Oggi vi raccontiamo la storia di una donna di 52 anni, una leonessa con una routine piena di impegni, dedita al lavoro senza mai fermarsi. La sua testimonianza è stata pubblicata sul blog del Corriere, Malattia come opportunità e non racconta solo la lotta contro il tumore ma anche di come la malattia possa - paradossalmente - cambiare in meglio la vita.
Mi sentivo inarrestabile
L'intensa routine di questa signora ad un certo punto si inceppa per alcuni banali - solo apparentemente - problemi di salute, che la spingono a sottoporsi ad una colonscopia. Da un po’ dovevo farla, qualcosa non andava, non riuscivo più a digerire nulla, lo stress, sempre lui... Una passeggiata di salute per una forte ed inarrestabile come me, almeno, così mi percepivo!
(Ibidem)
Quando il medico le prescrive ulteriori esami da effettuare è quasi infastidita da questa scrupolosità:
La diagnosi di tumore
Poco dopo, è una domenica mattina, scopre di avere un tumore:
Riceve la notizia sconvolgente insieme al marito ma questa compagnia anche se preziosissima non le impedisce di chiudersi a riccio nel suo dolore, estraniandosi completamente da tutti.
"Al lavoro mi atteggiavo da leone operoso e silenzioso"
Il percorso è purtroppo il "solito", una via crucis: chemioterapia, dolore, debolezza, caduta dei capelli: "ciocche di capelli sul piatto della doccia e ancora silenzio… dentro". Una sofferenza quasi impossibile da accettare, la malattia è una prova terribile con cui fare i conti. Infatti la protagonista di questa storia in un certo senso vi si oppone continuando a lavorare come una stacanovista, senza fermarsi, senza lamentarsi, e sempre chiusa nel suo silenzio.
(Ibidem)
Il tumore la rinchiude nel silenzio, ma...
Ma in quel momento accade l'impensabile. Una nuova prospettiva si apre di fronte al suo sguardo; galeotto un libro acquistato per istinto tempo prima: L’Anima e il suo destino di Vito Mancuso. La signora è lontana dalla fede, ma improvvisamente sente...
... in chiesa sperimenta un silenzio profondo
La signora in quella chiesa sperimenta un nuovo silenzio, non quello che l'aveva rinchiusa e cristallizzata nell'impotenza della malattia ma un tipo di silenzio che ha a che fare con l'ascolto profondo, un silenzio in grado di accendere per la prima volta la luce su zone d'ombra mai esplorate veramente. È un'esperienza che le permette di prendere consapevolezza di se stessa, dell'atteggiamento forse un po' troppo onnipotente con il quale ha vissuto fino a quel momento e con il quale più o meno viviamo tutti. Più da creatori che da creature.
Il tumore le dona la liberà di amare
Così sperimenta che la malattia non è solo terrore, impotenza, solitudine, smarrimento, sofferenza, angoscia ma anche, in modo assurdo, libertà. Libertà di essere se stessi, di lasciarsi amare.
"Mi sentivo l'anima in pace, oserei dire felice"
Il dolore è finalmente "liberato" e quando arriva il giorno dell'operazione - un intervento di nove ore - quello che prova è incredibilmente una profonda serenità, addirittura felicità, e un grande amore.
Quando la malattia cambia lo sguardo
Il recupero è doloroso e nonostante la stomia, le ferite post operatorie e le quattro flebo "che pendevano dai ganci e due dentro un borsetta", la paziente non maledice la sua vita, anzi, perché sono gli occhi ad essere cambiati:
Scoprirsi "piccoli", grati e liberi
Quello sguardo nuovo, pulito, le permette di cambiare direzione. Di puntare gli occhi non sul suo ombelico ma sulle cicatrici degli altri ammalati, degli ultimi. Semplicemente. Perché quando ti scopri "piccola" non c'è davvero più nulla di cui preoccuparsi.