè “pacifico” – di nome e di fatto, ma non fu un irenista, cioè non fu un pacifista buonista: al contrario tutto il suo impegno testimonia che
La trasparente unità della Chiesa e la sua radice mistica in Cristo
L’unità di cui Ireneo viene proclamato dottore è dunque anzitutto quella della dottrina cristiana, circa la quale si conserva “una frase molto preziosa” nella sua opera:
Tale unità si ritrova poi, ultimamente, in Gesù Cristo, del cui “mistero” e della cui “economia” – i due termini usati da Ireneo per dire la preesistenza eterna del Figlio in Dio e la sua manifestazione nella storia della salvezza – il Vescovo fu appassionato espositore. Appunto nella Esposizione della predicazione apostolica, ad esempio, si legge dopo un riferimento alle virtù salvifiche della Passione di Cristo:
Dal XIX secolo in qua ricorre, almeno in certi contesti ecclesiali, l’adagio per cui sarebbe dato di riscontrare qua e là recrudescenze di “arianesimo”: una dottrina ancora di là da venire, per il II secolo di Ireneo, nel quale il pericolo prevalente sembrava essere al contrario quello di un forte deprezzamento dell’umanità – tanto sacra quanto vera – del Cristo.
L'unità poetica della Chiesa in tutti i secoli
Era stato già Paolo a indicare nella Passione di Cristo il sasso d’inciampo per cui alcuni avrebbero negato la verità dei patimenti (Cristo avrebbe avuto un corpo solo apparente) e altri la dignità del Sofferente (Cristo non sarebbe stato vero Dio). Fin da questo grande principio della regula fidei il doctor unitatis ci guida nel tenere insieme gli estremi della dottrina evangelica: Cristo è veramente il Figlio di Dio, e altrettanto veri sono i patimenti mediante i quali Egli ha ottenuto il riscatto del genere umano.
Così facendo egli ha incoraggiato le Chiese del suo tempo a tenere aperta la domanda della fede – anche la Fede domanda! – per tutti i secoli del loro pellegrinaggio temporale. Sembra di presentire il commosso stupore di sant’Alfonso, che davanti a un presepe napoletano (a Nola o forse nel Foggiano) quindici secoli dopo avrebbe scritto, fra i gemiti: