Bocciatura per la messa virtuale - trasmessa in tv, su siti internet o social network - che non deve sostituire quella reale, come, invece, spesso accade in questo tempo di covid.
Queste liturgie - che si sono moltiplicate nella prima fase della pandemia - hanno trasformato le assemblea dei fedeli in platee E le parrocchie hanno perso il legame con il territorio, scrive Avvenire (3 settembre).
Il quotidiano dei vescovi riporta quanto emerso dalla “Settimana di studio” dell’Associazione dei professori e dei cultori della liturgia, che si è svolta in provincia di Varese.
Le celebrazioni sullo schermo sono qualcosa di «già visto». Anche perché «ormai le nostre assemblea hanno cominciato a somigliare a platee, che, anche quando animate da una certa complicità partecipativa, hanno assimilato gli schemi mentali tipici dello spettacolo». Lo sostiene il teologo don Giuliano Zanchi, direttore della Rivista del clero italiano e responsabile scientifico della Fondazione Bernareggi, “braccio” culturale della diocesi di Bergamo.
Poi aggiunge: «Non è un caso che i molti che sono passati dalla Messa in presenza a quella in video non abbiano percepito una vera differenza».
«Questo frangente complesso segnato dal coronavirus ha messo in rilievo alcune mancanze e carenze che erano già precedenti», afferma don Paolo Tomatis, presidente dell’Associazione dei professori e dei cultori della liturgia. Guardare alla “gente” della Messa significa prendere atto che chi partecipa alle liturgie è lo specchio di una società in cui non c’è più una fede permanente ma «sperimentale e itinerante».
«Non siamo più di fronte a un’assemblea organica e compatta, come quella tridentina, dove il precetto festivo si assolveva andando a Messa nella propria parrocchia – afferma Tomatis –. Abbiamo invece un’assemblea più fluida che condiziona le diverse modalità di partecipazione». Compresa quella attraverso la tv o il web.
Occhio però agli «effetti collaterali» della messa virtuale, come li definisce don Lorenzo Voltolin, parroco nella diocesi di Padova e docente alla Facoltà teologica del Triveneto: dal «fai-da-te» alla «sovrapposizione mediatica».
«Non tutte le Messe in televisione oppure online sono uguali – chiariscono Tomatis e Voltolin –. La comunità reale, con il proprio campanile e il proprio pastore, è il referente fisico anche della comunità digitale. Per questo è bene che la mediazione della Rete o della tv assicuri il contatto con il corpo della propria comunità». In pratica, meglio seguire la Messa che viene proposta in diretta dalla parrocchia di appartenenza.