Di Guido Castelli Gattinara
La pandemia da COVID-19 è stata per molti una tragedia improvvisa, ma gli scienziati sapevano da tempo che sarebbe arrivata e molte volte hanno dato l’allarme sulla possibilità di pandemie causate da un Coronavirus.
È infatti sempre più probabile che le malattie cosiddette zoonotiche, cioè che provengono dagli animali, possano colpire l’uomo e causare future pandemie. Questo accade più frequentemente di quanto si possa pensare.
Dal 1940 sono state identificate più di 330 malattie infettive emergenti, di cui il 60% zoonotiche. La deforestazione e il cambiamento ambientale continuano ad avvicinare l’uomo, il bestiame e la fauna selvatica, e a far crescere il rischio di eventi spillover, cioè del salto di specie di agenti infettivi che passano da un animale all’uomo.
E quando una nuova malattia infettiva emerge, la rapidità dei viaggi, la crescita della popolazione, l’urbanizzazione dovuta ai cambiamenti climatici e l’alta densità di popolazione possono accelerarne la diffusione. Dato che ormai più di un miliardo di persone attraversa i confini internazionali ogni anno, è molto facile che eventuali epidemie si diffondano rapidamente a livello globale.
Purtroppo le diverse malattie identificate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come aventi un alto potenziale pandemico sono generalmente trascurate. Molte di queste minacce interessano i Paesi a basso e medio reddito, che hanno poca o nessuna ricerca in corso.
Questo fatto costituisce un pericolo in quanto, se una di queste malattie diventasse pandemica, potremmo ancora una volta essere presi alla sprovvista, come è accaduto con il SARS CoV-2, e milioni di vite sarebbero in pericolo.