È morto in ospedale a causa di fratture multiple, dopo un volo di 20 metri. Joaquin Romero aveva 34 anni e si è lasciato cadere nel vuoto per salvare una ragazza sospesa sulla teleferica in cui lavorava. È accaduto in California, dopo due giorni di agonia il ragazzo è deceduto, mentre la ragazza è uscita illesa dall'incidente.
Lasciarsi cadere per salvare una vita
È stata questione di attimi, quelli che non danno il tempo di ponderare. Quando siamo in pericolo di vita prevale l'istinto di sopravvivenza, ma capita anche che il sacrificio abbia l'ultima parola. Può essere comprensibile quando è in gioco la vita un parente, di un amico. Ma si può dare la vita per un sconosciuto? All'improvviso, senza averlo calcolato?
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Lo traduciamo con teleferica, ma il termine inglese è zipline: una corda sospesa sul vuoto a cui appendersi per fare un'esperienza da brivido. Romero lavorava nel parco avventura, era addetto alla preparazione degli ospiti prima del salto appesi alla fune. Di fronte al problema imprevisto, ha reagito con protezza per mettere in salvo la ragazza che rischiava di cadere.
Sospesi sul vuoto, Romero e la giovane rischiavano di morire entrambi. Conoscendo l'impianto, Romero si è accorto che il cavo era in forte tensione e non avrebbe retto il peso di tutti e due. E allora si è lasciato cadere, un volo di 20 metri.
O meglio, questa è l'interpretazione dei fatti per come li ha visti l'unico testimone presente sulla piattaforma di partenza e ha assistito al gesto di Joaquin.
Solo il soccorso aereo è riuscito a recuperare il suo corpo, essendo caduto in un punto fuori dai percorsi tracciati. E nonostante il volo di 20 metri, Joaquin era ancora vivo ed è stato trasportato d'urgenza all'ospedale. La ragazza invece è rimasta illesa. Purtroppo dopo due giorni di agonia, il giovane Romero è deceduto per la gravità delle lesioni procurate.
Cosa è successo
Dopo la nuda esposizione dei fatti, questi eventi di cronaca sono accompagnati dalla formula standard: le forze dell'ordine stanno investigando per capire cosa sia successo.
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Si cercherà di capire cosa non ha funzionato e se questo tragico epilogo debba essere imputato a una fatalità oppure a una qualche repsonsabilità umana. Le ricostruzioni, le testimonienze, le prove sono parte integranti del percorso che la giustizia deve fare. Qualcuno comincia già a identificare certe criticità che possono aver influito sull'incidente:
Si darà un nome alla causa dell'incidente, ma sappiamo già che il responso delle indagini non basterà a toglierci di dosso certe domande senza risposta. Resta piantato in noi un confronto serrato con l'imponderabile, con l'imprevisto che - con o senza il dolo umano - ci catapulta di fronte alla morte.
Abbiamo ancora fresche e dolenti nella memoria le immagini della funivia crollata sul Mottarone. Di questi giorni è la notizia che la carcassa della cabina precipitata sta per essere rimossa. Se ne stava sul pendio della montagna come uno scheletro ingombrante. Si investiga - doverosamente - sugli incidenti eppure restano carcasse ingombranti anche quando le dinamiche degli eventi sono svelate.
Ingombrante è sempre quella domanda, perché?
Sospeso sul vuoto
Nessuno era vicino a Joaquin Romero nel momento cruciale dell'evento. L'ipotesi del suo sacrificio è stata esposta dal testimone presente sulla piattaforma, l'unico a vedere il ragazzo che si è lasciato andare quando la tensione del cavo ha lasciato supporre che potesse spezzarsi.
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Il perché resta aperto. E resta altrettanto spalancato lo stupore di accorgersi di cosa è capace l'umano preso alla sprovvista. Il giovane Joaquin non aveva messo in conto che un giorno qualunque di lavoro lo avrebbe messo di fronte a un gesto enorme di libertà e sacrificio. E se uno scenario simile gli fosse stato esposto come puro argomento intellettuale, quelle domande del tipo " di cosa saresti capace in circostanze estreme", chissà cosa avrebbe risposto.
Dunque, quello che ora commentiamo è un fatto doloroso ma vorrei spingermi a dire che è opposto alla disperazione. Piangiamo una morte precoce, eppure sullo sfondo qualcosa che non è buio s'intravede.
La presenza improvvisa di un evento che si impone e chiede alla nostra libertà di agire è capace di togliere ogni maschera. Ci svela a noi stessi, non solo agli altri. Sono sì definitivi, detti con quella voce che è la radice più profonda dell'io, e va oltre i ragionamenti, le emozioni, i condizionamenti esterni. Un incidente imprevisto ha la capacità di metterci a nudo. E sono momenti così cruciali - è capitato già di scriverlo altre volte - che è impossibile pensare che il Cielo non ci metta lo zampino. Certo, saremmo più pronti a vedere un intervento celeste di fronte a un salvataggio miracoloso. Ma in quei momenti supremi c'è in ballo di più della mera sopravvivenza. C'è il destino complessivo di un'anima che arriva in pochi istanti a fare i conti con tutto di sé.
Joaquin Romero si è trovato sospeso a 20 metri da terra e nessuno sa cosa gli sia passato per la testa. Si farebbe presto a ipotizzare pensieri di panico e orrore. Ma chi lo dice poi?
Il suo sacrificio è come un rilancio sul tavolo da gioco. Il vuoto sotto i suoi piedi non è arrivato a invadere la sua anima. Si offre qualcosa che vale. E lui offrendo la sua ci ha ricordato che la vita è qualcosa che vale. Scontato? Tutt'altro.
Quello che non è buio in questa storia è fare memoria del mistero della libertà umana, di quei momenti in cui la realtà si fa incandescente. Si è nudi al cospetto di un sì che vale l'eterno.