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Sapevate che alle Olimpiadi di Tokyo parteciperà una squadra di rifugiati? (VIDEO)

YUSRA MARDINI
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Merche Crespo - pubblicato il 13/07/21
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29 atleti tenteranno di rendere visibile alla comunità internazionale la situazione dei rifugiati e di diventare una speranza per tutti loro

Una squadra di atleti rifugiati competerà durante i Giochi Olimpici di Tokyo contro 206 squadre nazionali come EOR, sigla in francese del nome della squadra, Équipe Olympique des Réfugiés.

La squadra di rifugiati avrà 29 atleti che gareggeranno in 12 sport e sono stati selezionati dal Comitato Olimpico Internazionale (COI) tra 55 atleti fuggiti dal proprio Paese d'origine.

Tutti loro hanno ottenuto una borsa di studio per allenarsi e prepararsi alle Olimpiadi in un nuovo Paese di accoglienza, e rappresenteranno gli 80 milioni di sfollati attualmente presenti nel mondo.

I 29 sportivi, molti più dei 10 della prima squadra olimpica di rifugiati ai Giochi di Rio de Janeiro nel 2016, provengono da Afghanistan, Camerun, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Iran, Iraq, Sud Sudan, Siria e Venezuela.

Gareggeranno nelle discipline di nuoto, atletica, badmington, boxe, canottaggio, ciclismo, judo, karate, tiro sportivo, taekwondo, sollevamento pesi e lotta.

All'atto di presentazione della squadra, Thomas Bach, presidente del COI, ha affermato orgoglioso: “Siete una parte integrante della nostra comunità olimpica, e vi accogliamo a braccia aperte”. Gli atleti, ha aggiunto, “invieranno un forte messaggio di solidarietà, resistenza e speranza al mondo”.

La squadra sarà diretta a Tokyo da funzionari del COI e da membri dell'agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati con sede a Ginevra, l'ACNUR.

“Sopravvivere alla guerra, alla persecuzione e all'angoscia dell'esilio li rende già persone straordinarie”, ha affermato l'Alto Commissario dell'ACNUR, Filippo Grandi, che ha aggiunto: “Il fatto che ora spicchino anche come atleti sulla scena mondiale mi riempie di un enorme orgoglio”.

La creazione della squadra ha avuto luogo durante l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) nell'ottobre 2015 di fronte alla crisi globale dei rifugiati.

L'anno successivo, 10 atleti rifugiati hanno partecipato per la prima volta ai Giochi Olimpici, quelli di Rio de Janeiro 2016.

Secondo Thomas Bach, “gli sportivi rifugiati sono una fonte di arricchimento per tutti noi. Le ragioni per le quali abbiamo creato questa squadra esistono ancora. In questo momento, nel mondo ci sono molte persone sfollate forzosamente”.

“Questo sarò un simbolo di speranza per tutti i rifugiati del mondo e farà sì che il mondo stesso sia più consapevole della portata di questa crisi”, ha aggiunto il presidente del COI. “È anche un segno per la comunità internazionale del fatto che i rifugiati sono nostri simili e un arricchimento per la società”.

Durante la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Tokyo, il 23 luglio, la squadra avrà la bandiera olimpica nel nuovo Stadio Nazionale giapponese in seconda posizione, subito dopo a quella della Grecia.

Si è anche stabilito che per tutte le occasioni ufficiali di rappresentanza della squadra – incluse possibili cerimonie di medaglie – verrà issata la bandiera olimpica e si ascolterà l'inno olimpico.

I membri della squadra di rifugiati scelti sono Abdullah Sediqi (Afghanistan), Dina Pouryounes Langeroudi (Iran) e Kimia Alizadeh Zenozi (Iran) per il taekwondo;

Ahmad Baddredin Wais (Siria) e Masomah Ali Zada (Afghanistan) per il ciclismo;

Ahmad Alikaj (Siria), Javad Majoub (Iran), Muna Dahouk (Siria), Nigara Shaheen (Afghanistan), Popole Misenga (Repubblica Democratica del Congo) e Sanda Aldass (Siria) per il judo;

Aker Al Obaidi (Iraq) per la lotta greco-romana, Alaa Maso (Siria) e Yusra Mardini (Siria) per il nuoto;

Anjelina Nadai Lohalith (Sud Sudan), Jamal Abdelmaji Eisa Mohammed (Sudan), James Nyang Chiengjiek (Sud Sudan), Dorian Keletela (Congo), Paulo Amotun Lokoro (Sud Sudan), Rose Nathike Lokonyen (Sud Sudan) e Tachlowini Gabriyesos (Eritrea) per l'atletica;

Aram Mahmoud (Siria) per il badmington; Cyrille Fagat Tchatchet II (Camerun) per il sollevamento pesi; Eldric Sella Rodríguez (Venezuela) e Wessam Salamana (Siria) per la boxe; Hamoon Derafshipour (Iran) e Wael Sheub (Siria) per il karate;

Luna Solomon (Eritrea) per il tiro sportivo, e Saeid Fazloula (Iran) per il canottaggio.

Il venezuelano Eldric Sella è il primo atleta latinoamericano a far parte della squadra di rifugiati olimpici.

Il Venezuela è, dopo la Siria – che compie un decennio di guerra – il Paese che produce più sfollati al mondo.

Sella, la cui disciplina sportiva è la boxe, è emmigrato nel 2018 a Trinidad e Tobago, ed è lì che ha trovato una nuova strada e ha continuato ad allenarsi duramente.

In questo modo ha ottenuto una borsa di studio per atleti rifugiati del Comitato Olimpico Internazionale (COI), e questo ha fatto sì che potesse partecipare ai Giochi Olimpici di Tokyo nella categoria dei 75 chilogrammi.

Il giovane pugile venezuelano ha affermato in un'intervista diffusa dal COI:

“Avrò l'opportunità di partecipare ai Giochi Olimpici e di rappresentare non soltanto me stesso, ma milioni di persone in tutto il mondo che come me si sono viste costrette a lasciarsi alle spalla casa e sogni”.

Il Viaggio è il video prodotto dall'ACNUR, in collaborazione con il Comitato Olimpico Internazionale e il Comitato Paralimpico Internazionale, che narra l'epico cammino degli atleti rifugiati fino alle Olimpiadi di Tokyo 2021.

Le immagini descrivono il percorso del rifugiato e rivelano il potere dello sport di cambiare la vita delle persone sfollate forzosamente in qualsiasi parte del mondo.

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