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L’autolesionismo degli adolescenti spiegato ai genitori

SELF-HARM,
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Ospedale Bambino Gesù - pubblicato il 15/06/21
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Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, il 20% degli adolescenti italiani si fa intenzionalmente del male. L’autolesionismo è il modo a volte più semplice per alleviare l’ansia, l’angoscia o la rabbia.

di Maria Pontillo e Stefano Vicari

L'autolesionismo è la tendenza ad attaccare il proprio corpo procurandosi intenzionalmente dolore fisico e lesioni. Questo può avvenire attraverso graffi, tagli o bruciature sulla pelle, oppure esponendosi deliberatamente a situazioni di pericolo - ad esempio, si può fare in modo che alcune ferite non guariscano, o ci si può procurare uno stato di stordimento sbattendo la testa in maniera ripetuta, per esempio contro porte o pareti.

Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, il 20% degli adolescenti italiani si fa intenzionalmente del male, in maniera nascosta, nel silenzio della propria stanza. I ragazzi che praticano autolesionismo tendono a giustificare la presenza di eventuali lesioni sul proprio corpo come accidentali. Alla base di questi comportamenti c’è spesso una difficoltà nel regolare ed elaborare emozioni negative, che vengono quindi direzionate verso il proprio corpo. L’autolesionismo è il modo a volte più semplice per alleviare l’ansia, l’angoscia o la rabbia. Questo sollievo, tuttavia, è solo momentaneo, e non è mai davvero efficace.

L’adolescenza è caratterizzata da una “crisi evolutiva”, attraverso la quale i ragazzi e le ragazze definiscono la propria identità. L’autolesionismo, tuttavia, non rientra in questa normale crisi evolutiva, e può essere il campanello d’allarme per la comparsa di un disturbo mentale, o può precedere attacchi al corpo più gravi, come il tentativo di suicidio.

Proprio presso il nostro Ospedale Pediatrico Bambino Gesù le richieste urgenti per autolesionismo, ideazione e comportamento suicidario sono aumentate negli ultimi anni di 20 volte: si è passati da 12 casi nel 2011 ai circa 250 casi attuali. Altro dato allarmante riguarda l’abbassamento dell’età in cui l’autolesionismo si manifesta: 11-12 anni. Si pensi che quindici anni fa circa, l’età di esordio era stimata intorno ai 13-14 anni.

Per riconoscere tempestivamente il problema, i genitori devono sapere che le parti del corpo più soggette a tagli, graffi o bruciature sono le braccia e le gambe, ma anche parti più nascoste come piedi e parti intime. Gli oggetti più utilizzati per ferirsi sono lamette, taglierini o accendini. Alcuni adolescenti prendono a pugni le pareti fino a provocarsi fratture alle mani.

Tra i vari campanelli di allarme, è bene fare attenzione ai cambiamenti repentini dell’umore, non innescati da eventi particolari: ad esempio, il rapido passaggio da una condizione di benessere e tranquillità ad uno stato di tristezza, nervosismo e aggressività o ad eventuali reazioni di rabbia e chiusura che i ragazzi potrebbero avere quando sorpresi a cambiarsi in camera o in bagno.

Per il timore di essere scoperti essi potrebbero nascondersi o vestirsi con abiti che coprano le lesioni autoinflitte o evitare di scoprire determinate parti del corpo anche d’estate. Il genitore che coglie uno o più di questi segnali dovrebbe evitare di reagire in maniera aggressiva nei confronti del ragazzo, limitando giudizi o critiche negative (“mi hai deluso”, “non sai controllarti”). È molto più utile aprire un dialogo che comprenda accoglienza delle emozioni e del disagio che il ragazzo prova. È anche utile concordare insieme una richiesta d’aiuto a professionisti esperti come neuropsichiatri infantili o psicoterapeuti.

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