Scontri e proteste a Cuba: i vescovi e la Chiesa si sono schierati contro il governo del dittatore Miguel Diaz Canel.
Nell'isola caraibica ci sono state violente manifestazioni di piazza domenica 11 e lunedì 12 luglio nella principali città, con scontri con le forze dell’ordine e numerosi arresti. La gente ha deciso di protestare per le difficoltà nel reperire il cibo, per l’aumento dei prezzi, l’inasprirsi della pandemia e la mancanza di democrazia, scrive l’agenzia Fides (14 luglio).
Le principali agenzie di stampa, invece, riportano che per il governo cubano, si tratta di una manovra americana per "destabilizzare" l’isola.
La Chiesa locale, attraverso la Conferenza episcopale, è intervenuta duramente sugli scontri e le violenze a Cuba. La Chiesa, dicono i vescovi a Fides, comprende la situazione e segnala le responsabilità del governo, che ha cercato di adottare misure per alleviare queste difficoltà. Tuttavia «le persone hanno il diritto di esprimere le proprie necessità, desideri e speranze e, a loro volta, di esprimere pubblicamente come alcune misure prese li stiano colpendo duramente».
«In questo momento, come Pastori, ci preoccupa che le risposte a queste richieste siano l'immobilità che contribuisce a dare continuità ai problemi, senza risolverli - affermano i vescovi sulla situazione a Cuba -. Non solo vediamo che le situazioni peggiorano. Ma anche che si va verso una rigidità e un indurimento delle posizioni che potrebbero generare risposte negative». E le conseguenze sono «imprevedibili, e «danneggerebbero tutti noi».
Anche la Conferenza Cubana dei Religiosi (ConCuR) si è espressa sulla situazione cubana. «Come persone consacrate - si legge in un comunicato - viviamo questi eventi nella prospettiva della fede, e riconosciamo anche la voce di Dio in quelle rivendicazioni del popolo. Quelli che sono scesi in piazza non sono criminali, sono persone comuni delle nostre città che hanno trovato il modo di esprimere il loro malcontento».
Quindi hanno proposto «cinque punti che ci sembrano essenziali per superare l'attuale difficile situazione e costruire la fraternità tra tutti». Ad iniziare dal diritto legittimo e universale di ogni cittadino ad esprimere le proprie rivendicazioni in modo ordinato e pacifico. Poi la pronta liberazione di tutti coloro che sono stati ingiustamente incarcerati. Quindi, il diritto all'informazione e alla comunicazione che è stato violato o interrompendo la connessione dei cellulari e bloccando i social network. Quarto punto: evitare di cadere nella trappola della violenza. Quinto ed ultimo punto: ascoltarsi vicendevolmente per rimediare alle cause che hanno originato queste manifestazioni.