Angelica Abate è una promessa mantenuta. Lo dico subito, come il giocatore di carte che dichiara i suoi assi in partenza. Si dice di molti talenti sportivi che sono una promessa. Di un bravo neoassunto si dice che promette bene. E che ne è poi di tutte queste promesse? Sono esaudite solo quando la parabola di vita si conforma alle aspettative prestabilite dalle griglie del successo o dei sogni?
Angelica Abate era una promessa da tanti punti di vista, della pallavolo ad esempio. Germogliavano in lei talenti vigorosi, dalla fotografia alla scrittura. Un tumore cerebrale molto aggressivo le ha tolto la vita ad appena 18 anni. Toglie il fiato. Mi sono aggrappata d'istinto a Chesterton che ribaltò il modo di dire che usiamo quando vediamo un talento sprecato, poteva essere un grande!, e disse che ogni uomo è un grande perché poteva non essere. Ogni persona è una promessa. Ed è una promessa che Dio mantiene e compie fino in fondo. Possibile dirlo di una ragazza bella, forte, entusiasta, profonda e allegra che viene strappata al vita repentinamente, senza appello?
Ho avuto la possibilità di fare una lunga chiacchierata con Anna Bonarrigo, la mamma di Angelica e insieme abbiamo ripercorso le tappe di un calvario incomprensibile, terribile, piombato giù come un fulmine a ciel sereno.
Costruire il presente
Roccalumera, Sicilia. In questo paese affacciato sul mare tra Taormina e Messina Angelica Abate ha vissuto la vita a pieni polmoni. Un legame carnale e profondo coi genitori e coi due fratelli, amicizie e passioni vissute con grinta e tenerezza. Ne possiamo respirare ancora l'aria dalle tracce di sé che ha lasciato nei suoi profili social. Paradossalmente quella sua voce virtuale sta diventando molto reale ora che lei non c'è fisicamente più. Racconta mamma Anna:
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Ad esempio, leggendo L'eleganza del riccio Angelica si era appuntata questa frase:
Leggere a posteriori questi 'appunti' di Angelica è come osservare un alpinista che - inconsapevolmente - sta mettendo nello zaino gli strumenti giusti per l'arrampicata. Costruire il presente è proprio questo, starci dentro come chi si allena e scopre la fibra del suo essere. Il domani ha portato ad Angelica una scalata titanica. Ma lei era così piena di un presente vissuto senza risparmio da vincere l'ombra del buio.
Angelica, la forza e la dolcezza
La voce robusta di mamma Anna mi tratteggia il cuore più che il profilo di sua figlia, dal grumo dei ricordi ne dipana uno, limpidissimo.
Anche questa sembra proprio una promessa inconsapevole che è stata mantenuta nell'ora della prova. Durante l'intero percorso della malattia, Maria è stata davvero sulla strada dolorosa insieme ad Angelica e alla sua famiglia. Le tappe decisive del suo calvario sono legate a feste liturgiche forti, la prima operazione al cervello, ad esempio, l'ha subita nel giorno di Maria di Lourdes (11 febbraio). Altre persone - sconosciute, lontane - si sono fermate a guardare, ad accarezzare, a pregare per questa ragazza. Si è generata una compagnia inaspettata.
Una massa enorme nel cervello
Nel dicembre del 2019 Angelica Abate s'infortunò sul campo di pallavolo, rottura del crociato e del menisco. La prese male perché significava stare ferma per un bel po'. Una volta operata, cominciò la riabilitazione con grinta e senza lamentele, un tornado di energie. Poi sopraggiunse un mal di testa, strano per una ragazza che non se ne era mai lamentata in vita sua. E questo segnale catapulta tutta la famiglia in un orizzonte che più cupo non si può.
Dalla guardia medica si passa all'ospedale di Taormina, 5 ore d'attesa perché "è solo un mal di testa". Poi la dottoressa che la visita, vedendo il tutore alla gamba e intuendo che specie di ragazza ha di fronte (evidentemente una tempra non fragile), prescrive una TAC. Un altro squarcio terso emerge nel racconto della mamma:
La diagnosi peggiore possibile sarà confermata: si tratta di una rarissima forma tumorale al cervello che è documentata solo su casi in cui è presente alla nascita e concede al neonato una vita brevissima. Non ci sono ancora spiegazioni del fatto che Angelica sia arrivata a 17 anni senza presentare sintomi, in perfetta salute. Ma una volta manifestatasi, è una sentenza di morte.
Angelica aveva appuntato questa citazione nel suo profilo Instagram dopo aver letto Il buio oltre la siepe. Si rivela misteriosamente adeguata al suo destino. E sarà proprio così: a Messina sono i medici a informare la ragazza del tumore, la incoraggiano a essere forte. Per 7 mesi Angelica e la sua famiglia hanno combattuto la battaglia tremenda e preziosa degli sconfitti.
7 mesi di ospedali e una preghiera che dilaga
Per quanto sia esiguo il margine di speranza dato da una simile diagnosi - facile essere lucidi a tavolino, a posteriori, senza esserci piantati dentro in carne e anima - la mamma di Angelica, suo papà e i suoi due fratelli fanno quello che fa una famiglia, combattono e si aggrappano a ogni lembo di possibilità.
Quando la TAC svela il mostro che cova nella testa di Angelica, siamo nel febbraio 2020 a un soffio dall'esplodere della pandemia. Nel corso dei 7 mesi successivi mamma e figlia passeranno da un ospedale all'altro (da Messina a Firenze, poi Milano, poi la Germania). Angelica sarà sottoposta a molti interventi, e tutto in mezzo all'emergenza Covid. Un orizzonte sanitario cupo, in cui - per costrasto - emergono più netti i contorno luminosi.
Le metastasi sembrano la crudele parodia di un abbraccio, nella realtà intanto si espande la rete di una compagnia umana che si unisce al patire di Angelica, pregando. Impossibile non chiamarle metastasi di amore e non intravedere all'opera un miracolo meno corrispondente di una guarigione clamorosa, ma più radicale come presenza opposta alla disperazione.
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Quei rosari notturni
Liberamente al dimandar precorre, disse Dante della Madonna. La Madonna corre e precorre. E questo dilagare di preghiere inaspettate è proprio il Cielo che si fa presenza, si fa compagnia nella selva di chi è nel buio. Penso che una delle immagini più forti di questa storia siano i fitti rosari notturni di cui mi parla mamma Anna:
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Dalla sua casa alla casa in cielo
Un po' impaurita ho chiesto ad Anna Bonarrigo se ci sono stati dei momenti in cui si è sentita arrabbiata con Dio, vivendo sulla sua pelle la sofferenza e la morte di sua figlia.
Angelica ha trascorso a casa gli ultimi giorni di vita, assistita da personale sanitario e dalla famiglia. Accompagnata anche da una presenza la cui storia aveva conosciuto durante le degenze ospedaliere. E' uno dei suo fratelli a inserire nelle preghiere della famiglia anche una novena a Carlo Acutis.
Il 23 settembre del 2020, giorno di San Pio da Pietralcina, i funerali di Angelica sono stati trasmessi in diretta Facebook. Si è aperta la porta del Cielo per lei. Chi resta sente la ferita della mancanza aprirsi fino a spaccarsi. Ma molto altro si apre dopo la scomparsa di Angelica, e non è solo dolore.
Il sentiero di un'anima ferita
Il tempo della morte c'è anche per chi sopravvive. La perdita, il distacco, la mancanza gravano come macigni. Non c'è una scorciatoia o un percorso alternativo. Si deve morire con chi muore, lasciarsi atterrare e disarmare. Un altro episodio che ringrazio Anna Bonarrigo di aver condiviso riguarda uno scambio umano avuto con un sacerdote:
Mi tolse le armi dalle mani, è un'espressione dalla forza commovente. Oggi la mamma di Angelica e tutta la sua famiglia vivono lo spazio disarmato della manacanza di una figlia, che pure non ha smesso di essere. Viva e presente, in altro modo. Angelica scrisse una poesia intitolata Il sentiero di un'anima ferita e già solo il titolo sembra il succo vero della sua storia. Alcuni versi di quel testo ora campeggiano nella sala di lettura a lei dedicata a Roccalumera:
Il prato in cui Dio semina la promessa che è ogni anima fa fiorire anche gli steli più scarni, anche gli scarti. E cos'è poi fiorire? Mi pare che la schiacciata di Angelica porti la palla a terra, non sulle nuvole astratte dei sogni. Si fiorisce ora, nel presente vissuto come apertura al tutto del nostro esserci. Ci si chiude e si avvizzisce se pensiamo di essere piante che fioriranno domani, quando certi traguardi saranno raggiunti.
Apri, mamma, apri. La disponibilità a essere aperti e disarmati nell'ora che è il tempo di ciascuno, questo è miracolo. E lo è nel senso che ci costringe a una fatica improba a scegliere tra la crudità e crudeltà dei dati e la verità intera che non smettiamo di chiedere. Così me lo ha testimoniato mamma Anna: