Fin dai tempi biblici, Dio ha rivelato che si fa trovare nel silenzio e nel raccoglimento.
Subito dopo aver passato a filo di spada i profeti di Baal, il profeta Elia è fuggito nel deserto per salvarsi, perché la regina Gezabele aveva detto che lo avrebbe punito con la morte per ciò che aveva fatto ai profeti pagani (cfr. 1 Re 19, 1-3). Egli si mise così in cammino per un lungo tratto fino al monte Oreb, il monte del Signore per il popolo ebraico, per avere un colloquio con Lui. Di fronte al monte, il profeta Elia si trovò davanti a un vento impetuoso e violento, ma il Signore non era lì; vide il tremore della terra, ma Dio non era lì; vide un fuoco ardente, ma Dio non era neanche nel fuoco.
Solo quando giunse una brezza leggera Elia poté andare incontro a Dio, perché Lo trovò in quella mitezza (cfr. 1 Re 19, 11-13). Esempi di questo tipo abbondano nelle Sacre Scritture, e sono presenti nella vita di tutti i servi fedeli del Signore, passando per i profeti fino ad arrivare a Nostro Signore Gesù Cristo, uomo del silenzio per eccellenza.
C'è chi pensa che basti la solitudine passiva per creare l'intimità con Dio. È vero che ogni grazia viene unicamente da Lui, ma per poterci “divinizzare” abbiamo bisogno di cooperare con la grazia santificante che Dio pone nella nostra anima. Un monaco certosino (abbiamo optato per non rivelare il suo nome perché è un'antica tradizione all'interno dell'Ordine Certosino) ci insegna che la solitudine che Dio desidera da noi è pienamente attiva e si verifica in tre tappe: la solitudine del cuore, la solitudine della mente e la solitudine dell'anima. Spieghiamo ciascuna di queste tre tappe (cfr. Antologia de autores cartuxos: itinerário de contemplação / Por um cartuxo. San Paolo, Cultor de Livros, 2020, p. 184).
Compagnia di Dio
La solitudine del cuore consiste in una “volontà di distacco nel proprio cuore, che si conserva puro da immagini e fantasie incontrollate, come anche dai propri affetti e desideri, per sedersi spiritualmente ai piedi di Cristo” (idem).
Quanti sono coloro che entrano nella propria stanza per avere un momento a tu per tu, ma anziché nutrirsi della compagnia di Dio si riempiono di fantasticherie sciocche e pensieri privi di proposito!
La solitudine della mente, in base all'autore certosino, è lo “sforzo della volontà per non turbare i nostri dialoghi con Dio con pensieri negativi, vani e inutili” (ibidem).
È vero che meditare e concentrarsi è un compito arduo perfino per i più esperti nella preghiera, ma avendo il proposito di rimanere concentrati su Dio la nostra intelligenza illuminerà i modi per farlo, senz'altro illuminata a sua volta dalla grazia.
Nel caso in cui il demonio voglia compiere il suo ruolo di tentatore, una buona strategia è portare questo davanti a Dio dicendo, ad esempio: “Guada, Signore, perfino il demonio viene in mio aiuto, mostrandomi con le sue tentazioni che ho sempre più bisogno della Tua grazia. Donamela in questo momento”.
La solitudine dell'anima è infine il “distacco dall'amor proprio, l'essere vigili rispetto alle proprie opinioni o ai giudizi troppo personali”. Si tratta, in un certo senso, della Via Unitiva del cammino di santificazione, in cui l'uomo paragona la sua volontà alla volontà di Dio nella sua vita.
Vediamo quindi che la solitudine in Dio è altamente attiva da parte nostra. Agendo in questo modo, a poco a poco, sentiremo “diminuire in noi il peso della nostra natura corrotta; poi arriveremo al felice oblio delle cose del mondo. E se questo esercizio può al momento sembrare austero, dà a coloro che vi si applicano il frutto di una pace immensa, un frutto di salvezza e consolazione interiore” (ibidem).
Auguriamoci di saper comprendere, come ci insegnano le Sacre Scritture, che “[Dio] è in mezzo a noi, e lontano dalla nostra agitazione” (cfr. Antologia de autores cartuxos: itinerário de contemplação / Por um cartuxo. San Paolo: Cultor de Livros, 2020, p. 187), e per ascoltarlo dobbiamo liberarci in modo attivo dal rumore che circonda la nostra anima.