Nella mia famiglia abbiamo consumato DVD, Cd, e orecchie ad ascoltare i più grandi successi dello Zecchino d'Oro dagli anni Sessanta fino agli anni Dieci del Duemila.
Ci sono canzoni ever green, altre molto più legate all'air du temps; alcune troppo furbacchione, altre talmente belle che anche a noi adulti non serve una festa di fine scuola materna per cantarle.
Quando si hanno bambini in età prescolare e scolare, però, i successi del Piccolo Coro dell'Antoniano diventano dei veri e propri tormentoni, quasi dei tormenti; al punto che possono capitare scene come la seguente: una mia cara amica, coetanea e compagna di avventura anche ai tempi delle nostre maternità, in uno dei momenti classici di sovraccarico e stress da notti in bianco, dopo avere debitamente litigato col marito, se n'era andata via in auto di gran carriera e con gli occhi gonfi di lacrime. Per dare sfogo alla frustrazione accumulata si era messa a cantare a squarciagola, col tono e la cattiveria da concerto rock:
Abbiamo riso parecchio e ancora ridiamo ogni volta che ci torna in mente questo episodio.
A me capitava invece di fare cover un po' irriverenti delle tagliatelle di nonna Pina o dell'ormai cult Caffè della Peppina; o di indugiare languidamente su quel sentimento di intensa nostalgia che mi investe ogni volta che risento Goccia dopo goccia (che significa ripensare alla mia bambina, tutta riccioli e sorriso, che entra per prima allo spettacolo di fine anno all'asilo. Un successo enorme per lei così timida e insicura).
Bè ora non ho più figli in età da Zecchino d'Oro, né di concerti di fine anno; e dovrò quindi trovare altre scuse per ascoltare per esempio questa piccola delizia di Simone Cristicchi e Gabriele Ortenzi. E' il brano che ha vinto la 63ma edizione della famosa manifestazione canora; è stata cantata dalla piccola Anita Bartolomei, marchigiana di 7 ann:, una bimba bionda, intonatissima e con un magnifico sorriso finestrato previsto dall'età (e dal "dress code" del Piccolo Coro "Mariele Ventre" dell'Antoniano).
L'evento doveva svolgersi a dicembre scorso e come molte altre cose è stato rimandato causa Covid.
Il testo è semplice e profondo: parla della nostra nativa gioia di vivere, della bellezza di esistere, del desiderio di fare il bene per sé, per gli altri e il mondo. Tutte cose che nei bambini sono riflesse più nitidamente; ma servono adulti capaci di educare e far maturare queste intuizioni naturali per metterle a servizio del bene di tutti.
Parla del loro bisogno di essere riconosciuti, guardati, ascoltati (e non è forse anche il nostro?)
La musica è perfetta, tramette gioia, ordine e commozione, a me di sicuro.
Ci sono alcuni passaggi che mi hanno colpito particolarmente: come quello che descrive la capacità che hanno di perdersi, sognanti e quasi dimentichi di sé. Ma senza andare lontano, bensì entrando nel pieno della realtà. Perché è la realtà il regno del mistero, del bello, dell'altrove suggerito, lasciato cadere come briciole una dietro l'altra allo scopo di portarci tutti a casa.
Il mondo diventa più bello col lavoro dell'uomo, anche questa è una cosa vera, bellissima, che bisogna avere il coraggio di tornare a ripetere.
Custodi del mondo, non è solo il titolo del brano, è esattamente il mandato che ci spetta per volere divino; che bello se tornassimo in tanti a farci carico di questo impegno, solo sapendo però che c'è Qualcuno, di sommamente buono e potente, che è a sua volta nostro custode: il nostro fratello e Salvatore, Gesù Cristo. Quello che finalmente sa rispondere alla domanda che Dio fece a Caino con un sì. Sì, Io so dov'è mio fratello perché io sono il suo custode. Amo la sua vita al punto di morire al suo posto perché lui - e tutti gli altri, Caino compreso-possano averla salva per sempre.
Ecco perché il verso finale della canzone vincitrice del 63° Zecchino d'Oro è così commovente: sembra obbedire a un comandamento.
Amate i nemici, date tutto a chi vi chiede solo qualcosa, porgete guance, beni, consigli, verità, perdono. Portate Dio, cercate tutti i suoi figli, c'è un vero nuovo mondo che ci aspetta.