Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano ad osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisia.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: "È lecito o no guarire di sabato?" Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: "Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?". E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Il paradosso del vangelo di oggi è grande: la regola del sabato dice che in questo giorno non bisogna fare nulla, ma è lecito comunque pranzare. È un po’ come dire che quel pranzo vale più della sofferenza di un uomo.
A questi paradossi vanno a finire i nostri attaccamenti malati alle regole.
Le regole ci piacciono perché quando le seguiamo ci fanno sentire bravi e giusti, quasi mai però ci accorgiamo che le regole le plasmiamo a nostra immagine, abbastanza capienti da contenere il nostro ventre e abbastanza strette da farci entrare la sofferenza degli altri.
Dio dà la regola del “sabato” affinché l’uomo si ricordi di essere umano e non un “asino da lavoro”, ed è paradossale che in nome di una regola che serve a ricordarci che siamo umani, noi siamo così disumani da non renderci conto del dolore di qualcuno.
Gesù lo sa dire meglio:
Il silenzio qui però non è assenso, purtroppo. La grande conversione che Gesù fa fatica a operare nel cuore dei farisei, e molto spesso nei nostri cuori, è il ribaltamento di certi modi di ragionare.
Il vangelo è una via d’umanizzazione della realtà, e proprio al fondo questa umanizzazione Gesù ci dona la possibilità di partecipare alla vita divina.
Diventare umani significa recuperare in maniera autentica quella immagine e somiglianza con Dio che ciascuno di noi si porta addosso. Quando smettiamo di essere umani contraddiciamo l’immagine di Dio che ci portiamo addosso.
Ecco perché il vangelo è innanzitutto un appello a non perdere di vista la nostra umanità, specie quando la perdiamo in nome della nostra religiosità.
Lc 14, 1-6
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