Un messaggio del vescovo al super pentito di mafia scarcerato nei giorni scorsi, Giovanni Brusca. «Non bisogna fare confusione tra pentito e convertito. Dei suoi 150 delitti Brusca ne ha commessi molti nel territorio della mia diocesi. Conosco la scia di sangue e dolore che ha lasciato dietro di sè», spiega alla Stampa.it (1 giugno) il vescovo di Monreale (Palermo) Michele Pennisi.
Il prelato è da settimane al lavoro nella commissione creata da papa Francesco in Vaticano per la scomunica delle mafie.
Mons. Pennisi è da sempre in prima linea nella lotta alla criminalità mafiosa che per intimidirlo ha anche dato alle fiamme nella sua diocesi il portone della chiesa di Corleone.
«Non entrando nel merito della vicenda, anche perché «non si conoscono i sentimenti di Brusca», il presule si pone «emotivamente dalla parte delle vittime che hanno bisogno di verità di giustizia».
Nelle parole del vescovo c'è l’invito a Giovanni Brusca a «fare penitenza per tutta la vita per gli atroci delitti commessi, riparare al male fatto, chiedere perdono ai familiari delle vittime e applicare la giustizia riparativa».
«La questione centrale di fronte alla sua scarcerazione - evidenzia il vescovo di Monreale (Palermo) - è profonda e non attiene solo alle norme del diritto. Riguarda la verità».
Parlando con il Sir, il presule aveva già ribadito che «purtroppo non è facile una vera conversione dei mafiosi che hanno fatto un giuramento pseudoreligioso di appartenenza a una struttura che di fatto è antagonista della Chiesa».
«Una vera conversione esige una giustizia riparativa – ha sottolineato monsignor Pennisi -. La conversione dei mafiosi non può essere ridotta a un fatto intimistico ma deve avere una dimensione pubblica, essere seguita da una riparazione del male fatto, da una richiesta di perdono alle vittime e dall’abbandono della criminalità organizzata» (Agensir, 1 giugno).
Maria Falcone, sorella del giudice ucciso insieme alla moglie e alla scorta nella strage di Capaci, si rivolge invece al mondo della politica e chiede che si approvi al più presto la riforma della legge sull’ergastolo ostativo: per la sorella di Giovanni Falcone concedere i benefici di legge a chi non si è mai pentito «sarebbe inammissibile e determinerebbe una reazione della società civile ancora più forte di quella causata dalla liberazione, purtroppo inevitabile, del “macellaio” di Capaci».
«Brusca non mi ha mai contattato per chiedere perdono e non mi deve chiamare, il perdono non lo avrà» aveva detto al Tg2 Tina Montinaro, moglie di Antonio, caposcorta di Falcone anche lui ucciso nella strage di Capaci (Corriere della Sera, 2 giugno).