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L’ostia che avete ricevuto domenica forse è fatta da 3 migranti musulmani

Hóstias

OSTIE – Chiamate anche particole, sono fatte di farina senza lievito, e una volta consacrate si transustanziano nel Corpo di Cristo. L'ostia grande viene consumata dal sacerdote celebrante, quelle piccole dai fedeli.

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Giovanna Binci - pubblicato il 30/09/21
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Tre ragazzi arrivati su un barcone, nei pressi della cattedrale di Santa Maria Assunta a Cosenza, hanno messo in piedi una cooperativa di ostie artigianali di alta qualità. Bello pensare che quel corpo di Cristo, sia "pane quotidiano" anche per tre giovani musulmani.

Prendi tre ragazzi, tutti musulmani, Sadia, Madi e Adama, un calabrese e un laboratorio di ostie

Sembra l'improbabile inizio di una strana barzelletta politically correct. Ci sono ragazzi neri, un bianco e due religioni. Invece è una storia improbabile sì, ma di improbabile bellezza, che comincia su un barcone proveniente dalla Libia e finisce (o meglio, inizia di nuovo) sotto il campanile della Cattedrale di Santa Maria Assunta a Cosenza. Qui, Umile Trasi, artigiano e commerciante, lavora nel suo negozio di articoli religiosi e realizza delle ostie di alta qualità

Una vecchia ricetta con ingredienti semplici, uno stampo elettrico che tosta non più di trenta particole per volta. 

racconta a Vanity Fair Umile Trausi. 

Che ci vuole a fare delle ostie? Farina, acqua e un po' di mestiere. Questo artigiano ha voluto metterci anche un pizzico di solidarietà. Che quel corpo di Cristo, in fondo, è pane spezzato per tutti e allora, non c'è modo migliore di ricordarlo che farlo produrre a tre ragazzi di fede musulmana. Una strana operazione di integrazione tra religioni!

racconta Madi, 20 anni.

Lui è senegalese e gli altri due apprendisti della Costa D'Avorio. Imbarcati tutti dalla Libia, ognuno con una storia diversa e uno stesso sogno. 

Madi era uno studente di economia, "partito perché avevo voglia di libertà e di nuove opportunità". Arrivato in Italia frequenta un corso per produzione di pasta fresca artigianale e poi un tirocinio in un supermercato che gli propone un'assunzione,

Il progetto è una cooperativa di nome SAM, acronimo delle iniziali dei nomi dei tre imprenditori ed inizierà con un capitale sociale di 1500€ finanziato dalla Fondazione con il Sud insieme con l’Afn (Associazione famiglie nuove) e con la Ong Amu (Azione per un mondo unito). 

Queste le parole di Salvatore Brullo, direttore generale della cooperativa siciliana Fo.co, capofila del progetto. 

È bello scoprire che quell'ostia sia ancora qualcosa che dia da mangiare non solo all'anima di chi la riceve con devozione a messa, ma anche a chi la produce con amore e pazienza ed è fiero di farlo. Non in nome di uno stesso credo, ma della riverenza e del rispetto per un'altra religione e un simbolo di cui noi spesso non andiamo fieri come questi tre musulmani.

dice Sadia, 21 anni, cicatrici del passato su braccia e gambe e, credo, altre nel cuore. 

Questi giovani hanno fatto del corpo di Cristo una opportunità di vita e riscatto. Noi allora, che crediamo che quell'ostia sia più di farina e acqua, ricordiamoci di farne opportunità di vita eterna ogni volta che possiamo. 

Sembra davvero una barzelletta improbabile quella di tre musulmani che in mezzo a pacchi di Santini, ostensori e paramenti, si mettono in testa di diventare produttori di ostie. Ma del resto, noi cattolici, a credere contro ogni probabilità, ai miracoli impossibili, anche quando tutto sembra perduto, ci siamo abituati.

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