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Leone XIII scrisse delle profezie sull’apostasia della Chiesa? No!

ANTICHRIST DEMON METAL SATANIC
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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 02/09/21
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L’ebreo lionese Augustin Lémann ha riportato, in un libro del 1905, alcuni interventi di Leone XIII e di Pio X sulla dilagante apostasia delle Nazioni. Certi ambienti della blogosfera saccheggiano le prime pagine dell’opera – ignorandone completamente il contesto – e le usano per affermare praticamente il contrario di ciò che l’opera espone.

Di tanto in tanto capita d’imbattersi in pagine internet che rivendicano a sé il titolo di “cattoliche” e che attraggono proseliti sciorinando apocalittici discorsi sul tema “l’apostasia della/nella Chiesa”. 

Può capitare ad esempio di leggere parole come queste: 

Ora, a parte il colpo che dà un errore di contenuto nella prima parola del testo (il titolo italiano dell’opera è “L’Anticristo”), l’evidenza che l’anonimo arruffapopoli del web non ha idea di chi fosse Augustin Lémann (nato Achille…) si vede dalla quarta parola: cardinale non fu mai, né lui né il suo fratello gemello Joseph (nato Édouard…), i quali solo nel 1908 – un anno prima della morte di Augustin e sette prima di quella di Joseph – furono nominati Prelati della Casa Pontificia (ossia monsignori). L’opera poi è del 1905, e del resto nel 1919 Rafaél Merry Del Val non avrebbe potuto ringraziare chicchessia con tanta ufficialità, non essendo più Segretario di Stato da quattro anni. Quando chi inanella nel primo periodo più errori che righe comincia il secondo con le parole “forse pochi sanno…” ci sarebbe al contempo da ridere e da piangere: gente che non sa delimitare le banali coordinate contestuali di un libro edito poco più di cent’anni fa s’illude (e illude!) di disserrare gli arcani dei sacri apici. 

Scrivevamo dei Lémann, ossia dei due gemelli lionesi, perché la loro vicenda personale è quanto mai inseparabile dalla prolifica opera di entrambi, e in particolare da quella di Augustin: nacquero entrambi infatti in una famiglia di ebrei askenaziti lionesi, nel 1836, rimasero precocemente orfani e a 18 anni credettero di ritrovare la maternità nella Chiesa cattolica e la paternità nella vicinanza a papa Pio IX (non fu certo Eugenio Mortara l’unico ebreo che incrociò i passi di Mastai Ferretti…). Nel 1860 infatti, quando loro avevano 24 anni e “l’immortale” Pio IX era sul soglio petrino già da 14, i due furono ordinati sacerdoti. Chiaramente la loro ebraicità fu preziosa per l’apostolato a cui furono riservati, nelle regioni ancora non “sionistizzate” della Palestina, ed essa fu pure la nota dominante della loro feconda produzione letteraria: scrissero decine e decine di opere e opuscoli in massima parte per elaborare la commistione della loro fede cristiana con l’ascendenza giudaica, ovvero per lumeggiare il mistero storico del popolo della prima alleanza. 

Senza queste conoscenze è impossibile leggere L’Anticristo (alcune delle cui pagine avrebbero oggi un sapore fortemente antisemita), e sebbene i redattori dei sitercoli di cui sopra non corrano evidentemente tale pericolo – si limitano a citare alcuni passaggi dei primi paragrafi del primo capitolo… – può invece avere per noi un qualche senso sfogliare l’intera opera e coglierne alcune intuizioni dominanti. 

Certamente a un saggio come quello bisogna fare la tara da più punti di vista: 

    Ciò detto, è bene anzitutto chiarire a chi si riferisce l’apostasia di cui si parla nel libro… e a chi non si riferisce. La prima questione si scioglie agilmente, poiché i bersagli vengono indicati apertamente e ripetutamente: si tratta dei massoni, e in particolare di quelli europei, massime di quelli francesi, rei a giudizio dell’autore di aver verificato in Francia l’eventualità paventata dall’anziano papa Pecci, quella cioè di aver ricostruito lo stato «sulle basi del naturalismo pagano». A distanza di più di un secolo, verrebbe da dire: «Avercene, di pagani!». Il “paganesimo” di quanti promossero l’acre laicismo della legge Stato-Chiesa del 1905 era come una rosa recisa, che già mentre veniva esposta, ammirata ed annusata stava fatalmente e irrimediabilmente deperendo: già a metà del secolo intercorso, il francesissimo Jean Daniélou (che fu cardinale, lui sì…) scriveva che il XX secolo stava vistosamente erodendo proprio quel naturalismo al punto da far rimpiangere alla Chiesa l’interlocuzione dei “pagani” che lo avevano formulato. 

    Meno agevole, ovviamente, è rispondere alla questione su chi non fosse il bersaglio polemico di Lémann, ma una cosa è certissima: l’askenazita convertito e fatto prete, nonché docile collaboratore di Pio IX financo al Vaticano I (!), non additava alcuna “apostasia della/nella Chiesa”. L’apostasia di cui Lémann parla, quella causata e mossa dai massoni, è anzitutto apostasia delle nazioni, che si sottraggono al “pacifico giogo” di Santa Madre Chiesa: 

    Si parla di cristiani (il che è ovvio: non ha senso dire che un non-cristiano faccia apostasia dal cristianesimo), ma mai di Chiesa. E chi sarebbe il personaggio fatale destinato a guidare tale apostasia alle sue parossistiche e ultime conseguenze? Chi significherebbe la misteriosa maschera dell’Anticristo

    L’esegesi è suggestiva, pur nella sua vaghezza, ma Lémann non le concede un assenso molto forte: 

    L’Anticristo sarà dunque una persona fisica, un essere umano, e Lémann enumera alcune “certezze” (così le chiama lui) desunte dalle Scritture, poi altre “probabilità”, infine alcuni punti “indecisi” in merito alla figura apocalittica dell’Anticristo. Si discute lungamente, ad esempio, l’ipotesi (non priva di numerosi appoggi tradizionali) che l’Anticristo sorgerà “dalla tribù di Dan”, e che dunque necessariamente sarà giudeo. Egli stesso però si risolve nel ricordare (in generale riguardo alla figura) che 

    Dure parole sono spese contro il movimento sionista, che proprio in quegli anni deliberava di ricostruire Israele acquistando terra in Palestina, e pertanto declinava la proposta del Regno Unito di fondare uno Stato in Uganda. 

    Correttamente Lémann mette in guardia da quello che chiama “figurismo” e che con parola più moderna gli studiosi chiamerebbero oggi “allegorismo”, cioè dagli eccessi di un esuberante e incontrollato ricorso all’allegoresi, specialmente attorno alle cose ultime. 

    Alcune della pagine più belle dell’opuscolo si leggono nel capitolo IV, nel quale Lémann ribadisce che all’azione demoniaca dell’Anticristo infallibilmente resisteranno 

      Il primo punto sarebbe utilissimo per quanti neanche immaginano quanto testi come questo siano inservibili nella loro ostinata (s)crociata contro il Romano Pontefice, ma ci limitiamo qui a invitarli a recuperarne le pagine; la trattazione dell’ultimo richiederebbe troppe premesse e puntualizzazioni; il secondo se lo aspettavano tutti ed è il meno sorprendente della tetrade… resta il terzo, che sessant’anni prima dei documenti del Vaticano II (con la ritrovata enfasi sulla categoria di “popolo di Dio” come soggetto di fede) è degno di una certa stupita attenzione. Ne riportiamo qualche rigo: 

      Una pagina che per la sapienza e la pietà che trasuda vale da sola la lettura del libro. E c’è dell’altro, invece, che quanti impugnano (senza averle lette) queste pagine per colpire il Romano Pontefice vaneggiando di apostasia e di anticristo farebbero bene a leggere: Lémann ricorda infatti che 

      E Lémann compilò a corredo di questo promemoria un accurato elenco di arruffapopoli che, dal IX al XX secolo indicarono l’ora della venuta dell’Anticristo (in diversi casi corredò il dato con le informazioni sulla debita censura ecclesiastica). 

      Effettivamente fin dai primi secoli i dottori cattolici hanno visto “l’Anticristo alle porte”, ed è aprioristicamente vero che un evento del futuro storico “si avvicina” sempre di più a ogni secondo che passa… Inoltre fin dalla disputa sui lapsi si è discusso di defezioni e di apostasie, ovviamente nella Chiesa (per la già ricordata ragione che non avrebbe senso parlare d’altro)… ma mai i cristiani hanno inteso l’apostasia come qualcosa che riguardasse “la Chiesa” in quanto tale. Lo stesso Paolo VI, in quel poetico accenno al “fumo di Satana che è entrato nel tempio di Dio”, non disse altro, come non altro disse il card. Ratzinger nella memorabile Via Crucis al Colosseo del 2005: sono sempre i cristiani a peccare, perfino a fare apostasia, ma mai la Chiesa in quanto tale. Dire questo, sì, sarebbe una vera novità nella storia del cristianesimo – e un’eresia. 

      [traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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