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Una trappola per “intrappolare su tela” il trappista troppo umile

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Hyacinthe Rigaud (1659-1743), Ritratto di Armand Jean Le Bouthillier de Rance, abate trappista (1626-1700). Abbaye de la Grande Trappe, Soligny. --- Full-length Portrait of Armand Jean Le Bouthillier de Rance, abbot of La Trappe (1626-1700). Painting by Hyacinthe Rigaud (1659-1743), 18th century. Abbazia trappista di Soligny-la-Trappe, Francia

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Aliénor Goudet - pubblicato il 09/07/21
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Armand Jean Le Bouthillier de Rancé (1626-1700), abate trappista, rifiutava di farsi ritrarre per scrupolo d’umiltà. Il duca di Saint-Simon e il pittore Rigaud dovettero ricorrere ad astuzia e tenacia per immortalare il volto dell’uomo.

Soligny-La-Trappe, 1696. Una bella luce rischiara la stanza dell’abate de Rancé. L’abituale silenzio che regna nella Trappa offre una calma studiosa e ideale. Eppure, Hyacinthe Rigaud non è tranquillo: come gli è venuto in mente di accettare questo lavoro? 

Non mancano certo i clienti, al primo pittore d’Europa: la corte e la nobiltà gli forniscono lavoro più che sufficiente. E invece eccolo travestito da ufficiale e pronto a farsi passare per straniero per osservare un modello che assolutamente non vuole essere dipinto. 

Rigaud deve però ammettere che l’abate trappista lo intriga: dev’essere un uomo molto ammirevole, se il duca è pronto a barare per immortalarlo. Tutto ciò che il pittore sa di lui è che si trova all’origine delle riforme rigoriste dell’Ordine cistercense: cosa sorprendente, trattandosi di un vecchio libertino! Grazie a lui, la Trappa è diventato un luogo di virtù e di preghiera fuori dal comune. L’abbazia attrae molti ecclesiastici, e l’abate de Rancé è un teologo senza pari – sembrerebbe. 

Forse è per questo che Rigaud ha accettato: per avere la possibilità di vedere questo illustre personaggio che non esce mai dalla sua abbazia. Oppure per raccogliere la sfida di dipingere soltanto a memoria. Sia come sia, a questo punto non può più tirarsi indietro. 

La porta si apre e Rigaud si ricompone trattenendo il respiro. Il monaco è un settuagenario vestito di abito bianco e di cappuccio. Cammina lentamente, trascinando dietro di sé il peso degli anni. Secondo il duca, non esce più dall’infermeria dell’abbazia, eppure il suo sorriso trasmette un’innegabile serenità. 

Rigaud saluta brevemente, a sua volta, l’abate, ostentando una forte balbuzie – la quale deve servirgli da alibi per non dover mai parlare senza che il suo riluttante modello abbia a dubitare della sua identità. 

Mentre il duca e l’abate avviano una conversazione, Rigaud si allontana un poco per cominciare la sua osservazione: il volto dell’abate de Rancé sembra trasformarsi mentre parla. La saggezza che promana da lui non sembra semplicemente quella di un vegliardo, ma quella di un filosofo. Eppure, le parole pronunciate non si riferiscono praticamente mai a lui: mai Rigaud ha sentito qualcuno parlare tanto bene riferendosi così poco a sé stesso. 

I tratti dell’abate si accordano perfettamente con quanto promana dalla sua figura: il sorriso mostra la soddisfazione di una vita ben vissuta. Le rughe, da parte loro, riportano le sofferenze e le penitenze attraversate nel corso di questa vita. Negli occhi vivaci brillano l’intelligenza e la presenza di una bella anima. Rigaud sapeva che sarebbero stati la parte più difficile del lavoro. 

La sessione dura tre quarti d’ora. Quella dell’indomani lo stesso. Il giorno dopo appena mezzo’ora. Dopo ogni visita, Rigaud si getta sulla tela di buzzo buono per riprodurre quel volto tanto ricco. 

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L’abate aveva trovato curiosa quella circostanza, ma non mostrò di aver subodorato alcunché. Finito il volto, Rigaud fa a matita uno schizzo del ritratto di un altro monaco col medesimo abito, prima di ripartire per completare il quadro a Parigi. Il risultato commuove fino alle lacrime il duca di Saint-Simon. 

Rigaud completa la tela nel 1697. Ne è così fiero che ne fa diverse copie, malgrado il vincolo d’esclusiva richiesto dal cliente. Il duca si consola pensando che anche altri potranno conoscere l’illustre abate. 

Roso dal senso di colpa, però, Rigaud finì per confessare lo stratagemma all’abate de Rancé in una lettera. Quest’utimo gli rispose: 

Tutti questi fatti sono stati riportati da Louis de Rouvroy, il duca di Saint-Simon, nelle sue Mémoires. La tela si trova oggi nell’abbazia della Trappa di Soligny-la-Trappe. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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