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Il desiderio di vedere Cristo e la prigione del male compiuto

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Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 23/09/21
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Non basta la curiosità di vedere Cristo per poterlo conoscere. Occorre mettere una distanza tra sé e il male, tra la confusione e l'oscurità nelle quali ci tiene il peccato e noi.

In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». 
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
(Luca 9, 7-9)

Anche nella persona più lontana, più incattivita e più corrotta, si trova traccia di un desiderio di verità. Il vangelo racconta spesso storie così. Zaccheo è una storia molto simile al vangelo di oggi ma con un finale migliore.

È una sorta di indicazione per noi: non c’è situazione della vita, seppur sbagliata che possa sopprimere fino in fondo un desiderio di Cristo, come desiderio di senso a cui aspiriamo nonostante ciò che siamo diventati.

Chi ha la coscienza sporca non vive una vita serena, perché per quanto possa sembrare che con la violenza, la prepotenza, e la forza si ottenga tutto, la verità è che chi si mette contro la propria coscienza vive in una latente paura e difensiva, e proprio per questo vede sempre e solo nemici da cui difendersi e pericoli a cui scampare.

Questo è Erode: “In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti»”.

La confusione regna sovrana lì dove opera il male, perché non si ha mai la capacità di vedere lì dove opera il buio. Se certe volte il nostro giudizio e la nostra capacità di discernere è in preda alla confusione, forse è perché dovremmo innanzitutto prendere distanza dal buio che abbiamo cercato o che abbiamo subito e che la teologia chiama “esperienza del peccato”.

Infatti un autentico discernimento nasce da una autentica riconciliazione. Solo dopo che hai rotto con le tenebre puoi anche sperare di vedere qualcosa. Voler fare discernimento e rimanere invischiati in situazioni di peccato significa non venirne mai a capo. “Ma Erode diceva: «Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?». E cercava di vederlo”.

È bello però pensare che nonostante la situazione strutturalmente sbagliata di Erode, egli conservi un desiderio di voler vedere Gesù. È un buon punto di partenza al di là dei risultati.

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