di Pablo Perazzo
Questa volta vorrei condividere con voi un dialogo spirituale che abbiamo avuto in un gruppo di pastorale della mia parrocchia. In quella riunione abbiamo parlato dell'inferno, del mistero del male, dell'oscurità, del peccato e delle miserie che abitano nel nostro cuore. E di come lasciarsi amare da Dio in questo contesto.
È stata una condivisione molto dura, forte, senza mezze misure, difficile da ascoltare, ma al contempo piena di luce, pace, amore e della serenità che ci può dare solo lo sguardo misericordioso del Padre.
Quando vogliamo affrontare con trasparenza e onestà le realtà dure e terribili della nostra vita, in genere, influenzati dalla cultura del mondo in cui viviamo, tendiamo ad addolcire o a moderare il peso della loro malvagità e perversità.
Alcuni più di altri, ovviamente... Ciascuno può compiere il proprio esame di coscienza e analizzare la miseria che si annida nel suo cuore.
Ricordiamo che, grazie al Battesimo, siamo templi dello Spirito Santo. Dobbiamo anche riconoscere, però, che dentro di noi ci sono anche peccati, infedeltà e ogni tipo di miserie che ci allontanano da Dio.
È duro dirlo, ma dobbiamo guardarci allo specchio e riconoscere che come la nostra vita è piena di fatti ed esperienze meravigliose, è anche intrappolata dall'oscurità e dalle tenebre del passato.
L'unico modo di guardare il peso e la gravità della nostra miseria è con gli occhi misericordiosi del Padre. Ricordiamo la parabola del figliol prodigo, quando il padre, da lontano, si rende conto che il figlio sta tornando.
Sa molto bene che ha sprecato la sua eredità, ma sembrerebbe che non gli importi di tutto ciò che ha fatto, ma solo che sia vivo, che sia tornato. Continua ad amarlo come prima. Anzi, sembra che voglia mostrargli ancor di più il suo amore. Organizza una grande festa, gli dà un anello, vestiti nuovi e sandali (Luca 15, 11-32).
Anche in altri passi del Vangelo constatiamo che il Signore ha un amore preferenziale per i peccatori: la donna scoperta in flagrante adulterio (Giovanni 7, 53 -8,11), la samaritana (Giovanni 4, 1-42)...
O quando va a casa di Zaccheo (Luca 19, 1-10), l'esattore delle tasse, o incontra la donna che Gli asciuga i piedi con i capelli (Luca 7, 36-50) in casa del fariseo.
Abbondano i passi in cui Gesù ci mostra che il Suo Amore non cambia per i nostri peccati. Anzi, è morto sulla Croce per i peccatori. È venuto a salvarci, non a giudicarci.
Quante volte siamo noi stessi a giudicarci con atteggiamento da giustizieri! Ci costa guardare e riconoscere il peso dei nostri peccati e delle nostre miserie, perché è doloroso. A nessuno piace il suo peccato.
Ovviamente suscita rifiuto e una profonda tristezza la consapevolezza di fuggire e rifiutare l'Amore di Dio. Scopriamo nel nostro cuore quella doppia volontà descritta tanto bene da San Paolo quando dice che lo Spirito vuole l'amore ma la nostra carne è debole (Matteo 26, 41).
Il problema è che quando capita questo in realtà stiamo fuggendo da noi stessi. Difficile? Sì, ma dobbiamo farlo, perché se non moriamo con Cristo, non partecipiamo nemmeno alla Sua resurrezione (Romani 6, 8-18).
Ci costa perdonare noi stessi. Se non ci vediamo con gli occhi del Padre, la consapevolezza dei nostri peccati e l'oscurità in cui spesso viviamo ci fanno cadere nel pessimismo e nella disperazione. Accettare e riconoscere con umiltà e serenità il nostro lato oscuro è possibile solo con la luce della Verità, che deriva dall'incontro con Dio.
L'“altro sguardo” è quello che impariamo dal mondo o dal demonio, che ci rimprovera per il fatto di cadere sempre negli stessi peccati. E così non riusciremo mai a perdonarci.
Non potremo sopportare di guardarci e riconoscerci. Senza quell'Amore di Dio, cosa ci può sostenere? Quale speranza possiamo avere, se sappiamo che da anni zoppichiamo con lo stesso piede, che confessiamo gli stessi peccati?
Arriviamo al punto di credere – come dice il fratello maggiore nella parabola del Padre misericordioso – che non meritiamo l'Amore del Padre, perché siamo peccatori.
La verità è che in effetti per la nostra condotta non meritiamo l'Amore di Dio, ma questo è un modo umano di pensare. Rendiamo grazie a Dio, perché il Suo Amore è diverso. Supera il nostro tradimento, e ci ha inviato il Suo Figlio unigenito per salvarci dai nostri peccati.
È vero che per i nostri peccati – anche se sembra orribile e difficile da riconoscere – meritiamo l'inferno. Non c'è nulla che possiamo fare per cui meritare la Gloria di Dio in Cielo. Non la meritiamo, siamo indegni peccatori.
Ciò che è certo, però, è che Dio ci ama gratuitamente, e Cristo ha voluto dare la vita sulla Croce per libera volontà. Perché ci ama. Ci ha restituito la possibilità di entrare in Cielo, semplicemente per il Suo Amore gratuito.
Per colpa del peccato abbiamo perso la nostra somiglianza, e anziché essere inclini all'amore abbiamo la concupiscenza che ci istiga a vivere l'egoismo. Sappiamo, però, che non siamo stati completamente spezzati per il fatto di esserci allontanati da Dio. Siamo ancora buoni per natura, anche se feriti dal peccato.
La grande sfida che ci aspetta è un combattimento spirituale, che implica il fatto di essere fedeli all'amore che Dio ha per noi e di rifiutare il peccato, impegnandoci ad essere responsabili della nostra libertà, optando per la Verità e incamminandoci verso ciò che è Buono. Siamo chiamati ad essere un altro Cristo, come ci invita spesso San Paolo (Filippesi 1, 21 / Galati 2, 20).
Chiediamo infine a Dio di concederci la grazia di guardarci dalla Sua Misericordia, e di non aver paura di riconoscere il peccato che abita nel nostro cuore. Che possiamo essere illuminati da Cristo, se apriamo il cuore e lasciamo che Egli perdoni e guarisca le nostre ferite, tornando alla comunione con il Padre.
Confidiamo nel fatto che il Signore ci perdona sempre, nella misura in cui riconosciamo con umiltà chi siamo e come siamo davanti a Dio. Non nascondiamoci per i nostri peccati, ma lasciamoci riconciliare da Dio (2 Corinzi 5, 20).