Il Vangelo di oggi è una parola strana, parla di una generazione - coeva a quella di Gesù - i farisei, che con violenza si scagliano contro i padri, contro chi è venuto prima. Si sentono superiori, ma sono ipocriti ed è per questo che Gesù li accusa pubblicamente:
E' una parola strana, non immediatamente comprensibile, almeno per me, fino a quando non mi sono imbattuto in una notizia riportata il giorno prima sul blog di Concita De Gregorio, su Repubblica. L'ex direttrice de L'Unità raccontava di una conversazione avuta con un avvocato che le ha svelato un trend molto particolare: i figli fanno sempre più spesso causa ai genitori. Riporta la De Gregorio:
Forse è un paragone errato, forse è perfino tirato, tuttavia questa notizia, questa violenza - psicologica, a volte fisica - dei figli verso i genitori, mi sembrava la stessa dei farisei. Gli uni si credevano puri, meritevoli della benevolenza del Signore, i figli moderni si sentono meritevoli delle sostanze dei loro genitori (torna alla mente la parabola del Figliol Prodigo che si fa dare la sua parte di eredità) senza accettare il peso dell'eredità: la morte. Godere della ricchezza (grande o piccola) senza passare per il crogiolo del dolore, prendere senza farsi prendere dal lutto, in pratica "rubare".
Tuttavia alla mentalità farisaica le Sacre Scritture contrappongono la missione di Elia e di Giovanni Battista, che deve tornare a "ricondurre il cuore dei padri verso i figli e quello dei figli verso i padri". Ognuno di noi è figlio dei propri genitori, accusarli di qualche mancanza senza esercitare il perdono e la riconciliazione, non fa altro che accusarci di iniquità a nostra volta. Vale per i farisei del tempo di Gesù, e vale per le generazioni di oggi pronte ad accusare i genitori e le generazioni precedenti di ogni errore e di ogni nefandezza senza però avere il coraggio di porgere una mano e dire: "avete sbagliato, rimediamo insieme, come una famiglia". Ecco - forse - qual è il problema che l'avvocato non ha capito...