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Madre di 8 figli e saggista: «La castità non è non fare sesso»

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Raphaëlle Coquebert - pubblicato il 26/10/21
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Giovani o no, sposati o no, tutti siamo chiamati ad essere casti, cioè a vivere nell’ordine del cuore – diceva Giovanni Paolo II. Gabrielle Vialla, madre di otto figli e autrice di un saggio sulla castità, ci rivela il senso di questa nozione troppo spesso travisata.

Il premio San Giovanni Paolo II per la famiglia, l’amore e la vita [è un premio francese, da non confondere con eventuali omonimi italiani N.d.T.] è stato assegnato lo scorso 29 settembre a Gabrielle Vialla, madre di otto figli e scrittrice, per il suo saggio sulla castità. Ma qual è il senso di questa nozione sesso travisata? Se ben compresa, la castità è in realtà legata alla gioia del dono e si rivela un aiuto prezioso per una sessualità responsabile. L’abbiamo intervistata. 

Che cosa è veramente la castità? 

Gabrielle Vialla: È ricevere tutto il nostro essere, corporeo e spirituale, come proveniente da Dio. Ora, il nostro corpo sessuato, quaggiù, è luogo dei nostri limiti, occasione di combattimenti interiori. Essere in rivolta non permette di entrare in relazione con il Creatore né di vivere con gli altri in un’alterità costruttiva. Contemplare, appropriarsi, lasciarsi istruire da un ritmo che non abbiamo scelto ma che è voluto da Dio per farci crescere, questo rende felici e liberi. La vera ecologia è rispettare la propria natura corporea, unificarla a tutta la propria persona, meravigliarsene. 

Non sarà che abbiamo paura della castità? 

Se ne ha paura perché non la si conosce. La si assimila all’assenza di relazioni sessuali o a una morale impossibile da vivere. Ora, tutti siamo chiamati alla castità come cammino per donarsi. San Giovanni Paolo II diceva ai giovani: «Non credete a quelli che vi dicono che la castità è superata!». 

Lei è sposata. La castità coniugale significa fare “meno sesso”? 

Per via della contraccezione e della pornografia, molte coppie si lasciano o in fondo in fondo disprezzano la loro sessualità. Un uomo che aveva appena scoperto l’insegnamento della Chiesa mi ha detto: «È bizzarro: posso di nuovo innamorarmi di mia moglie: corteggiarla, desiderarla, amarla… cose da pazzi». La Genesi e il Vangelo ci dicono che «i due tenderanno a diventare una cosa sola». Scegliere la castità coniugale significa prendersi cura di questa “unica cosa” al contempo misteriosa e realissima, scoprire che ci è dato un corpo comune. Esso si fortifica nelle unioni coniugali, ma perdura al di fuori di esse. Un uomo esposto a delle tentazioni nei suoi spostamenti professionali mi ha confidato il suo “segreto personale”: baciare discretamente la fede che porta al dito, per ricordarsi la propria responsabilità. 

Quindi la castità non è nemica del piacere sessuale? 

Al contrario: riceve il piacere come un dono, nel rispetto del corpo che è esso stesso dono di Dio. Essa lo mette al suo giusto posto, al servizio dell’amore. Se il piacere sessuale diventa un’ossessione, è tutto tranne che soddisfacente. Poiché siamo tutti segnati dall’ipersessualizzazione della società, tutti dobbiamo condurre una vera battaglia interiore per la purità dei nostri pensieri e dei nostri atti. Gli sposi cristiani hanno una missione di testimonianza e di evangelizzazione della sessualità. 

E per quanto riguarda i single? 

Un’amica separata dal coniuge mi ha confidato: «Inanellavo un’avventura dopo l’altra per provare a me stessa di essere seducente. La verità è che mancavo totalmente di autostima. Ora che ho capito cos’è la castità, mi dico che il mio corpo è bello in sé, che questa dipendenza dallo sguardo e dal tocco maschili è una schiavitù. Intravedo una via di liberazione…». 

Dunque la castità non è un catalogo di divieti ma una scuola di libertà? 

La castità consiste nel mettere ogni pezzo della nostra esistenza al posto giusto. Chiediamola come un dono, facciamo degli sforzi per comprenderla e cerchiamo di viverla: ne vengono grande libertà e grande gioia. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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