Nelle catacombe romane si trova talvolta questa iscrizione lapidaria: «Di questo/a Dio sa il nome». Si tratta della sepoltura di un cristiano o di una cristiana ucciso/a in odium fidei durante un’ondata di persecuzioni, la cui comunità è sopraggiunta a recuperare le spoglie per seppellirle onorevolmente.
In linea di principio, il diritto romano lo proibiva ai suppliziati che non si riuscivano a identificare, e capitava che i cristiani torturati, sbranati dalle bestie o bruciati dalle fiamme fossero irriconoscibili. A questi martiri anonimi se ne aggiunge uno dal destino ancora più curioso, perché figura perfino nel calendario dei santi. Vi compare, sì, ma con un nome di fantasia – Adauctus, italianizzato in Adaucto, che significa “l’Aggiunto”.
La storia si svolge, stando alla tradizione, a Roma nel 304, all’apice della repressione contro la Chiesa voluta da Diocleziano. I tribunali mandavano al martirio fedeli a decine, durante il soggiorno dell’imperatore nell’Urbe: in alcuni casi – come quello di sant’Agnese – si trattava di persone appena uscite dall’infanzia. Lo spettacolo attirava ogni giorno dei curiosi, ma anche dei fratelli e delle sorelle sopraggiunti per sostenere nella prova i testimoni. Quel giorno il giudice aveva appena mandato al patibolo un uomo di nome Felice, e questo avanzava verso la morte con tanto coraggio e tanta fede che gli astanti, per quanto impassibili, restarono ammirati dalla sua costanza.
Come quello arrivò sul luogo del supplizio, un uomo avanzò dalla folla gridando: «Anch’io sono cristiano! Lasciatemi morire con lui!». La cosa non dovette neppure essere così rara: si sono visti un po’ dappertutto, in tutte le epoche, fedeli improvvisamente eccitati dall’esempio dei martiri al punto da denunciarsi spontaneamente per condividere la gloria di quanti confessavano la fede e assicurarsi il paradiso – a buon prezzo, ritenevano quelli. A Pergamo, mentre il vescovo Carpos e il diacono Papylos venivano condotti al rogo, una giovane donna di nome Agathonice, si era messa in piedi su una gradinata proclamando di vedere «il beato festino dell’Agnello», e che era giunta per lei «l’ora di accomodarvisi».
Affidando a una vicina il suo ultimo nato, che ancora allattava, si unì ai due uomini cantando il cantico: «Il mio animo, Signore, corre verso Te!». Era il febbraio del 251. Nel dicembre 298, due cancellieri militari – uno, Cassiano, a Tangerei, l’altro, Genesio, ad Arles – si erano rifiutati di redigere la sentenza di condanna di soldati e ufficiali cristiani, preferendo unirsi al loro destino.
Capitava anche che, spontaneamente, alcuni fedeli andassero a sostituirsi a un infelice che la paura dei supplizi aveva condotto all’apostasia. A Efeso la giovane Dionisia si era così offerta «in luogo e al posto del miserabile» che sotto tortura aveva appena rinnegato Cristo (senza guadagnare granché, fra l’altro, perché morì comunque per le ferite pochi minuti più tardi).
La storia più bella, in quest’àmbito (anche se taluni non vi leggono che una pia leggenda sul perdono cristiano), è certamente quella di san Niceforo. La scena si svolge in Siria, dalle parti di Antiochia. Niceforo aveva litigato da anni con un prete di nome Sapricio, che una volta era suo amico. Apprendendo dell’arresto e della condanna di quest’ultimo, Niceforo non resse all’idea di lasciarlo morire senza essersi riconciliato con lui. Accorse dunque sul luogo dell’esecuzione e, gettandosi ai piedi di Sapricio, gli baciò le mani dicendo: «Perdonami, martire di Cristo!». Sapricio però, indurendo il volto, scostò il capo e gli rifiutò il proprio perdono: preso dal panico, all’improvviso Sapricio apostatò per sfuggire alla morte, e Niceforo si offrì al boia al suo posto.
Ma torniamo al nostro passante sconvolto dalla tenuta morale del martire Felice, e che condivise il suo supplizio e la sua gloria. Martire autentico, incontestabile, ma pure un perfetto sconosciuto. Nessuno lo conosceva, nemmeno di vista, né sapeva il suo nome. Senza dubbio era un viaggiatore di passaggio. Per non privarlo della gloria dovuta al suo atto, lo iscrissero al calendario sotto lo pseudonimo de “l’Aggiunto”. Questo operaio dell’ultima ora è celebrato il 30 agosto.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]