Ho familiarità con la parola desiderio; vengo dalla provvidenziale storia di Comunione e Liberazione e quando eravamo ragazzi di Gioventù Studentesca prima e del CLU dopo (la U sta per Universitari) era la chiave di tutti i nostri discorsi, di tutte le scuole di comunità, delle omelie persino; e anche delle chiacchierate serali e notturne con altri compagni di viaggio.
Che cosa desideri davvero? Quali sono le esigenze fondamentali della tua vita? Stai obbedendo al tuo cuore? E ci premuravamo di rassicurarci che non si trattava di superficiali voglie o fugaci sentimenti ma proprio di quella materia indistruttibile, in parte misteriosa ma innegabile, che ci costituiva in ogni fibra del nostro essere.
Finalmente, pensavamo con il cuore che ci saltava in gola per la sorpresa, qualcuno ha preso sul serio questo groviglio di attese che ci si agitano dentro e che tutti gli altri, a partire a volte da genitori con le migliori intenzioni, ci invitano a ridimensionare, aspettare che passi, o a sfogare, senza farci troppo male.
No, il nostro cuore, tutto di noi è desiderio.
Don Giussani ci ha educati a decifrare l'enigma che siamo, a giocarlo nella realtà, a sentire che quell'inquietudine insonne che tutti ci accompagnava era la più grande benedizione che ci potesse capitare. Perché aveva una risposta ed era presente e viva.
Ci ha fatto sentire così fieri e carichi di responsabilità per il semplice fatto di essere giovani; di essere fuoco che arde.
E' stato il primo, nella mia vita, a farmi comprendere che ciò che sentivo nelle regioni più profonde del mio spirito era una cosa seria, fondamentale, talmente vera e decisiva che tutto il resto ci girava intorno.
Quanto abbiamo riso, sciocchi, del "e questo cosa c'entra con le stelle?!" che i più grandi ci ripetevano spesso: è un episodio che racconta di un giovane Giussani che si era avvicinato col suo piglio lombardo e la sua fede ardente a una coppietta intenta a effusioni romantiche sotto una stellata memorabile.
E pare che li abbia proprio apostrofati così: cosa c'entra tutto questo - il vostro piacervi, l'attrazione erotica che assecondate, il vostro perdervi l'uno negli occhi degli altri - con le stelle, cioè con l'altezza e la totalità della realtà, e con il vostro desiderio più profondo?
Chissà che faccia avranno fatto quei due e come si saranno risentiti di essere stati interrotti.
E chissà, invece, come nel tempo saranno stati grati a quel sacerdote eccentrico, in abito talare ma più moderno di tutti i pretini con la camicia di jeans e la chitarra in mano.
Ecco, stamattina, leggendo il blog di Giulia Cavicchi e Tommaso Lodi, Teologia del Corpo and more ho ritrovato la stessa coraggiosa chiarezza e lo stesso spirito di servizio all'uomo.
Parlano di desiderio e di desideri; e parlano anche dell'eros con onestà e intelligenza di fede.
E' così: siamo nell'era del desiderio a tutto campo e in pochi ormai hanno idea di cosa sia, di che materia sia fatto e a cosa alluda. Siamo nel tempo dei desideri fiacchi; di quelli impugnati con prepotenza, ma senza conoscerne il vero respiro né ricordarne la destinazione ultima.
Anche don Giussani riportava questi elenchi e quasi subito ridava loro dignità: ogni cosa che fai, ogni più piccolo desiderio, persino le apparenze più vacue dimostrano la tua grandezza e la larghezza incolmabile del tuo desiderio e la consistenza della realtà. E, come Giulia e Tommaso, ricordava che di fronte alle maestosità del Creato e della nostra umanità è più facile raccogliere indizi sulla sua natura.
E quando ci capita di ottenere quel che ci pareva di desiderare così tanto ci ritroviamo con " il nostro cuore (è) ancora in attesa, ma in attesa di cosa?"
Raccogliamo indizi, speriamo di aver intuito il quadro intero e poi, spesso, lasciamo perdere, tornando alla disillusione condivisa da tanti, suggerita dal mondo. Ma non si smette mai di attendere qualcosa, qualcuno. Fino all'ultimo respiro, ci diceva con una passione senza compromessi un altro grande della storia di CL, Enzo Piccinini.
L'attrazione erotica, ridotta a qualcosa di ginnico o al massimo solo animale, è invece la forza che più di altre ci mostra chi siamo, di cosa abbiamo bisogno: di altro, di un altro, di chi non è me e può compiermi. Ci definisce talmente tanto questo aspetto che è scritta persino nei nostri corpi , nella nostra conformazione anatomica.
Per questo è una tragedia che la cultura nella quale viviamo continui ad alterare sistematicamente la sessualità, riducendola, deformandola, spostandola dal suo vero bersaglio. Trattandola come cosa "bassa" e semplice, al massimo articolata in gusti e stranezze e orientamenti ma nulla più.
Invece l'eros dice a gran voce che siamo fatti per la pienezza e per una bellezza che ci compia senza lasciarci mai più soli. Ha a che fare con la nostra comune vocazione.
Perché dunque non siamo felici fino in fondo nemmeno quando amiamo davvero un'altra persona e questo incontro, pur appagante, avviene? L'eros, nel suo senso più alto e non ridotto a genitalità, non si sazia, il desiderio non si placa, il cuore resta affamato.
La tentazione di cercare altrove, di trovare di meglio, di incolpare l'altro o anche sé stessi è sempre in agguato e può inquinare le relazioni. Si cercano cose più intense, più estreme, nella speranza che siano più vere e più nutrienti; lasciando poi sulla strada delle nostre esistenze solo rovine e disillusione.
Non è così, che si placano certe fami.
Sembrerà ancora strano a molte orecchie invece sta proprio a noi cristiani ridare dignità e spazio all'eros e al desiderio, anche riconoscendo che in passato il tema è stato spesso taciuto, evitato o lasciato in disparte al grido (o al bisbiglio, se ci si trova in confessionale) di "Dio non guarda sotto le lenzuola".
Ma guarda e aspetta il nostro cuore e con esso tutta la nostra fisicità che proprio l'Incarnazione e la Redenzione hanno avviato alla definitiva guarigione. Il desiderio, dunque, non va liberato come fosse un cavallo selvaggio da lasciar correre a perdifiato, ma guidato, sanato, abituato a correre nella direzione giusta. E senza che ci disarcioni dalla sella.
A questo punto gli autori si pongono una domanda dura e onesta: non sarà forse dovuta anche a questa mortificazione del desiderio nel suo senso più profondo e largo la continua fuga di giovani dagli ambienti parrocchiali?
A cosa servono i tornei di calcio, i cinema in oratorio, i corsi più strampalati se la vera buona notizia è taciuta e proprio sul tema che ai giovani sta più a cuore?
Le voci più giovani che ci hanno incoraggiato ad ascoltare questa irrequietezza, a dare credito al nostro desiderio sono stati proprio i pontefici: da S. Giovanni Paolo II che svelava con vigore ai ragazzi della GMG:
A Papa Francesco che pochi mesi fa lo ha ripetuto: «Dio non ha smesso di chiamare, anzi, forse oggi più di ieri fa sentire la sua voce. Se solo abbassi altri volumi e alzi quello dei tuoi più grandi desideri, la sentirai chiara e nitida dentro di te e intorno a te».
Per quest'anno, per il resto di vacanze che ci restano davanti un solo compito: alza il volume del tuo desiderio!