di Melissa Maioni
Oggi assistiamo a uno scambio di opinioni personali che vengono rese pubbliche e condivise solo attraverso i Social, le stories, gli articoli e qualunque mezzo di comunicazione a nostra disposizione: esse riguardano qualsiasi tematica dalle più futili a quelle più “impegnate”. Questo clima, se da una parte può avere il pregio di creare dialogo, suscitare nuove domande ed essere un potenziale punto di partenza per un vero spirito di condivisione, libertà e comunione, dall’altra corre il rischio molto concreto di diventare disorientante. Non esiste più “la fonte autorevole”, non c’è più il vero e il falso, il buono e il cattivo. L’assoluto imperante è “secondo me” e tutto diventa “liquido”: chiunque può esprimere il proprio punto di vista anche su un tema che non conosce affatto.
Qualsiasi ambito della scienza, sia in senso stretto, che in senso ampio ne è in qualche modo affetto: dalla medicina – si pensi alle cure “alternative” che mai passano di moda o alla recente confusione in merito ai vaccini contro il Covid19 – fino alla storia – interpretazioni più o meno “di parte”. Sarà forse un’invasione di campo della legge della relatività di Einstein, ma di certo questo relativismo ha avuto un successo crescente nelle questioni di ambito morale.
Ci domandiamo quindi che rapporto ci sia tra coscienza e verità. Spesso si è sentito dire che la coscienza abbia il primato su tutte le nostre scelte morali. Questo è vero, ma va ben compreso, per non abbagliarci nella nostra autoreferenzialità. Infatti: qual è la condizione necessaria perché la coscienza possa essere validamente ascoltata? È che essa sia ben formata.
Questo è un principio che banalmente assorbiamo già da bambini, quando la mamma e il papà ci dicono: “No, non fare questo, perché ti fai male!”. Noi siamo così sicuri del bene che c’è dietro quelle parole, da essere disponibili a imparare da loro, nonostante i capricci che accompagnano questo processo di apprendimento e che comunque servono per consolidare la nostra identità e la nostra libertà.
Recita il catechismo:
Crescendo, a volte, dimentichiamo questo bene e questa verità da cercare, da imparare, convinti di dovercela sbrigare da soli, e addirittura di doverci inventare qualcosa in cui credere. I tentativi amorosi di coloro che vogliono “educarci” vengono sempre fraintesi come invadenza, perché, in un contesto in cui tutti possono dire tutto, non abbiamo più strumenti che ci aiutano a capire in chi porre la fiducia per questo tipo di orientamento. L’assolutizzazione di sé, poi, porta ad una grandissima solitudine, soprattutto in quei momenti dove non si sa come agire e in cui si sperimenta l’oblio di una libertà che non sa reggersi da sola.
Invece la verità è sempre lì che aspetta noi, e aspetta che la nostra coscienza apra la porta per poter continuare ad imparare e a seguirla. Il bene continua ad essere un invito affascinante e sempre nuovo che corrisponde esattamente ai nostri desideri.
Le università, in tal senso, ricoprono un ruolo fondamentale in questo panorama. Dovrebbero essere i punti di riferimento autorevole nel campo della formazione e della ricerca. Le stesse istituzioni universitarie sempre più attente a rendere un servizio quanto più possibile migliore, secondo le intenzioni di coloro che ne portano avanti le redini, continuano ad interrogarsi sulla propria funzione. Si parla oggi della triplice missione dell’università: oltre alla formazione e alla ricerca, si mette in evidenza la necessità di apertura e di interazione con il tessuto sociale, culturale e umano in cui questi enti si collocano.
La nostra Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum ha a cuore questa missione aperta al mondo e alle questioni urgenti del nostro tempo e pertanto cerca di offrire una formazione solida e strutturata, che tiene in considerazione l’ambito scientifico, filosofico, giuridico e teologico, per cercare di dare ai futuri bioeticisti quella che John Henry Newman nel suo libro Scritti sull’università illustrava come educazione liberale, (dando a questa espressione un significato ben lontano da quello odierno), ossia tale da coltivare l’intelletto fino alla sua perfezione, secondo ragione e verità, certamente integrando la conoscenza con la luce della fede e della tradizione che la chiesa ci tramanda da secoli.
Per l’anno accademico 2021/2022 abbiamo attivato diversi percorsi, adatti a chiunque abbia interesse ad approfondire a vari livelli la propria formazione in bioetica, a distanza e in lingua: Licenza (laurea) in modalità ordinaria o intensiva, Dottorato, Corso di Perfezionamento in Bioetica, Corso di Perfezionamento in Neurobioetica, Master in Global Bioethics, Maestría de Bioética en línea en Español, Master in Dottrina Sociale della Chiesa, Corsi Estivi.
Non è vero che la bioetica possono farla tutti: vero è invece che tutti possono applicarsi allo studio della disciplina, che ha uno statuto epistemologico e metodologico ben definito. Proprio in ambito morale, soprattutto di fronte alle scienze empiriche e alle scoperte scientifiche contemporanee, c’è una grande necessità di orientamento e di formazione, ed è questo ciò che cerchiamo di fare noi docenti: dare strumenti a coloro che lo desiderano per essere preparati a costruire una società e un futuro migliori, che tengano presente il bene della persona umana e della sua dignità, dal concepimento fino alla morte naturale.
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Melissa Maioni, PhD, è docente invitata presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (APRA)