Una conversione folgorante, la si sarebbe detta, ma a prima vista soltanto, perché a guardarla con più attenzione la stessa Stéphanie Halperson realizza che «tutte queste ore passate a fare silenzio con un maestro buddhista» la preparavano «a ricevere l’amore di Dio in sé».
Da parte paterna dei cugini prossimi al Dalai-Lama, da parte materna dei nonni proprietari di un negozio di articoli religiosi dirimpetto al Carmelo di Lisieux, Stéphanie Halpeson ha lungamente vagato tra il buddismo e il cattolicesimo. Alla fine ha fatto esperienza dell’amore di Cristo andando a raccogliersi in preghiera in una chiesa, e fu la conversione. Ha appena pubblicato Méditer aver son cœur et ses cinq sens ([Meditare col cuore e coi cinque sensi, N.d.T.] Éditions des Béatitudes) e creato l’app MeditaCoeur, che permette di ascoltare le meditazioni del libro. Un’opera forte del percorso spirituale dell’autrice, che sorprendentemente propone delle meditazioni cristiane guidate, le quali sollecitano – nella scia del metodo di sant’Ignazio di Loyola – l’immaginazione e i cinque sensi. Le abbiamo rivolto qualche domanda:
Aleteia: Il suo cammino spirituale non è ordinario. Può raccontarcelo nelle grandi linee?
Stéphanie Halperson: All’età di 20 anni, presa da un senso di vuoto interiore, ho subito una forte depressione. Da lì è partito il mio cammino spirituale. Dopo aver migrato dall’astrologia alla numerologia e al paranormale, ed essendo passata per una setta, verso i 30 anni mi sono avviata alla meditazione buddista grazie a mio cugino Gérard Godet, monaco e mecenate del buddismo tibetano in Francia. Ho praticato anche la meditazione in piena coscienza con Christophe André. Parallelamente, ho frequentato un gruppo di preghiera iniziato da Dominique Rey, che all’epoca era parroco della chiesa della Santa Trinità a Parigi. Niente mi bastava, non riuscivo a scegliere. La meditazione buddista mi procurava un certo sollievo, ma mi faceva planare nel vuoto che da anni regnava in me e che cercavo di fuggire. Non sono riuscita a integrarmi davvero nel gruppo di preghiera cattolico. Insomma, all’epoca Buddha mi annoiava e Cristo non mi si era ancora rivelato.
Che cos’è che alla fine l’ha fatta “scegliere”?
È stato andando a praticare il silenzio, come mi aveva insegnato il mio maestro buddista, nella chiesa di Saint-Pierre-de-Chaillot, a Parigi, che ho fatto esperienza della inaudita potenza dell’Amore di Dio per me. Ero seduta davanti a un immenso Cristo in pietra dorata, fissavo quella figura accogliente, benevola, con le palme delle mani aperte. Ho sentito salire in me un’ondata d’amore che travolgeva tutto al passaggio. Quell’esperienza ha davvero segnato un prima e un dopo nella mia vita: in quell’istante ho sentito in tutto il mio essere che Dio è amore.
Dopo di questo ho seguito molti corsi catechetici cristiani: il percorso Béthasda, di Simone Pacot, la formazione ai sacramenti di Matthieu Rougé, l’orazione del corpo insegnata da un carmelitano, il percorso Zaccheo, la meditazione cristiana secondo la tradizione dei padri del deserto, il percorso Alpha e ovviamente gli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio. Ho fatto gli Esercizi per la prima volta una quindicina di anni fa – un “ritiro nella vita” [gli ES “diluiti” nel corso della vita ordinaria, N.d.R.] di un anno con le suore del Cenacolo –, poi un’iniziazione agli Esercizi qualche anno più tardi, a Manresa. Ho appena terminato il mio quinti ritiro sugli Esercizi. Ogni volta esperienze spirituali forti, che del resto hanno in parte ispirato le meditazioni del mio libro.
Ecco, appunto: come è nata l’idea di scrivere questo libro?
L’idea mi è venuta durante il lockdown, ascoltando una conferenza sulla missione. Dopo quella prima esperienza dell’amore di Dio, una ventina d’anni fa, ho sempre ricercato la conversazione amorosa col Signore, nella preghiera. Da allora ho una fede sensibile, ricevo molto amore, molta consolazione nella preghiera, e ho avuto voglia di condividere questa vita di preghiera, con tutti i frutti da/in essa ricevuti. Mi sono detta che avrebbe potuto fare del bene ad altre persone che forse fanno fatica a pregare o che cercano un modo nuovo per farlo. Con l’aiuto di frate Sébastien Marie (csj), del priorato di Troussures (Oise), abbiamo messo a punto delle meditazioni guidate. Per un anno le abbiamo testate, migliorate, praticate fino a quando ci siano parse pienamente soddisfacenti. Derivano dal mio vissuto degli esercizi spirituali di sant’Ignazio, dalla mia vita di preghiera personale e anche dalle conoscenze teologiche di frate Sébastien Marie, che le hanno arricchite. Si tratta di meditazioni guidate che sollecitano l’immaginazione e i cinque sensi, secondo il metodo ignaziano.
In cosa consiste questo metodo? Come fanno i cinque sensi a prendere parte alla preghiera?
Il metodo di sant’Ignazio fa appello ai cinque sensi nella misura in cui propone un’immersione nelle scene evangeliche. A partire da un passaggio biblico esso invita a entrare nella scena, a immaginarsi il luogo, fare attenzione a ciò che accede, ad ascoltare le parole che vengono dette. Siccome da una trentina d’anni scrivo romanzi, il rilievo dato all’immaginazione mi ha subito attratta.
Con questo metodo può avvenire un vero incontro con il Signore. La prima volta che ho fatto gli Esercizi vedevo sempre Gesù vestito di bianco. Ero irresistibilmente attratta dalla luce che emanava, una luce che mi rapiva, mi nutriva e mi appagava.
Le nostre meditazioni sono guidate e invitano ad essere praticate con l’immaginazione e i cinque sensi: esse impegnano il nostro essere nella sua globalità a incontrare il Signore, a vivere un momento di intimità con lui. Sono state concepite a partire da passaggi biblici come “Guardate a lui e sarete raggianti: / non saranno confusi i vostri volti” (Sal 33,6), “Il Regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17,21), “Dimorate in me e io in voi” (Gv 15,4).
Ha poi creato anche un’app, giusto? MeditaCœur?
Con l’aiuto di mia figlia, ingegnere Telecom, sì. L’app propone di ascoltare le meditazioni del libro dalla voce di frate Sébastien Marie o dalla mia. Le registrazioni sono state effettuate in un clima di preghiera nel priorato di Troussures, dove padre Henri Caffarel aveva fondato la sua scuola di preghiera, a questa cosa teniamo molto. Stanno per uscire delle nuove meditazioni.
Col senno di poi, lei riconosce l’apporto che la meditazione buddhista può aver dato alla sua vita di fede. Che cosa le ha dato, esattamente?
Amo molto questa frase di santa Caterina da Siena: «Fatti capacità, io mi farò torrente». In sintesi, senza saperlo, imparando a fare silenzio con un maestro buddista, per tutti quegli anni, lavoravo a “farmi capacità”, mi preparavo a ricevere in me l’amore di Dio. Oggi, però, mi sarebbe impossibile attenermi a quel tipo di meditazione: sarebbe come tornare a passeggiare nel vestibolo laddove dietro la porta sta «colui che ama l’anima mia», per riprendere le parole del Cantico dei Cantici (Ct 3,3). Come dice papa Francesco, la preghiera è anzitutto un incontro con Dio: «Entrare nella preghiera significa entrare col mio cuore nel cuore di Gesù». Dunque accontentarsi di cercare di fare il vuoto, come invita a fare la meditazione buddista, significa passare di fianco all’incontro con Dio.
In partnership con MeditaCœur.
Méditer avec son cœur et ses cinq sens, Stéphanie Halperson, Éditions des Béatitudes, settembre 2021, € 15,50.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]