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La nostra fede è un incontro non una compravendita

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Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 09/11/21
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Gesù caccia i mercanti dal Tempio perché condanna la riduzione della fede e della preghiera a commercio. Ciò che conta è la relazione con Dio, vivo e vero.

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco.
Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi,
e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato».
I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».
Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».
Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?».
Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù
. (Gv 2, 12-22)

Mite e umile di cuore

C’è da domandarsi come possiamo tenere insieme la mitezza di Gesù con il racconto del vangelo di oggi: «Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato».

La forza contro ciò che offende Dio

Gesù non è contraddittorio. Non c’è opposizione tra la sua mitezza e la forza che tira fuori nel vangelo di oggi. I miti sono quelli che sanno usare una estrema fortezza verso ciò che conta. E a Gesù non va assolutamente a genio che si possa fare commercio con le cose di Dio.

Dio va incontrato, non comprato

Non è la questione di oggetti e ricordini, è l’idea che l’esperienza della fede possa essere comprata e venduta come qualunque altra merce. Nella vita reale se tu paghi qualcuno perché ti ami, non penseresti nemmeno lontanamente che quello possa essere chiamato amore. È solo prostituzione in tutte le sue declinazioni. Anche nella fede è così. Non si può dare un prezzo alla relazione con Dio. Dio non lo si compra ne lo si vende.

Gesù è il Tempio

E la prova è Gesù stesso: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo».

La nostra fede non è un oggetto, non è merce, non è nemmeno un posto, né un tempio fatto di pietre. La nostra fede è Qualcuno, è Gesù stesso. In questo senso esula la nostra normale logica di gestione delle cose.

Il sacro non va gestito, va incontrato. L’esperienza della preghiera è l’esperienza di incontrare Qualcuno e non di imbonirsi una vaga divinità. Ha ragione Gesù ad essere arrabbiato: non capire la preghiera, fraintenderla, pervertirla, significa condannarsi a rimanere prigionieri di una pratica religiosa che non ha niente di vivo dentro. E ciò che non è vivo, non salva.

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