Don Marco Pozza, sacerdote, teologo e scrittore, cappellano del carcere Due Palazzi di Padova, ha condiviso qualche giorno fa sulla sua pagina Facebook un biglietto anonimo, o meglio come lui stesso lo ha definito un "pizzino", che ha trovato nella sagrestia del penitenziario subito dopo la celebrazione dell'Eucaristia domenicale.
L'autore del messaggio è un detenuto di lungo corso, un omicida: qui dentro per tantissimi sono “il macellaio”.
Per lui la messa è la vera “ora d'aria settimanale”, l'autentico ristoro, e anche se non ha mai creduto in Dio sente che sta per cedere davanti alla Sua amorosa testardaggine. Di fronte al Signore anche chi ha usato armi per uccidere si ritrova disarmato. E qui si fa carne la resurrezione di Cristo, la morte non ha l'ultima parola nella vita di nessuno. Neppure in quella di un assassino!
Con un linguaggio verace che a tratti si fa greve, ma schietto e sincero, il galeotto esprime la gratitudine che nutre nei confronti del "prete bischero", don Marco.
Ma non mostra solo la gratitudine, anche il bene profondo che prova nei confronti del sacerdote. Lo fa con un'immagine straordinaria: paragonando il cappellano ad un abile surfista che deve destreggiarsi tra le onde sempre più alte e insidiose della difficile vita tra i reclusi.
"Prete" all'apparenza solo, ma preceduto da Dio, ad affrontare sulla tavola (della fede) il mare aperto e burrascoso della galera cercando di non cadere, di non farsi buttare giù dai cavalloni: tutte quelle delusioni, stanchezze, sconfitte e difficoltà, e ancora malumori ed inganni che incontra ogni giorno. E soprattutto dall'egoismo dei detenuti che, come scrive l'autore del "pizzino", aumenta di pari passo con gli anni della condanna.
Il bene in carcere si dimentica in fretta, continua l'autore del messaggio, chi è recluso ha sempre una nuova richiesta da sottoporre, come i bambini piccoli ai quali non fai in tempo a dare la merenda che già ti chiedono la cena.
Nuovi problemi da presentare a chi si mostra più disponibile, il cappellano in primis, per ricevere (pretendere?) aiuto e soluzioni.
Ricominciare ogni giorno per don Marco deve essere sfiancante, si accorge della sua stanchezza l'autore del biglietto che per questo decide di mettere su carta ciò che pensa, senza troppi abbellimenti.
Vuole ricordargli che quello che fa per loro è tanto. E che accollarsi il peso di tante storie è tutt'altro che facile, eppure don Marco con Dio, rimettendo tutto nelle Sue mani, riesce ad andare avanti nella sua missione. E quando qualcosa si aggiusta e lui non cade dalla tavola, si affretta a dire che è tutto merito di Nostro Signore.