Il biografo di santa Caterina da Genova porge una limpida sintesi di tutta la stupenda catarsi cateriniana (al cap. 5 del ms. D), che si sviluppa a partire dal 22 marzo 1473, giorno in cui ella si recò dalla sorella Limbania, al monastero di Nostra Signora delle Grazie.
La vita mondana di Caterina
Gli anni precedenti avevano visto Caterina immersa nella vita mondana della Genova bene, insieme reazione ed adeguamento all’infelicissimo matrimonio con Giacomo Adorno. “Si diede alle cose del mondo, idest a fare come le altre” (Ms D, Biografia, cap. 3, f. 1b), dice con crudezza il ms D. Il 20 marzo 1473, dopo cinque anni di quella vita mondana, in cui il vuoto dell’anima andava facendosi sempre più spaventoso, Caterina si recò, alla vigilia della festa di S. Benedetto Abate, alla Chiesa del santo fondatore del monachesimo occidentale.
“Prega Dio…”
Qui si affacciò al cuore di santa Caterina da Genova la consapevolezza della sua infelicità e delle sue colpe, che trovò sfogo nell’invocazione a S. Benedetto: “Prega Dio che mi faccia stare tre mesi a letto!... quasi disperata di penosità!” (Ms D. Biografia, cap. 3, f. 1b).
Il tormento
Per questa via, confortata e consigliata dalla sorella, giunse due giorni dopo ai piedi del confessore e qui subito ricevette una ferita al cuore d’un immenso amore di Dio (Ib, cap. 4, f. la.) che la fece prorompere in quel grido che resterà sintesi e programma della sua nuova vita di convertita: “Amor mio non più mondo, non più peccati” ( Ib., f. 2°).
Il tormento che travagliò in quei giorni Caterina viene immediatamente così descritto nel Dialogo: “Era tanto questa anima alienata da se, et somersa in quella vista dell’offesa di Dio, che non pareva più creature humana, ma una bestia spaventata”. (Ms D, Dialogo, f. 63b.).
La visione: Gesù insanguinato
Caterina stessa poi narra nel Dialogo la sua prima, stupenda visione: “Un giorno essendo essa in casa le apparve nella vista interiore Gesù Christo incarnato, crocifisso, tutto insanguinato dal capo a piedi, che pareva che dal suo corpo piovesse sangue per tutto dove andava. E le fu detto interiormente questo: Vedi tu questo sangue. E’ sparso tutto per tuo amore e per sodisfare i tuoi peccati” (Ib).
L’Eucaristia
Con grande dolore Caterina, il 24 marzo, vigilia dell’Annunciazione, fece la sua confessione generale ed il 25 marzo 1473 si accostò alla S. Eucarestia. Da quel giorno si inizia il ciclo della “mirabil vita” di trasformazione beatificante che durerà fino alla sua morte.
La catarsi
Il processo evolutivo catartico, in Caterina, è ben delineato, dura quattro anni, e si sviluppa per tappe successive. All’inizio la penitente genovese è gettata ai piedi di Cristo. “Et in questa vista stette un anno circa, per fino che hebbe soddisfatto alla coscienza per contrizione, confessione e soddisfazione” (Ms D, Biografia, cap. 5, ff. 2b – 3°). E’ il tempo delle rinnovate confessioni, nell’ansia di una maggiore purificazione, delle flagellazioni impietose, del dormire su tavole nodose, del silenzio, dei cilici, dei digiuni prolungati.
Le due fase del riposo sul petto di Cristo
Poi la Fieschi: “è tirata dall’amore a riposarsi, con S. Giovanni, su quell’amoroso petto dell’amor suo” (Ib., f. 3°). Questo riposo sul petto di Cristo ebbe una duplice fase: un primo periodo che dura circa tre anni, e col quale si chiude il primo ciclo della sua vita, quello di penitente; e un secondo ciclo, che durò molti anni, e che segna il trapasso dallo stato di purificazione allo stato di unione estatica con Dio.
La purificazione del gusto
Il riposare di Caterina sul cuore di Cristo fu nei primi anni, in realtà, una dura, continua e tormentosa purificazione. Le penitenze continuano e si accentuano, ma non aventi principalmente un fine soddisfattorio, bensì come frutto “d’un amor gratificante, lo quale la faceva tutta consumare” (Ib., cap. 4, f 2a).
La catarsi del senso, sviluppandosi in lei la vita mistica, giungerà ai massimi vertici: prendere schifosi insetti, marciume stillante dalle piaghe degli infermi che curava “e quando lo stomaco, per esse brutture si commoveva per nausea, si poneva in bocca di quelle brutture, che maneggiava, per vincere quelle ribellioni della sensualità” (Ms D, Biografia, cap. 12, f. 7b).
Dio cancella il passato
Sincronicamente alla purificazione del gusto, avviene la purificazione degli altri sensi, dell’odorato, della vista: “con gli occhi sempre guardava per terra, ne mai conosceva chi le fusse passato appresso” (Ib, Dialogo, cap. 42, f. 65b).
Cessano le tentazioni
Nel 1477, trascorsi quattro anni dalla conversione, il desiderio della penitenza si estingue in santa Caterina da Genova. La catarsi del senso è completata: cessano le tentazioni. Dio cancella definitivamente dal suo spirito ogni coscienza e memoria della sua consapevolezza passata. Cessa il ciclo penitenziale ed inizia il ciclo dell’unione ascetica, fase che abbraccia un lunghissimo tratto della vita di Caterina, e cioè dal 1477 al 1499.
Estasi radiose
Estasi radiose, come ad esempio la visione dei santi angeli, si susseguono nel suo spirito, tenendola sempre immersa in una atmosfera divina: “Era questa purificata anima absorta talmente nel suo dolce amore, et in tal modo, che molte fiate si andava a nascondere sotto il letto, et vivi stava, con la faccia i terra, fuori di se in tanta suavità che non si può dire, né pensare se non chi lo provasse”. (Ib, Biografia, cap. 9, f. 6°).
Il “matrimonio spirituale”
A questo immediato intervento di Dio nella santificazione dell’anima di Caterina corrisponde l’iniziarsi di una duplice serie, e la mancanza di direzione spirituale, poiché “era guidata dal suo dolce Amore… l’ammaestrava Lui solo nell’interiore”. (Ms D, Biografia, cap. 10, f. 6b). Nel 1499 inizia l’ultimo ciclo della vita cateriniana: “Poi fu tirata più in su, cioè alla bocca, et ivi li fu dato un bacio in tal modo che fu tutta absorta in quella dolce divinità, et ivi perdette tutta lei propria dentro et di fuora” (Ib, cap. 5, f. 3°). E’ l’ultima fase, quella trasformante e divinizzante, che i mistici chiamano “matrimonio spirituale”.
Il martirio interiore
Come effetto immediato di tale unione trasformante, per santa Caterina di Genova si ha una completa immersione del suo essere in Dio, immersione che, pur facendola vivere di vita quasi divina, non impediva la piena coscienza dei propri atti e la percezione della propria insufficienza. Sono, questi ultimi anni di meraviglioso martirio interiore e di stupenda attività nelle opere di bene specialmente con gli ammalati dell’ospedale che la santa dirigeva.