Nel numero di domenica 8 Agosto, Roberto Saviano in un lungo e interessantissimo articolo biografico sulla boss Maria Licciardi, dopo aver sottolineato come il regno di terrore, morte e spaccio di droga della "Piccerella" (come la Licciardi è conosciuta) si fondi sui rapporti familiari, sui matrimoni di interesse, sui legami di sangue arriva a dire - sic et simpliciter - che il concetto stesso di famiglia è la causa delle mafie:
Se ieri - con un coraggio da leone - Roberto Saviano se la prendeva con la Camorra, oggi decide che il nuovo nemico è ancora più antico: la famiglia. Eppure tanto sono forti le mafie (e lo sono ancora troppo, ahinoi) tanto è indebolita e vilipesa la famiglia e sempre più non gode di - come si dice - di buona stampa. Facile insomma prendersela con quel nucleo primigenio di socialità che appunto è sempre più demolito e vilipeso, e che con difficoltà cerca di fare il proprio dovere storico: formare le nuove generazioni, coltivarne lo sviluppo affettivo e morale, insegnare alle generazioni a parlarsi. Talmente debole che addirittura viene intesa come causa del pensiero mafioso (anche fuori dalle attività strettamente criminali).
Eppure ci vuole poco a capire che qualcosa non quadra. Un primo spunto ce lo consegna Giuliano Guzzo, sociologo e articolista su La Verità, sul suo blog:
Gli studi dicono assolutamente che la stabilità dei legami familiari inserisce le persone (i figli in particolare) dentro la società in maniera positiva, con più bassi tassi di criminalità. In particolare la figura paterna non è certo da confondersi con quella del padrino mafioso.
I legami di quelle famiglie sono disfunzionali per definizione: come si può uccidere e far uccidere e al contempo amare in modo libero? E' impossibile. L'amore in quei contesti è superficiale e assomiglia al possesso. Possiamo dunque prendere a modello la versione nevrotica della famiglia ed elevarla ad esempio? No, esattamente come non posso prendere un malato ed elevarlo a condizione di esempio dello stato di salute uguale per tutti.
Saviano si rifà nel suo articolo ad una frase dello scrittore francese e premio Nobel per la letteratura, André Gide: "Famiglie! Focolari chiusi; porte serrate; geloso possesso della felicità Vi detesto". Ma Gide nacque in ambienti puritani e scontò una vita difficile a causa dell'opposizione in famiglia al suo matrimonio con la cugina, mentre nella sua vita sperimentava l'omosessualità. Di nuovo si prende a maestro l'eccezione, e non la norma.
Si vuole creare scandalo tra i borghesi, come se la società fosse la stessa di settant'anni fa ma la verità è che non c'è nulla di più banale che attaccare la famiglia oggi. E allora facciamo nostre le parole del filosofo e sociologo Pierpaolo Donati, che ci ricorda che le aspettative e le speranze di Saviano sono vetuste, e anche invecchiate malino:
Il professore - di cui abbiamo citato poc'anzi un intervento del 2010 - risponde idealmente a Saviano che mette a confronto la rapacità delle famiglie del grande capitalismo internazionale con quelle della mafia, non senza fare un parallelo interessante va riconosciuto, ma trasformando il particolare in generale, anzi in universale: tutte le famiglie, anzi la famiglia stessa. Ecco dunque la risposta preziosa perché profetica:
Quello che fa Saviano è fermare il film della storia su un singolo fotogramma e da esso dedurre l'intero copione. Il tema della famiglia è che proprio nel passaggio della modernità è stata svilita della sua funzione sociale, e "privatizzata" e oggi l'epoca postmoderna fa lo stesso errore di Saviano: osserva quel che resta della famiglia e ne decreta non solo l'inutilità, ma la dannosità, quando invece le possibilità della famiglia di essere motore della socialità sono incommensurabili come la storia delle civiltà ci ha insegnato. Ecco che dunque Roberto Saviano, in quanto intellettuale pubblico, ha perso una occasione, non certo quella di stare zitto, ma quella di aprire un dibattito costruttivo, specie in un momento storico - quello della pandemia Covid - che ha dimostrato che la famiglia è stata la riserva di socialità e di educazione civica del Paese, proprio mentre le istituzioni latitavano, chi si è sobbarcato l'onere del lockdown, quello della didattica a distanza, quello delle settimane e i mesi chiusi in casa, quello dei costi economici e sociali, sono state proprio le famiglie.