“Ho visto la luce” è una testimonianza ricorrente delle persone che sono state non solo sul punto di morire, ma un po' più oltre. Alcune arrivano ad affermare di essersi sentite “fluttuare”, “fuori dal proprio corpo”, vedendo anche il corpo stesso “dall'alto”, intravedendo al contempo un'intensa luminosità in una specie di “tunnel” che si apriva davanti a loro.
Per qualche motivo misterioso, sono tornate nel proprio corpo e hanno potuto “rimandare” la loro partenza da questo mondo. Ci sono perfino studi di neuroscienza che tentano di comprendere che tipo di fenomeno sia questo, noto come “esperienza di quasi morte”.
Padre Vincent Lafargue, che vive in Svizzera, è una delle persone che riferiscono questa esperienza: “Io ho visto quella famosa luce”.
Nel 2000, Vincent era un ragazzo di 25 anni, cattolico, ma, per usare le sue stesse parole, “non molto praticante”. Sano e vigoroso, esercitava tre professioni allo stesso tempo: speaker radiofonico al mattino, professore di francese il pomeriggio e attore di sera. “Come molti a quell'età, pensavo di essere immortale”, ha ricordato.
Vincent, però, sapeva che quel ritmo accelerato non era sostenibile. Si era reso conto del fatto che tutto nella sua vita era “al di sopra dei limiti di velocità”, perché un alunno gli aveva fatto notare un “tic linguistico”: Vincent ripeteva continuamente l'avverbo “rapidamente”. “Riguardiamo rapidamente il compito”, “Cominciamo rapidamente questa lezione”. Tutto doveva essere fatto “rapidamente”.
Semaforo rosso
“Ci pensavo proprio quella sera, in moto, e nel cuore ho iniziato a parlare con Dio. Ho detto: 'So che sto andando troppo rapidamente e che questo tic dice qualcosa sulla mia vita. Sto facendo troppe cose e vorrei frenare un po', ma non so come fare, soprattutto perché amo tutto ciò che faccio'”.
Il giovane ha allora lanciato a Dio un misto di supplica e sfida: “Se sei tanto intelligente, se esisti davvero, perché non tenti di impedirmelo?”
È stato allora che è iniziata l'esperienza inaspettata.
“Ero fermo al semaforo rosso. A quell'ora, molto chiaramente, una voce più forte della musica che stavo ascoltando in cuffia ha iniziato a parlarmi. Quella voce, molto dolce e gentile, e che non aveva niente a che vedere con la voce della mia coscienza, mi ha chiesto due volte: 'Sei veramente consapevole di quello che mi stai chiedendo?' Ed entrambe le volte, a voce alta, senza sapere cosa stessi facendo, ho detto: 'Sì'”.
Impatto brutale
Quando è scattato il semaforo, Vincent è riuscito a malapena a percorrere 100 metri prima di sbattere frontalmente contro una macchina che arrivava a 80 km/h. Era più o meno la velocità della sua moto. L'impatto è stato brutale.
“La signora che conduceva la macchina aveva un cellulare, cosa non comune nel 2000. Ha chiamato subito la polizia invece dell'ambulanza, perché era certa che fossi morto quando mi ha visto in una pozza di sangue. Ma è stato quello a salvarmi la vita, perché poi abbiamo saputo che l'ambulanza era bloccata nel traffico, lontano dal punto in cui era avvenuto l'incidente, ma la macchina medica della polizia era vicina ed è arrivata in due minuti”.
Il cuore si è fermato
Le gravi fratture che Vincent aveva subìto gli hanno provocato delle emorragie interne. Visto che il ragazzo sanguinava molto dentro mentre veniva portato dall'équipe di soccorso a un ospedale di Ginevra, un medico si è reso conto che stava morendo vedendo una macchina che indicava l'emorragia.
Non era un medico dell'équipe di assistenza, ma un dottore che quel giorno aveva già concluso il suo turno e stava provvidenzialmente accanto a una macchinetta del caffè nell'ala dell'ospedale in cui avevano portato il ragazzo. Il medico ha chiesto immediatamente di vedere una radiografia di Vincent. La situazione era estrema, tanto che all'ingresso della sala operatoria il cuore del giovane ha smesso di battere.
“Ho visto la luce”
Vincent stesso ha parlato di ciò che è accaduto da quel momento in sala operatoria in un'intervista al National Catholic Register, una delle più importanti riviste cattoliche statunitensi:
“Quello che è accaduto in quel momento è molto più vivido di qualsiasi altra cosa nella mia mente. All'improvviso, ho visto una scena che sono riuscito a osservare dall'alto. Ho visto una persona ferita in un letto, persone che si agitavano intorno a lei, e ho sentito un beep che indicava che un cuore si stava fermando. Ero preoccupato per quella persona, senza rendermi conto che ero io. Il mio stato era di totale benessere. Tutto questo è durato a malapena un minuto, ma nella mia percezione è stato molto più lungo.
All'improvviso mi sono girato come se qualcuno mi stesse spingendo in alto, ma anziché vedere il tetto ho visto quella famosa luce, immensa, della quale fino a quel momento non avevo mai sentito parlare. È molto più potente della luce del sole, ma non accecava. Mi attirava. Ho fluttuato verso quella luce per qualche momento, ma a differenza di altri [che dicono, ad esempio, che in quell'istante hanno visto delle persone care già morte o perfino Gesù stesso] non sono andato oltre a questo. Per me, quella luce era 'abitata', non da una persona visbile, ma da una presenza ovvia, che era Amore, Amore incondizionato. E per me, come avrei saputo più tardi, l'amore è una Persona: Dio. È stato questo che ho sentito in modo molto profondo”.
Vincent aggiunge che poco dopo è stato “rilanciato nel corpo”:
“È stato il momento peggiore della mia vita, parlando a livello sensoriale, pur essendo stato quello in cui il mio cuore ha ripreso a battere. Tutti i miei dolori si sono risvegliati. E allora sono stato sottoposto a interventi molto pesanti. Alcuni ricordi di quello che era accaduto hanno iniziato a emergere non appena mi sono svegliato, ma non capivo davvero il significato di tutto quello”.
Un percorso graduale di conversione
Nel corso della lunga ripresa, Vincent ha ricevuto le visite di un cappellano, che la prima volta ha praticamente ignorato. Il sacerdote, però, non ha smesso di andarlo a trovare. Un giorno il presbitero gli ha detto che Dio non fa mai il male, ma lo permette, visto che rispetta la libertà umana, e “stava usando quel male per toccare il mio cuore”:
La conversione è avvenuta a poco a poco. Non è stata “automatica” dopo l'esperienza di quasi morte.
“Nei primi due anni ho esplorato tutte le religioni del mondo”, racconta Vincent. Un giorno ha sentito alla radio un uomo che parlava di “poesia, arte, cinema… tutto quello che amavo”. Quando ha saputo che quell'uomo era un sacerdote, Vincent gli ha telefonato. È stato un altro passo nel suo cammino di conversione e discernimento vocazionale.
L'esperienza di quasi morte
L'esperienza di quasi morte era stata in qualche modo “solo” un elemento – di grande importanza, è ovvio, ma di per sé non ha attivato “magicamente” una trasformazione radicale della vita di Vincent.
Riguardo a questa esperienza, il giovane ha avuto l'opportunità di riferirla al medico che lo ha operato:
“Gli ho raccontato quello che avevo visto, il massaggio cardiaco, la conversazione tra lui e le infermiere, il numero che ho visto sulla parete, il nome scritto sulla targhetta sul camice bianco di un'infermiera accanto al mio letto... Il medico è rimasto al contempo interessato e confuso. Ha detto che scientificamente non potevo ricordare nulla di tutto questo, principalmente dell'uomo che era accanto al letto, perché non l'avevo mai visto al di fuori di quella sala operatoria. Ha detto che mi credeva perché tutto quello che stavo raccontando era corretto, ma che non poteva essere spiegato dalla scienza perché il mio cuore non stava nemmeno battendo”.
Padre Vincent Lafargue è stato ordinato sacerdote nel 2010. Ora si prepara a sostituire, come cappellano ospedaliero, il sacerdote che gli aveva fatto visita dopo l'incidente che gli ha fatto vedere “quella famosa luce”.
A partire dall'intervista di p. Vincent Lafargue al National Catholic Register.
Un'intervista a p. Vincent si trova anche su YouTube: