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Un bimbo di 7 anni ha nuotato un’ora per salvare il papà e la sorella

CHASE POUST
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Annalisa Teggi - pubblicato il 11/06/21
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Una gita col papà sul fiume, poi all'improvviso la corrente li trascina in acqua. Un padre e due piccole vite da salvare, l'incubo di ogni genitore. Una scelta azzardata li ha messi in salvo.

Andare a pesca col papà sul fiume, doveva essere un momento sereno e di gioia per Chase ed Abigail Poust, due bimbi della Florida rispettivamente di 7 e 4 anni. Forse era anche un'abitudine consolidata di questa famiglia, il classico momento desiderato per cui i figli scalpitano dicendo: "Dai, papà, facciamolo!".

Un luogo conosciuto è diventato un inferno, acque tranquille sono diventate una trappola mortale. All'improvviso un padre si è trovato di fronte all'incubo taciuto di ogni genitore: dover scegliere a quale figlio salvare la vita. Steven Poust ha preso una decisione istintiva e ha affidato al figlio 'maggiore' un compito coraggioso.

E' vero che siamo in pericolo di vita in ogni istante. Eppure non ci pensiamo; poi accadono imprevisti in cui, all'improvviso, ci si trova tra la vita e la morte. Durante un giorno festivo di fine maggio Steven Poust è andato in barca coi suoi figli, lui pescava e loro nuotavano, coi giubbotti salvagente, attaccati alla poppa. Si trovavano a Mandarin Point sul fiume Saint John in Florida. Tutto era perfetto finché una corrente forte ha fatto perdere alla piccola Abigail, 4 anni, la presa alla barca. Il fratello Chase ha subito capito che poteva essere trascinata via e anche lui si è staccato dalla barca per afferrarla. La situazione è precipitata immediatamente e il padre si è tuffato in acqua.

Immedesimandoci in questo padre vengono i brividi e si comincia a pensare a cosa avremmo fatto noi nella sua situazione. Ragionare fuori dal contesto di emergenza ci porta alla deriva di pensieri, in fondo, inconsistenti: "Io non avrei saputo cosa fare", "Impossibile riuscire a sostenere il dramma". Le prime parole dette dal padre ci suggeriscono una verità che già in altri fatti di cronaca drammatici è emerso. C'è - nel pieno del dramma - una chiarezza che s'impone, un'istintività consapevole che è una voce più cristallina di quella che ci esce nei momenti in cui ci crediamo 'padroni della situazione'.

HANDS, FATHER, CHILD, WATER

Quante volte Steven avrà detto ai suoi figli che li ama? Quante volte lo diciamo noi? Ne siamo sinceramente convinti, ma non con la vertigine di sapere che amare è fare i conti con un'incapacità radicale di salvare chi amiamo. Ecco, all'improvviso quella chiarezza c'è stata sul fiume, quando tutto è diventato un corpo a corpo con la morte. Senz'altro ci saranno motivazioni 'biologiche' sulla reattività e lucidità nei momenti di emergenza, ma io mi azzardo a dire che la prontezza di certi gesti è frutto di una cordata più che umana. In quei momenti la custodia dei nostri angeli deve essere di una solerzia a noi inimmaginabile.

Poteva concludersi tutto in una tremenda disgrazia. E allora saremmo stati pronti a puntare il dito contro un padre che, forse, si era messo in una situazione non appropriata per dei bimbi piccoli e che, forse, ha preso una decisione avventata. L'esito di ogni azione rischia sempre di coprire l'orizzonte in modo falsato. Se va bene, sei un eroe. Se va male, sei un incosciente o peggio.

Stevenson diceva che le azioni si giudicano non dal raccolto, ma dai semi che si piantano. Ed è un gran bel consiglio. Nel momento critico in cui Steven era nella corrente forte del fiume, incapace di salvare entrambi i figli, ha fatto una scelta: tentare di recuperare la figlia piccola di 4 anni e affidare al figlio di 7 anni un compito enorme, nuotare fino a riva per chiedere soccorso.

Chase ha fatto quel che il padre gli ha chiesto:

KID, SWIM, SEA

Ci è voluta un'ora per arrivare stremato a riva, il bimbo racconta che per riposarsi durante la traversata si metteva a dorso. Un'ottima strategia. Chiamato a compiere un'impresa molto più grande delle sue forze, Chase l'ha affrontata con coraggio. Una volta allertati i soccorsi c'è voluta un'altra ora per mettere in salvo il padre e la sorella Abigail, che erano finiti a un miglio da dove la barca era stata ancorata.

Biondissimo, occhi trasparenti e la schiena bella dritta. E' fiero, Chase, mentre racconta in TV quello di cui è stato capace. La voce del padre invece è rotta dalle lacrime.

In condizioni normali nessuno avrebbe mai fatto correre a un bambino un pericolo così grande, nessuno gli avrebbe caricato le spalle di una responsabilità così grande. In un certo senso si può dire che trovarsi in pericolo di vita ci fa diventare matti. Il criterio non è più l'equilibrio, ma l'azzardo. Sono certa che i momenti di angoscia post-traumatica accompagneranno a lungo questo papà.

Non saranno le parole di conforto di tanti a disinnescare lo stress e i rimorsi. Neppure l'esito lieto lo consolerà fino in fondo. Il pensiero di quel momento cruciale e drammatico potrebbe diventare la tentazione di un'angoscia da cui non ci si libera.

Forse sto solo applicando a questo padre ciò che sento vero come madre. Nel sorriso e nella schiena bella dritta di Chase c'è la presenza di un bene che disinnesca l'incubo. Suo padre lo ha lasciato andare e alla giornalista il bimbo confessa: "Non avevo idea di cosa stesse per succedere...". Non gli ha rifiutato un abbraccio di salvezza, il padre. Gli ha affidato un compito grande. Di cui forse non era all'altezza. Da cui forse poteva uscire non vivo.

Però, prima di ogni valutazione a posteriori, Chase si è sentito oggetto di uno sguardo che lo ha lanciato in un'avventura: "Sei grande, sei bravo, vai!". Nei recinti delle nostre sicurezze, noi ci teniamo ben stretti i nostri figli. "Mettiti la felpa, è freddo", "Non allontanarti da casa", "Vai piano in moto". Preghiamo che la vita ci tenga alla larga da pericoli estremi, preghiamo di saper gestire quelli che ci capitano tra capo e collo.

Ma quando ogni piano salta, tutto precipita, tutto arriva a lambire il punto estremo della nostra fragile mortalità ... ecco che un padre ci troviamo a tu per tu con quell'evidenza che commuove e fa tremare: mettere al mondo un figlio è lanciarlo dentro cose più grandi di noi, senza la certezza di potergli tenere sempre la mano. Affidandiamoli a Chi nel mare in tempesta riposava tranquillo in fondo alla barca.

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