Forse, il ritmo, le “Raffaella” ce l’hanno proprio nel sangue. Mi viene da pensare alla Carrà e al suo amore per i bambini, a quanto sarebbe stata felice di vedere questa piccola “mini me” sua omonima, uscire dall’ospedale Santobono Pausillipon di Napoli sulle note di Jerusalema, tenendo il ritmo con i piedi e scendendo la rampa con la sicurezza di una showgirl.
La hanno ballata in molti la hit della scorsa estate ed è diventata una vera challenge cimentarsi su questi passi, ma qui, la vera sfida è stata proprio Raffaella a vincerla: ha finalmente concluso il ciclo di terapie oncologiche e ha tolto il PICC, il catetere utilizzato per le chemioterapie di lungo periodo che segna la fine del percorso di cura. Poi l’uscita dall’ospedale filmata dai parenti che la stavano aspettando fuori insieme al personale sanitario che ha seguito con amore la battaglia di questa bambina, sempre col sorriso sul volto.
si legge sulla pagina della Fondazione Santobono Pausilipon dove è stato pubblicato il video diventato virale.
Per fortuna, non sono solo le malattie ad essere contagiose, anche la gioia è ad alto tasso di trasmissibilità. Così alto che nemmeno le mascherine bastano. Così alto che ti viene voglia anche da uno schermo del pc o del cellulare di prendere parte alla festa di questa famiglia, dopo aver visto Raffaella che scompare in una nuvola di palloncini rosa.
E allora, anche se dentro a quell'ospedale c'è ancora chi sta soffrendo e combatte, va bene che per una volta l'atrio del Pausilipon diventi il palco da cui cantare e ballare la gioia della speranza, che arrivi anche dove ancora c'è silenzio.
I segni della battaglia si leggono ancora sul piccolo corpo di Raffaella e di certo, qualcosa resterà anche nel cuore, ma “show must go on” e quello di questa piccola guerriera è solo l’inizio di una nuova avventura di cui Jerusalema è una perfetta sigla iniziale!
A volte, nella vita, si spegne la musica, come alle feste, magari proprio sul più bello. Resta il silenzio intorno a noi e “quando si soffre non si parla: si piange e si prega in silenzio”, ha ricordato anche papa Francesco parlando nel 2016 della sofferenza di quei bambini che se potesse "guarirei tutti".
Ma i bambini, a differenza di noi adulti, non solo "ballano come se nessuno li guardasse", ma direi che ballano anche quando la musica non c'è. Canticchiano da soli, girano per la stanza, fanno passi strani visti da non si sa chi, non si sa di preciso dove (di certo non da te che stai alla danza come un pachiderma alla grazia) e non importa se ci sia il silenzio più totale intorno o se non ci sia nessun in grado di apprezzare lo show (che questi grandi non capiscono mai niente).
Ecco, quando si spegne la musica, la gioia, anche nella nostra vita, quando arriva il silenzio, la sofferenza, dovremmo imparare da loro come si continua a danzare nonostante tutto. Che tornerà il giorno in cui, come per la piccola Raffaella, qualcuno sistemerà il cavo dell'amplificazione e la sentiremo di nuovo, quella musica, ma nel frattempo, non avremo dimenticato com'è che si fa, a ballare.