Il bello di essere una comparsa
Ogni giornata ci porta in dote degli alleati imprevisti e insospettabili. Prestare attenzione, riconoscerli è un po' come giocare a nascondino. Perché sono presenze che si nascondono, o meglio, quasi sempre noi siamo impegnati a guardare altro, quello che 'urge', quello che ci affanna. E perdiamo di vista dettagli preziosi. Pochi giorni fa mi sono trovata a condividere quest'ipotesi parlando ad alcuni insegnanti dello scrittore Charles Dickens, un autore che riempiva i suoi racconti di troppi personaggi. Dietro ogni angolo sbuca qualcuno, fa una mossa e se ne va.
E questo sguardo è profondamente realistico, siamo assediati di comparse che accompagnano le nostre giornate anche se il più delle volte vogliamo essere l'unica voce narrante della nostra storia. Un piccolo fatto di cronaca americano ci catapulta proprio in questo vissuto plurale, in cui si può osare una licenza poetica e grammaticale: "Io siamo".
Diciamo una preghiera insieme?
Sul profilo Facebook del Dipartimento di Polizia di Louisville, nel Kentucky, è comparsa una foto in cui si vede un'agente di polizia inginocchiata davanti a un bimbo con lo zaino di scuola. Abituati a notizie cruente, potremmo essere portati a pensare che sia successo qualcosa di tragico. Invece si tratta di uno di quegli eventi enormi che liquideremmo con un bel "niente di che".
Semplicemente, il bimbo in questione ha incontrato la poliziotta - che non conosceva - lungo il suo tragitto per andare a scuola e le ha chiesto se potevano dire una preghiera insieme. Sicuramente l'agente Jan Dykes non si aspettava di cominciare la giornata in modo così spericolato. Proprio lei racconta:
Ci sono kamikaze in grado di cambiare davvero il mondo. Abbiamo bisogno di queste irruzioni improvvise e insignificanti, gesti rivoluzionari al punto da ribaltare lo status quo del nostro pilota automatico mattutino: si inizia il giorno affidandosi, si inizia al plurale.
Ognuno al suo posto
Solo l'audacia di un bambino può avvicinare la giornata di un poliziotto a quella di uno studente delle elementi. Ma a dire il vero siamo noi adulti a fare classifiche di merito, anche su questo dovremmo tornare come bambini.
A ciascuno è chiesto di stare al proprio posto , che sia il banco di scuola, la sala operatoria, il ponteggio o l'ufficio. Spesso, io per prima, mi ritrovo a rinfacciare a chi mi sta accanto quanto la mia giornata sia stata più impegnativa, più faticosa, più piena di responsabilità. Ma 'più' rispetto a cosa? Stare seduto al banco per 5 ore non è meno o più di un servizio di pattuglia in un quartiere pericoloso.
Questo bimbo che ha voluto pregare insieme all'agente di polizia ci ha permesso - per un attimo - di ricordare la vera colla che ci lega, essere parte di una storia in cui ognuno, stando al suo posto, dice sì al disegno di Dio. E l'anziano che può solo stare in poltrona vale quanto il pompiere che salva vite. Per quanto assurda e folle, questa è la misura di nostro Padre.
Qualche tempo fa ha suscitato un forte interesse in Italia la storia del pensionato che non poteva uscire di casa perché disabile e senza ascensore. Tumulato in casa, diceva il rosario. Invisibile, dunque inutile - questa sarebbe la lettura che lo sguardo utilitaristico e tragico ci ha insegnato ad avere.
Il gesto semplice di questo bambino ci scrolla di dosso questo abbaglio contemporaneo. Si prega insieme per ricordarci che ogni giorno ciascuno è chiamato a stare al suo posto, e lì dov'è c'è una frontiera da custodire e curare. Ogni centimetro di vita corre il rischio di essere attaccato dal nemico ferale della paura, della disperazione, dell'indifferenza che cancella. Cambierebbe il nostro stile di vita pensarci parte di una cordata comune mentre siamo impelagati nelle nostre faccende? Il poliziotto insieme allo studente, il manager insieme agli addetti della pulizia degli autogrill, l'insegnante insieme al muratore, la commessa insieme al capo del Governo.
C'è una democrazia reale che solo l'orizzonte vivo e rivoluzionario della preghiera può svelarci.
In ginocchio davanti a un bambino
Comparse, alleati imprevisti che entrano per un attimo nella nostra vita e poi spariscono. Ma la loro presenza resta. Di quanti non ci accorgiamo? Per un minuto o poco più l'agente Jan Dykes è stata in ginocchio di fronte a un bimbo, la foto suscita in noi un forte impatto. Inginocchiarsi è un atto di rispetto e di resa: è riconoscere di essere di fronte a qualcosa che merita la nostra attenzione sospesa, merita di essere al di sopra dei nostri pensieri.
Se esistesse una rubrica tipo "presepi insoliti del quotidiano", forse lo scatto di Jan e del piccolo studente ne farebbe parte. Non è un'immagine lontana mille miglia dai pastori che s'inginocchiarono di fronte alla mangiatoia dove fu deposto Gesù. Erano lavoratori che per un attimo misero al primo posto una voce piccola piccola che era lì a cambiare la prospettiva del nuovo giorno, e della vita intera.