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Von der Leyen su Bebe Vio: «Lei è l’anima dell’Europa e del suo futuro»

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Paola Belletti - pubblicato il 17/09/21
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La nostra Bebe, campionessa paralimpica e testimonial di tenacia e positività, invitata dalla Presidente della Commissione europea e proposta come modello e ispirazione per l'Europa.

Non vedeva l'ora di tornare a sedersi, Bebe Vio, una volta presentata con tutti gli onori e la calorosa ammirazione della Presidente Ursula Von Der Leyen e accolta da una standing ovation di lunghi applausi.

Non sapeva dove mettere le mani, sì le sue protesi hanno svolto egregiamente anche il servizio di mostrare il suo comprensibile imbarazzo: incrociate, a toccarsi il sopracciglio, appese alle tasche, dietro la schiena.

Adorabile, davvero, questa ragazza che, con il suo fisico asciutto e temprato dal continuo lavoro atletico, le sue cicatrici esposte ma non esibite, il viso attraversato da segni ma tutto riassunto nel suo sguardo vivace, lascia intravvedere un'anima non comune.

Bella, Beatrice, e sicuramente adattissima a rappresentare un modello, una fonte di ispirazione, e a divenire la beniamina di tutte le cause apparentemente impossibili e gli ideali ardui ma meritevoli dei nostri sforzi.

Si capisce dalla mimica e dai movimenti delle labbra sotto la mascherina che chiede soccorso e lo racconta lei stessa, commentando l'episodio: quando si avvicina a Gentiloni lo fa per chiedere aiuto, perché la sostenga in questo "momento botola" (quando cioè si è sotto gli occhi e l'attenzione di tutti e non si desidera altro che si apra una botola sotto i nostri piedi per sparirvi all'interno).

La presidente della Commissione europea ha pronunciato il suo discorso programmatico l'altro ieri, mercoledì 15 settembre, davanti al Parlamento europeo, emiciclo nel quale ha voluto fortemente che fosse presente anche la nostra Beatrice Vio.

Ogni discorso pubblico, soprattutto se deve motivare decisioni e cambiamenti non indolori, ma anche quando deve disegnare l'orizzonte di grandi imprese, ha bisogno di immagini forti, di metafore e ancor più di testimoni credibili.

La Von Der Leyen ne è sicura: quest'Europa ha un'anima, l'ha vista sottesa a tutti gli sforzi messi in campo per contrastare la pandemia, ne ha sentito la mancanza quando l'Occidente si è ritirato dall'Afghanistan.

Cita anche uno dei padri fondatori della casa europea, Robert Shuman che dichiarò: "l'Europa ha bisogno di un'anima, di un ideale e della volontà politica di servirla".

Ma quali sono i tratti di quest'anima tanto evocata, quali gli ideali che la abitano?

Se stiamo ai contenuti del discorso, ciò che emerge è l'intenzione di costituire una difesa militare comune; una politica estera forte e unitaria; di investire sui giovani, di garantire diritti (quali, però? I cosiddetti diritti civili imposti dall'agenda progressista?).

Arrivano anche conferme entusiastiche al cammino di transizione ecologica in atto, che invece lascerà segni rossi su cittadini e imprese per le scudisciate degli aumenti di prezzo delle materie prime, gas in primis, se l'azione dei governi non ne attutirà il colpo.

Insomma, prima di cedere al giusto compiacimento per la scelta della giovane, tenacissima Bebe come tedofora della fiamma che arde nel cuore d'Europa, dobbiamo considerare con prudenza a quale tipo di anima si riferisca la Presidente. Certo, è solo un discorso e non può contenere né esprimere in toto la visione politica di un'istituzione tanto complessa come l'Unione. Emergono però senza dubbio i tratti più distintivi di un identikit che si vuole sempre più dettagliato.

Nell'additarla intende significare una forza volitiva, una positività tenace, il desiderio di superare le avversità, di compiere l'impossibile, soprattutto se è generalmente giudicato tale. E di questi valori, è vero, Bebe Vio sembra la personificazione; non c'è dubbio: è esempio, ispirazione e modello da proporre.

Lei stessa, quando racconta la malattia che l'ha portata ad un passo dalla morte, la prima e non ultima volta, e poi l'esito terribile delle amputazioni, non lo nasconde: desiderava morire. Fino ad una svolta, ad un guizzo dello spirito ed alla novità dello sguardo che si è trovata liberamente ma quasi irresistibilmente ad abbracciare: la vita è una "figata pazzesca".

E lo ha detto dal fondo della sofferenza, dall'inizio della china che doveva guadagnarsi tutta, non già dai podi che con grande merito si è via via guadagnata.

“Prendiamo Bebe come esempio di ispirazione, questa è l’anima dell’Europa e del suo futuro”.

Nel discorso riferisce di come l'atleta le abbia ha rubato il cuore, quest'estate, mentre la vedeva vincere in quel modo e sapendo quel che aveva passato solo pochi mesi prima; la stessa Von Der Leyen li misura in giorni. 119 giorni prima era uscita dall'ospedale dopo aver subito un intervento e aver corso il rischio concreto di morire. Ricordate? la stessa Beatrice lo aveva rivelato solo dopo aver cinto l'oro al collo e aver esultato con una forza ancora più intensa del solito: eccone il motivo, ci aveva spiegato. Ho rischiato di morire e invece ce l'ho fatta.

Bellissimo, grazie Bebe e grazie anche alla Presidente. Però proprio non basta, c'è qualcosa che non viene detto, una debolezza che non è ancora abbracciata in questa pur autentica commozione e solidarietà umana. Nemmeno Bebe vale solo perché ce l'ha fatta, nemmeno la sua bellezza è tutta solo nella resilienza di cui è campionessa (finalmente qualcuno che possa usare a buon diritto questa parola, abusata); il suo vero valore non è tutto nei successi, pure esaltanti. Evviva il talento, la tenacia e l'eccellenza, sono importantissimi. Eppure...

Al posto dell'espressione di Bebe, ripetuta in un chiaro ma buffo italiano da Ursula Von Der Leyen, "se sembra impossibile allora si può fare" l'anima cristiana, quindi profondamente umana, è abituata a lasciare risuonare l'eco di una voce non Sua che dice "Nulla è impossibile a Dio": finalmente un po' di compagnia in quest'anima che sembra debba solo tendersi in un continuo sforzo titanico.

Serve la difesa dell'uomo nella sua inviolabilità assoluta, dall'inizio alla fine, serve la promozione di un lavoro dignitoso per tutti, serve la difesa della cellula fondamentale della civiltà umana, la famiglia, serve la cura dei deboli, dei preziosissimi "improduttivi", di chi nemmeno può pensare di farcela. Serve che rimettiamo al centro dei nostri valori ciò che precede ogni altro valore misurabile. Ne vedremmo delle belle, su tutti i fronti.

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