La storia di Rosanna Brescia sta diventando virale. Virale vuol dire tutto e niente. E di questi tempi si fa fatica a non sentire l'urto con il suo significato reale, devastante e molto poco metaforico. La viralità delle notizie è il segnale di una moltiplicazione esponenziale dell'interesse, una velocità nella diffusione mediatica.
Ed è l'esatto opposto del contenuto della storia di questa donna, che è capace di catturare il nostro interesse proprio perché - finalmente - ci parla di un tempo del lutto, dell'impegno, dell'accudimento e della fatica che è lento, lentissimo. Il tempo delle donne non è una rivendicazione battagliera, tipo: è il momento che tutti si mettano da parte perché arrivano le donne! Le donne hanno una lezione da donare a un mondo che va di fretta: prendersi tutto il tempo necessario alla cura.
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Rosanna Brescia, 72 anni compiuti lo scorso agosto, ha fatto questa dichiarazione al giornalista di Repubblica all'uscita dalla discussione della sua tesi presso La Sapienza di Roma. Si è laureata in Scienze Storiche la settimana scorsa e ha portato davanti alla commissione d'esame una tesi scritta a mano sul monachesimo femminile. Il titolo esatto é: Il monachesimo femminile. Insediamenti delle Celestine in Puglia e il monastero di Santa Caterina di Lucera.
Una donna molto adulta, credo sarebbe la prima a riconoscersi senza problemi nella terza età, porta a termine un percorso di studi dedicato a un tema apparentemente nascosto nelle pieghe di un tempo lontanissimo. E lo fa scrivendo a mano. Dunque ha raccontato di un tempo antico impiegando tutto il tempo che la lenta scrittura amanuense richiede.
Per buona parte della vita Rosanna è stata maestra elementare, ha insegnato ai bambini a scrivere. Avrà avuto la pazienza di seguirli dalle prime lettere incerte fino ai temi scritti in colonna. Quante grafie strambe avrà dovuto decifrare per conoscere il pensiero unico di ogni suo alunno. E poi da donna adulta ha rovesciato la prospettiva e si è messa nel banco degli alunni, si è riscritta all'Università per completare un percorso di conoscenza che da giovane non aveva portato a termine. E lì, studiando Paleografia cristiana si è esercitata nell'arte degli amanuensi, se ne è appassionata al punto da voler concludere il suo percorso - la scrittura della tesi - producendo un'opera amanuense.
Il tempo nei monasteri è scandito da un orologio che misura ore e giorni nell'orizzonte del destino. Conta il minuto e anche il secondo per un'anima in cerca di sé. Avrà studiato anche questo Rosanna per preparare la tesi. Da dove nasce questo ribaltamento da maestra ad alunna? E poi cos'è questa mancanza di cui parla anche nel giorno che la vede felicemente laureata?
"Mi sono iscritta perché ho perso una figlia di 14 anni e questo percorso è come se lo avesse fatto lei, è come se oggi al posto mio ci fosse lei a cui dedico tutti i miei sforzi e i miei sacrifici", aggiunge.
da Repubblica
Gran parte della viralità della notizia è legata a questo scorcio sulla vita di Rosanna, che ha perso una figlia per malattia quando era giovanissima. Poco altro si sa e deve restare giustamente custodito lontano dalla furia mediatica.
Intuisco, solo vagamente, che tutto il ribaltamento sul senso del tempo sia cominciato da questa ferita non rimarginabile. Il lutto è il momento in cui il tempo si ferma, spalanca una voragine nei secondi. Il dono del confronto con la morte, con la perdita, non è solo un senso di apprensione e fugacità ma anche di dilatazione. Manca. Chi perdiamo ci manca e la sua mancanza diventa anche una mancanza più radicale. Proprio quella espressa da Rosanna: ogni cosa fatta mi arricchisce, ma manca sempre qualcosa.
La frenesia e la velocità sono le nostre vie di fuga più facili e abituali per non stare dentro questa nostalgia radicale. Se ci fermassimo sentiremmo la mancanza, di chi abbiamo perso e di più, di quell'incontro definitivo che sanerà ogni ferita. L'abbraccio eterno di un Padre.
Il tempo lento dello studio, il tempo lento dei monasteri, il tempo lento della scrittura a mano sono tasselli di un'ipotesi complessiva. Ripeto, è solo un pensiero vago. Penso che Rosanna si sia ripresa il tempo di stare dentro la vita, con la sua ferita aperta.
L'ultimo tassello di questa storia non è meno paradossale. Rosanna Brescia ha portato a termine la sua laurea accudendo la madre di 96 anni. Stranezze uniche della vita: una figlia morta troppo presto, una madre tanto longeva. O c'è un caos pazzo dietro il mondo o tutte queste contraddizioni meritano un senso in cui nessuna lacrima e nessuna benedizione vanno perse.
Il tempo delle donne, sono partita da lì. E concludo con l'immagine del tavolo di accudimento e scrittura di Rosanna. L'invito è a sederci con loro, con una figlia di 72 anni che fa l'amanuense e una madre di 96 anni che si lascia accudire in silenzio. Sembra Omero più che Repubblica. Per moltissimi questa è l'immagine di un tempo buttato. A che serve una tesi scritta a mano sul monachesimo femminile? A che serve un'anziana seduta in silenzio che ha bisogno di assistenza continua?
Servono, entrambe, a sgretolare il grande abbaglio contemporaneo, l'illusione che ci serva sempre più tempo di quello che abbiamo a disposizione. Lo usiamo ma non ci stiamo, nel tempo che ci è dato. Pensiamo che voli via solo perché non ci sediamo a tavola, non ospitiamo nei nostri minuti e nelle nostre ore la compagnia lenta ed eterna di Chi pensava a noi nella notte del tempo.
E c'è un risveglio di vero orgoglio femminile nel dire che è proprio un buon segno se sono le donne a rivendicare questa voce nel mondo: fermati, cura ciò che fai, guarda, aspetta, piangi.