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Schivare, incassare, rispondere. La lezione di boxe di Gesù

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Christian Lancrey-Javal - pubblicato il 20/09/21
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Il Vangelo di questa 25ª domenica del Tempo Ordinario (Mc 9,30-37) ci mostra Gesù che insegna ai suoi discepoli a dominare la loro suscettibilità e le loro frustrazioni. Nell’omelia che ci propone, padre Christian Lancrey-Laval legge la lezione come un allenamento di boxe.

«Di che cosa parlavate lungo il cammino?» (Mc 9,33). La domanda è simpatica, segno che Dio si interessa a noi, alle nostre discussioni e ai nostri problemi, ma i discepoli tacciono, tanto più che poco tempo prima, per aver posto la medesima domanda mentre scendevano dal monte della Trasfigurazione («Di che discutevate?» [Mc 9,16]), Gesù si era adirato: «Oh, generazione incredula! Fino a quando resterò tra voi? Quanto tempo ancora dovrò sopportarvi?!» (Mc 9,19). 

Fratel David-Marc d’Hamonville, padre abate di En-Calcat, spiega così la pedagogia di Gesù: 

Un giovane di 15 anni viene a trovarmi, di tanto in tanto: lui non è battezzato, ma ho battezzato il suo fratellino, che ha due anni. La madre è sola: i due padri hanno abbandonato lei ed entrambi i figli, fisicamente e finanziariamente. La madre è sola, come al giorno d’oggi lo è un quarto dei genitori. Questo ragazzo viene a cercare spiegazioni per quello che vive. A scuola se la cava bene, ma non ha amici, neanche uno. Ha paura degli altri. Gli ho consigliato di fare dello sport: per quel che si può giudicare da fuori, sembra fragilino, sarà che passa ore e ore davanti ai videogiochi. Perché non ha amici? Ha paura, mi ha detto, delle prese in giro. Di sfottò ne avrai sempre. Pensavo alle parole di Gesù: «Di poveri ne avrete sempre» (Gv 12,8). Le prese in giro fanno parte della vita: sono sgradevoli ma non drammatiche, e dureranno per tutta la vita, ovunque tu andrai. In gruppo, l’essere umano non è gentile. 

Normalmente, di sfottò non si muore. La nostra società si illude di poterli proibire, con la scusa di lottare contro le discriminazioni: esisteranno sempre, e compito dell’educazione è limitarle – insegnando a rispettare ogni persona, a cominciare da quelle in situazione di debolezza. Non ci si prende gioco dei piccoli. E non si fa un dramma delle piccole vessazioni della vita ordinaria. Uno dei vantaggi delle famiglie numerose era che i grandi imparavano a proteggere i piccoli e i piccoli a farsi i calli. Sono tornato a dire al ragazzo di fare dello sport, di abitare il proprio corpo, di incarnarsi, di prendere massa, di fare qualche mese di boxe… a un altro avrei suggerito la scherma, a un altro ancora un gioco di squadra. A lui ho detto: va’ a iscriverti a un corso di arti marziali – occidentali, greco-romane, cinesi, giapponesi… la boxe ti darà le tre regole della sopravvivenza in società, e cioè schivare, incassare, rispondere (e idealmente la cosa dovrebbe restare sul piano verbale). 

Schivare, incassare, rispondere. Gesù ha insegnato ai suoi discepoli a stare in guardia, a evitare le situazioni di conflitto, coi farisei e con quanti non sono amici della pace – andatevene. Ha insegnato loro quel che gli uomini del passato sapevano fare meglio di noi: incassare, sopportare le difficoltà e gli insulti. Li aveva snidati dalle loro abitudini e dai loro piccoli mondi (non diremo “comodità”, per quegli uomini che conducevano una vita dura. Nel Vangelo li sentiamo sognare più spesso di quanto gemano. E poi ha dato loro l’esempio delle risposte ficcanti, più di una colta li ha scossi, come più di una volta ha chiuso il becco ai detrattori. 

Schivare, incassare, rispondere. Ah, non siete abituati a sentire queste cose nelle omelie? Forse pensate che Gesù sia un utopista, che non sia cresciuto fra i ragazzini coetanei? Che non sappia cosa sia una rissa e che un branco di iene può sopraffare una tigre? Un po’ di realismo! Come recita il titolo di un bellissimo libro su Santa Teresa di Gesù Bambino (Le Réalisme spirituel de Thérèse de Lisieux, del padre Victor Sion [Cerf]), leggetelo, ché la sua festa è tra una decina di giorni. 

Teresina è diventata grande quando ha smesso di piagnucolare, di lamentarsi per ogni nonnulla, in particolare con l’osservazione fattale da suo padre a Natale quando aveva tredici anni. E meno male che al Carmelo aveva le sorelle di sangue – Marie, la maggiore, Pauline, divenuta suora e madre Agnès, e Céline – per sopportare la vita religiosa. Se si aggiunge Léonie, visitandina, si capisce che ne abbiano canonizzato i genitori, Louis e Zélie. 

Sappiamo come un gesto di tenerezza può rischiarare una giornata e al contrario come una contrarietà possa oscurarla. Sappiamo soprattutto la gioia del rendere un servizio e dell’aiutare. «Lo stesso Signore Gesù ha detto che c’è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). In tutto ciò che ci dà gioia c’è qualcosa di confortevole che ci viene dagli altri, e sono tutti segni della bontà e della provvidenza di Dio, ma soprattutto c’è lo Spirito Santo che agisce nei nostri cuori. Prima di essere il Consolatore, egli è il Protettore delle nostre anime per aiutarci a evitare il peccato. 

Schivare, sottrarsi alle tentazioni, agli attacchi dell’Avversario. Incassare, sopportare le difficoltà. Rispondere al male con il bene, rispondere ai blocchi con gesti di tenerezza. 

Schivare, incassare, rispondere. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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