Prendi tre ragazzi, tutti musulmani, Sadia, Madi e Adama, un calabrese e un laboratorio di ostie.
Sembra l'improbabile inizio di una strana barzelletta politically correct. Ci sono ragazzi neri, un bianco e due religioni. Invece è una storia improbabile sì, ma di improbabile bellezza, che comincia su un barcone proveniente dalla Libia e finisce (o meglio, inizia di nuovo) sotto il campanile della Cattedrale di Santa Maria Assunta a Cosenza. Qui, Umile Trasi, artigiano e commerciante, lavora nel suo negozio di articoli religiosi e realizza delle ostie di alta qualità.
Una vecchia ricetta con ingredienti semplici, uno stampo elettrico che tosta non più di trenta particole per volta.
racconta a Vanity Fair Umile Trausi.
Che ci vuole a fare delle ostie? Farina, acqua e un po' di mestiere. Questo artigiano ha voluto metterci anche un pizzico di solidarietà. Che quel corpo di Cristo, in fondo, è pane spezzato per tutti e allora, non c'è modo migliore di ricordarlo che farlo produrre a tre ragazzi di fede musulmana. Una strana operazione di integrazione tra religioni!
racconta Madi, 20 anni.
Lui è senegalese e gli altri due apprendisti della Costa D'Avorio. Imbarcati tutti dalla Libia, ognuno con una storia diversa e uno stesso sogno.
Madi era uno studente di economia, "partito perché avevo voglia di libertà e di nuove opportunità". Arrivato in Italia frequenta un corso per produzione di pasta fresca artigianale e poi un tirocinio in un supermercato che gli propone un'assunzione,
Il progetto è una cooperativa di nome SAM, acronimo delle iniziali dei nomi dei tre imprenditori ed inizierà con un capitale sociale di 1500€ finanziato dalla Fondazione con il Sud insieme con l’Afn (Associazione famiglie nuove) e con la Ong Amu (Azione per un mondo unito).
Queste le parole di Salvatore Brullo, direttore generale della cooperativa siciliana Fo.co, capofila del progetto.
È bello scoprire che quell'ostia sia ancora qualcosa che dia da mangiare non solo all'anima di chi la riceve con devozione a messa, ma anche a chi la produce con amore e pazienza ed è fiero di farlo. Non in nome di uno stesso credo, ma della riverenza e del rispetto per un'altra religione e un simbolo di cui noi spesso non andiamo fieri come questi tre musulmani.
dice Sadia, 21 anni, cicatrici del passato su braccia e gambe e, credo, altre nel cuore.
Questi giovani hanno fatto del corpo di Cristo una opportunità di vita e riscatto. Noi allora, che crediamo che quell'ostia sia più di farina e acqua, ricordiamoci di farne opportunità di vita eterna ogni volta che possiamo.
Sembra davvero una barzelletta improbabile quella di tre musulmani che in mezzo a pacchi di Santini, ostensori e paramenti, si mettono in testa di diventare produttori di ostie. Ma del resto, noi cattolici, a credere contro ogni probabilità, ai miracoli impossibili, anche quando tutto sembra perduto, ci siamo abituati.