Per tutta l’estate, se ci si fa caso, ogni giorno il martirologio romano faceva memoria della triste e lunga lista degli innumerevoli martiri spagnoli, uccisi in odio alla fede cattolica dai Repubblicani. Non passa poi una settimana, senza che si trovi menzione di uno o più cattolici, preti o laici, martiri del nazismo durante la seconda guerra mondiale (o del comunismo)! Eppure, se si segue il pensiero dominante nei media francesi e in generale occidentali, la Chiesa cattolica è fatta fucina di orrori, di oscurantismo e soprattutto di violenze e di repressione.
All’inizio di settembre in Francia si commemorano specialmente i 191 cattolici massacrati dal Terrore e dichiarati beati e martiri della Révolution: furono uccisi dai rivoltosi nel 1792, quasi tutti attorno al convento dei Carmelitani.
Tali massacri sono apici della violenza rivoluzionaria, almeno nella capitale, e in pochi giorni avrebbero portato all’assassinio di più di 1.300 francesi, a mezzo di esecuzioni tanto sommarie quanto barbare.
Perché dunque, in un Paese in cui la commemorazione di ogni sorta di vittime è diventata una delle espressioni pubbliche più frequenti da parte di uomini politici, mai una parola e neanche un’allusione sono mai state formulate per tutti quei francesi – a migliaia! – caduti sotto il furore partigiano dei rivoluzionari?
In un Paese che si gloria di riconoscere ufficialmente il massacro degli Armeni, quello degli Ebrei, quello delle vittime della colonizzazione e della schiavitù… mai una parola ha potuto essere espressa per i compatrioti uccisi in odio alle loro convinzioni religiose o politiche?
Fintanto che il regime repubblicano che governa la Francia tratterà così come cittadini di serie B quanti, per motivi odiosi, i loro predecessori hanno massacrato, ci sono poche possibilità che esso riesca ad esercitare il potere di unificare un popolo, tanto più laddove esso conosce una forte crisi d’identità a fronte della globalizzazione e dei movimenti migratori.
Quando vedremo la République riconoscere ufficialmente i suoi errori, i suoi orrori, praticati su larga scala – pensiamo anche al genocidio vandeano! – contro i cattolici?
Non si tratta di assumere pose vittimistiche e comunitarie – accusa che ci muoverebbero rapidamente per poter repentinamente scostare lo sguardo (giustamente imbarazzato dai crimini contro l’umanità perpetrati in nome degli ideali della République… i famosi “valori repubblicani”… spesso tanto vaghi quanto vuoti di senso, poiché dipendono unicamente dalla morale relativa e provvisoria di chi attualmente raccoglie più consenso nell’Assemblée Nationale). Converrebbe, invece, ricordare con forza, nei nostri rapporti con lo Stato repubblicano, i torti immensi che esso ha nei confronti dei propri cittadini per via della loro fede. Ciò necessiterebbe forse anche un profondo cambiamento di prospettiva storica e diplomatica tra le autorità della Chiesa. In particolare, bisognerebbe uscire da una cattiva interpretazione della famosa “distensione con la Repubblica” [Ralliement à la République], che invocava una legittima indifferenza riguardo al regime, e non il suo cieco sostegno.
Perdonare non può significare dimenticare. È nella verità – fosse anche brutale – che si costruiscono un popolo e la lealtà nei confronti dell’autorità politica.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]