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Vorrei un maglione da Tom Daley, non un manifesto

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Giovanna Binci - pubblicato il 05/08/21
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Ha fatto il giro del mondo la foto di Tom Daley che lavora a maglia sugli spalti di Tokyo 2021. Però, se le etichette davvero le vogliamo solo sui maglioni, perché continuiamo a darcele?

Sto facendo la gavetta per entrare nel club più esclusivo della mia parrocchia. No, niente ministri della comunione o Consiglio economico: a me interessa la chichissima confraternita delle "over 75 della prima panca" ("vecchietta" dillo a chi non va dalla parrucchiera tutte le settimane e non riesce a fare le ore piccole, quelle vere, per arrivare puntuale alla messa feriale delle 8, baby). 

Ho cominciato tirando fuori gli orecchini d'oro e aggiungendo qualche tailleur al guardaroba anche se temo che fin quando non metto un cappellino a falda non mi faranno mai guidare il rosario prima della messa delle 18. 

Tom Daley e i suoi ferri delle meraviglie, avrebbero, al momento, più chance di me. Si sa, quelle "ragazze" con due schemi introvabili (magari pure fotocopiati in A3, ingranditi di due volte) e un numero otto sono tue. Non so come sta messo, a fede e messe feriali, il campione di tuffi sincronizzati inglese, oro a Tokyo 2021. Sulle messe feriali nemmeno io vado tanto bene, Tom, devo dire. Ho una mezza idea, dalla scelta del neo campione di sposarsi col compagno regista e di avere un figlio con maternità surrogata in USA, ma spero che questo non gli impedisca di farmi un maglione. Io (e credo anche le vecchiette) ci dissociamo dalle scelte, ma non dalla persona. Quella noi (e soprattutto Lui), la aspettiamo sempre alla prima panca (le vecchiette ci saranno di certo, io devo un attimo mettere 36282 sveglie e arrivo puntuale. Forse). 

Le Olimpiadi di Tokyo 2021 sono state già etichettate come le più LGBTQ+ della storia. Lo stesso Daley ha voluto fare un bis del suo coming out sul podio.

Tanto per ribadire il concetto che le etichette non ci piacciono, l'orientamento sessuale non dovrebbe fare più notizia o essere solo una questione personale, ma certe occasioni di risonanza mediatica non si possono lasciar sfuggire di questi tempi. 

È vero, le persone non dovrebbero sentirsi mai sole come ha detto Tom. Non solo quelle LGBTQ+ (mi viene da chiedermi se suo figlio senta mai il vuoto lasciato da una madre surrogata in cui è stato per nove mesi, ad esempio). Non ci sono risultati olimpici o personali che possano riscattare certi dolori. Focalizzarci solo su quelli come prova di essere riusciti non libera dal rancore, ma è più una vendetta amara.

Quando le persone diventano bandiere poi è difficile (più difficile che insegnare a una come me a tenere i ferri. Impresa disperata vi assicuro) vederle come le anime belle, capaci che sono e non meri orientamenti sessuali. Ci si aspetta che dicano, che facciano manifesti di ogni cosa che fanno…o sferruzzano. Io invece vorrei un maglione, da Tom. Non un manifesto.

Che Tom sia cintura nera di maglia, non era un segreto nemmeno prima della foto che lo ha immortalato a lavorare di santa ragione sugli spalti di Tokyo alla finale del trampolino femminile. Basta farsi un giro sul suo profilo IG "made with love by Tom". Un hobby in cui il giovane è incappato durante il lockdown e che ha deciso di approfondire, con ottimi e colorati risultati. Uno dei suoi maglioni è stato venduto all'asta su una piattaforma di crowdfunding raggiungendo la cifra record di sei mila sterline in quattordici giorni. I fondi sono Stati destinati alla lotta contro i tumori al cervello, il male che ha portato via nel 2011 il padre dello stesso Daley. 

Ti avverto, Tom, se mai deciderai di entrare nel club della prima panca (e io quel posto non me lo lascerei scappare) e le ragazze scoprono che lavori gratis per scopi benefici, è un attimo che ti mettono sotto pure per la bancarella di Natale! 

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