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Perché Papa Francesco continua a nominare vescovi in Cina?

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Ary Waldir Ramos Díaz - pubblicato il 30/07/21
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Il Vaticano ha informato della nomina del quinto vescovo cinese dopo l'accordo che la Santa Sede ha firmato con il Governo tre anni fa

Mercoledì 28 luglio, nella cattedrale di Pingliang, nella provincia cinese di Gansu, ha avuto luogo la cerimonia di ordinazione episcopale del sacerdote Anthony Li Hui, nominato da Papa Francesco coadiutore di Pingliang l'11 gennaio scorso.

Monsignor Li è il quinto vescovo cinese nominato e ordinato in virtù dell'Accordo Provvisorio sulla Nomina dei Vescovi in Cina, ha confermato alla stampa il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni.

La cerimonia di ordinazione, secondo il sito web della Chiesa cattolica cinese, è stata presieduta dal vescovo di Kunming, provincia dello Yunnan, monsignor Joseph Ma Yinglin.

Il nuovo vescovo è nato nel 1972 nella contea di Mei, provincia di Shaanxi, è entrato nel seminario diocesano di Pingliang nel 1990 e si è laureato presso il Seminario Nazionale della Chiesa Cattolica Cinese. È sacerdote dal 1996.

L'Accordo

Il 22 settembre 2018, la Santa Sede ha annunciato la firma dell'Accordo Provvisorio con la Cina per la Nomina dei Vescovi.

Successivamente, due presuli cinesi hanno partecipato al Sinodo dei Giovani che ha avuto luogo in Vaticano il 28 ottobre di quell'anno. Nell'omelia che ha aperto l'evento, Papa Francesco li ha accolti come un “pastore” che ha sempre voluto riunire il gregge del Signore.

L'Accordo ad experimentum era entrato in vigore un mese dopo essere stato stabilito, ed è stata la prima volta in cui il Partito Comunista in Cina ha riconosciuto la leadership spirituale del Successore di Pietro da quando è stato fondato nel 1921 da Mao Tse Tung.

In Cina dopo la morte di Mao è stata instaurata una “discreta tolleranza” nei confronti delle religioni, e anche la Chiesa cattolica ha trovato una certa possibilità di riorganizzare la sua vita e la sua attività a livello pubblico.

Giovanni Paolo II e Benedetto XVI

Per sostenere la vita della comunità cattolica, Giovanni Paolo II ha attribuito ai vescovi legittimi alcune facoltà – chiamate “facoltà speciali” -, tra cui quella di poter ordinare in modo autonomo un vescovo come proprio successore.

In questo modo si è giunti ad avere un certo numero di vescovi che non aderivano all'Associazione Patriottica, con un seguito proprio di fedeli e anche di seminaristi.

Allo stesso modo, un crescente numero di vescovi “illegittimi”, aderenti all'Associazione, ha chiesto in modo riservato e ottenuto la comunione con il Santo Padre, trovandosi così nella condizione di essere riconosciuti da entrambe le parti.

Benedetto XVI, citando Giovanni Paolo II, ha sostenuto che la Santa Sede sperava di aprire uno spazio di dialogo in cui, superando le “incomprensioni del passato”, si cercasse di ampliare le relazioni.

I predecessori di Papa Francesco concordavano sul fatto che la Chiesa deve lavorare con le autorità del Paese “per il bene del popolo cinese e per la pace nel mondo” (Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi, Sacerdoti, Consacrati e Fedeli Laici della Chiesa Cattolica nella Repubblica Popolare Cinese, n. 4).

Circa le nomine, Benedetto XVI ha scritto nella sua Lettera ai cattolici cinesi del 2007: “Si può comprendere che le Autorità governative siano attente alla scelta di coloro che svolgeranno l'importante ruolo di guide e di pastori delle comunità cattoliche locali”, ma che “il Papa, quando concede il mandato apostolico per l'ordinazione di un Vescovo, esercita la sua suprema autorità spirituale: autorità ed intervento, che rimangono nell'ambito strettamente religioso. Non si tratta quindi di un'autorità politica, che si intromette indebitamente negli affari interni di uno Stato e ne lede la sovranità”.

Io sono il responsabile”


“Io sono il responsabile” dell'accordo, ha detto Papa Francesco durante il volo di ritorno del suo viaggio in Lettonia, Lituania ed Estonia alla fine di settembre 2018.

Il Pontefice aveva spiegato ai giornalisti che i casi dei vescovi che non erano in comunione con la Chiesa prima dell'accordo sono stati studiati “caso per caso”.

“Le situazioni dei vescovi che erano in difficoltà sono state studiate caso per caso, e alla fine i dossier sono arrivati sulla mia scrivania e sono stato io il responsabile della firma, nel caso dei vescovi”.

I cattolici soffrono

CHINA

Il Papa ha anche riconosciuto che i cattolici, fedeli a Gesù e attenti a Roma, hanno affrontato “resistenza” e hanno ammesso che “soffriranno. Sempre in un accordo c’è sofferenza. Ma loro hanno una grande fede”.

Quanto all'Accordo Provvisorio, Papa Francesco ha ricordato che “la cosa si fa in dialogo. Ma la nomina è di Roma; la nomina è del Papa, questo è chiaro. E preghiamo per le sofferenze di alcuni che non capiscono o che hanno alle spalle tanti anni di clandestinità”.

Va ricordato che il 26 settembre 2018 il vescovo di Roma ha inviato un messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale sollecitando “gesti concreti e visibili” ai vescovi a cui è stata sollevata la scomunica.

Accordo imperfetto?

L’Osservatore Romano, dopo la firma dell'Accordo, ha riconosciuto in un editoriale che “non sono state affrontate tutte le questioni aperte o le situazioni che suscitano ancora preoccupazione per la Chiesa, ma esclusivamente l’argomento delle nomine episcopali, decisivo e imprescindibile per garantire la vita ordinaria della Chiesa, in Cina come in tutte le parti del mondo”.

Dal canto suo, il cardinale Parolin ha ammesso che era consapevole dell'esistenza di vari problemi relativi alla vita della Chiesa cattolica in Cina, ma anche dell'impossibilità di affrontarli tutti insieme (conferenza a Milano il 3 maggio in occasione del 150° anniversario dell'arrivo dei missionari del PIME a Henan).

Esperti di questioni ecclesiali e di Cina speculano sul fatto che non si tratti di un accordo perfetto, ma è stato un passo avanti nei rapporti tra il Vaticano e Pechino, risultato di un dialogo difficile in un contesto delicato, da quando il Partito Comunista cinese ha rotto le relazioni nel 1949.

Opposizione

Il più acerrimo oppositore dell'Accordo Provvisorio è stato il vescovo emerito di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen Ze kiun, che il 12 gennaio 2018 ha detto che il Vaticano stava “vendendo” la Chiesa cattolica in Cina.

Il cardinale ha attaccato il tentativo del Vaticano di giungere a un accordo con la Cina, ma può esserci qualcosa in comune con un regime totalitario? Si può immaginare un accordo tra San Giuseppe e il re Erode?

Libertà religiosa

La Chiesa in Cina subisce ancora persecuzioni velate o dirette. Di recente, l'agenzia AsiaNews ha reso noto che padre Joseph Liu, della diocesi di Mindong (Fujian), è stato arrestato dalla Polizia per il suo rifiuto a unirsi alla Chiesa Indipendente.

Qualcosa di simile è accaduto al vescovo di Xinxiang (Henan), monsignor Joseph Zhang Weizhu. Dopo essere stato arrestato a maggio insieme a 10 sacerdoti e ad altrettanti seminaristi, ancora non è più saputo niente di lui.

Le autorità cinesi hanno anche emanato alcune norme che impediscono, tra le altre cose, che i minori di 18 anni assistano a eventi propri del culto come la Messa.

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