Chiara ha una gestualità tutta particolare, come il sorriso che la rende riconoscibile al primo sguardo. Muove le braccia e le mani come stesse sempre consegnando qualcosa a qualcuno, qualcosa che valga la pena accogliere, un bene che non bisogna lasciarsi scappare.
In questo messaggio video che ho visto pubblicato sul canale Medjugorje tutti i giorni ma che viene dalla Festa di Pentecoste trasmessa in diretta dal canale Youtube di Nuovi Orizzonti, Chiara racconta che cosa ha attraversato e cosa sta ancora attraversando, nel corpo e nello spirito, con la barca sempre più vacillante della sua salute.
La sua testimonianza è la risposta, personale e pagata sull'unghia, di cosa significhi davvero passare nel dolore, avere una sofferenza che non fa che acuirsi, di cosa significa essere esausti.
Parla del dolore e della debolezza con il suo proprio dolore e nella sua tremante (ma potente, vedrete) debolezza.
Quello che ho trovato entusiasmante e commovente, in lei, che desidero conoscere sempre più, è l'equilibrio e l'autenticità umana, la sua intelligenza e attaccamento sano alla vita e la dimostrazione evidente di come lo Spirito la sostenga e la rinnovi ad ogni passo.
Ha tante malattie, Chiara. Delle 6 ritenute di massima vulnerabilità, in caso di infezione da Covid, lei ne conta ben quattro. Un record di cui non ha nessuna voglia di fare sfoggio.
Credo che sia stato un atto di vera umiltà, da parte sua, raccontare cosa vive e cosa patisce, anche sul fronte psicologico.
A me, personalmente, l'ha resa radicalmente vicina, simpatica in senso profondo e ontologico. La sua natura è quella di ogni persona ma quanto è bello vedere in controluce in lei sempre più nitide le fattezze di Nostro Signore. E' credibile ed eccezionale esattamente nella sua carnale, onesta normalità, trapassata da prove eccezionali, richiesta di continui nuovi atti di abbandono a un Dio che "si ostina" a riconoscere come Padre, anche quando sembra arrabbiato o deciso a lasciarci soffrire e non si sa il perché.
Come già raccontava, con discrezione ed equilibrio, Don Davide Banzato, Chiara soffriva da tempo di diverse patologie corredate da continui dolori e, ultimamente, di importanti difficoltà cardio respiratorie soprattutto durante la notte.
"Sognavo continuamente di morire", racconta lei stessa. Era un sogno alquanto realistico, scoprirà poi con le indagini alle quali un mese fa, non senza fatica, ha potuto sottoporsi.
La polisonnografia cui l'hanno sottoposta ha registrato ben 44 apnee in un'ora. Accade come se il suo sistema nervoso si dimenticasse di farla respirare: queste vere e proprie interruzioni dell'atto respiratorio con conseguente de-saturazione anche severa, la portano a valori di ossigenazione tanto bassi che rilevati, richiederebbero un intervento di emergenza. Con il Covid lo abbiamo imparato un po' tutti: quando l'ossigeno nel sangue scende sotto il 92% è ora di correre in ospedale. Bene, lei scendeva e stazionava anche intorno agli 85 e 80.
La sua fame d'aria, dunque, non era tanto da ricondursi all'asma o ai disturbi gastrointestinali che pure la molestano sistematicamente ma a queste gravi e continue apnee. Ogni notte, di fatto, Chiara corre il rischio di morire per ictus o infarto.
A questo Chiara dà una risposta meravigliosa: esiste un livello di paura naturale e anzi assai benefico per noi. Dio stesso ci ha dotati dell'istinto di sopravvivenza; di questo dobbiamo essere consapevoli e grati. C'è inoltre la giusta e doverosa necessità di custodire la vita, bene prezioso dal quale abbiamo imparato ad aspettarci frutti eterni.
Ma esiste anche la conoscenza, che ci viene proprio dallo Spirito, che ci attende una vita nuova per nascita spirituale, come Gesù ha spiegato quella notte a Nicodemo.
Abbiamo paura di lasciare gli altri, quelli che ci sono affidati; ed è cosa naturale ma anche questa prova per Chiara è occasione per ragionare su cosa aspetti e noi e loro. Ascoltandola parlare mi sono immaginata con grande vividezza il Paradiso, Dio stesso, con tutto il suo carico di pienezza d'amore e beatitudine e gioia, che ci tendono continui agguati. Non cambia del tutto la prospettiva, in questo modo?
Fa paura la durata delle sofferenze che, confessa Chiara, quando continuano e si moltiplicano, diventa oggettivamente insostenibile, quasi disperante (e lo dice non perché ha letto dei libri molto edificanti al riguardo ma perché è scritto in ogni fibra del suo corpo tanto provato non meno dello spirito). Ma quelle stesse sofferenze paragonate alla meraviglia che Dio quasi smania di dischiuderci, non diventano un'altra cosa? non cambiano volto?
Sì.
E con il dono dello Spirito Santo che dobbiamo chiedere con forza noi, tutti noi, potremo sperimentare una cosa umanamente inspiegabile ma testimoniata da schiere di santi: la pace. La pace prodonda del cuore, quella che Cristo ci dona per mezzo dello Spirito.
E' così: patire sul serio snuda nelle persone la parte che di esse è più vera e resistente, ciò che le fa dire, senza posa alcuna: "io sono custodito, c'è qualcuno che mi ama, quello che mi tocca ora passerà e il suo valore, invece, durerà per sempre".
Conviene fare come Chiara, dunque, e cominciare a vivere il Vangelo in ogni sua parte, senza tagli e montaggi personali.
Ciò che ci aspetta, già ora, acquattato proprio dentro le circostanze più normali e ripetitive che ci tocca vivere, è un giardino di primizie, un tappeto di fiori, un'esplosione di bellezza, una possibilità di amare noi stessi e gli altri passando direttamente per il cuore di Dio. Lo Spirito ha questo potere: di mostrarci il Regno di Dio. Prima ce lo mostra e poi ci permette di entrarci.
Non siamo dei bravi procrastinatori, noi cristiani, abbiamo voglia di vivere intensamente ora, di afferrare il tutto, di sperimentare l'amore per il quale, ormai ci avete convinti, sappiamo di essere fatti.
In questo lungo, meraviglioso messaggio, Chiara Amirante lo racconta, riporto parafrasando le sue parole che però potrete ascoltare nel video:
Ho fatto l'esperienza che Gesù spiega a Nicodemo: nell'incontro descritto al capitolo 3 del Vangelo di S. Giovanni, Gesù dice che se uno non rinasce dall'alto non può vedere il Regno di Dio. Come faccio? chiede Nicodemo (che forse mancava un po' di immaginazione o meglio aveva bisogno di risposte concrete e realizzabili, questa è una mia osservazione peregrina, Ndr).
Se uno non rinasce dallo Spirito non può entrare nel Regno di Dio.
L'esperienza che facciamo chiedendo il dono dello spirito è che vediamo già il regno di Dio ora; diventa una certezza, una vera esperienza. E questo mi ha aiutato a non perdere la pace quando potevo vivere nel panico perché il rischio di morte era incombente e continuo. Documentato, persino, dai medici.
Del paradiso che ti attende fai già un'esperienza qua. L'anima sente questo "rischio" come una possibilità meravigliosa; "non sono masochista, io amo moltissimo la vita", aggiunge Chiara. Ed è credibile. Il suo essere cristiana è un equilibrio impossibile eppure lì da vedere tra un'intensità di vita interiore che quasi sembra portarla altrove e un realismo così concreto e pratico che mi fa pensare sempre di più ad una brava mamma, una mamma accorta, una mamma esperta, abile, di quelle di famiglie numerose.
Certo passare per quella porta stretta non è una cosa semplice. Ma, nella sostanza la morte non fa più paura. Sappiamo che è un passaggio, potremmo dire il parto che ci fa nascere in Cielo. Ed è un grande aiuto, per il cammino personale suo e quindi di tutti noi, avere la calma consapevolezza che in ogni momento possiamo attraversarlo e arrivare a Lui.
Lo stesso valga per la paura di perdere i nostri cari: amici, parenti, figli, padri, madri.
Oh, anche al solo immaginare un momento simile ci si accartocciano le viscere. E con il Covid questa possibilità si è resa esperienza più diffusa (a volte persino in modo eccessivo e straniante).
Pensiamo alle facce delle persone amate: ci rifiutiamo di separarci da loro, li vogliamo qua, rifiutiamo il dolore che comporterebbe il distacco. Ma poi pensando alla gioia che ci aspetta possiamo persino dire che questa occasione sarà un regalo per le persone che amiamo!
E' così: se Cristo è davvero risorto allora morire, come dice San Paolo, non potrà essere che un guadagno.
Chiara fa anche una densa riflessione sulla paura della sofferenza rispetto alla quale, la morte, viene pensata quasi come un sollievo. Confessa in modo disarmato quanto sfinimento e angoscia abbia provato a vedersi dischiudere, con i responsi dei medici, un orizzonte ancora più scuro e tempestoso di quello nel quale ha già resistito per anni. Non solo dovrà indossare quell'infernale macchina salvavita (un ossimoro per lei) che le risulta come una specie di tortura (il casco Cpap per contrastare le continue apnee notturne) ma deve anche considerare la possibilità di un intervento che rimuova un'ostruzione organica e che la esporrebbe però a rischi enormi e forse la consegnerebbe ad un'invalidità prolungata se non irreversibile.
Lo ammette: vedere davanti a sè inerpicarsi questa via dolorosa sempre più erta l'ha profondamente segnata, psicologicamente si è sentita schiacciata, sfinita.
Ecco la cattedra dalla quale ha senso confessare il valore salvifico del dolore: il dolore stesso, con il suo tremendo corredo di paura e debolezza.
Ma è proprio quella, la nostra debolezza, che noi abbiamo da offrire al Padre.
Che vita incredibile, la vita dei cristiani. Che strana gente, trafitta e gioiosa, tremante e audace, debole e invincibile.
Dio benedica e custodisca Chiara a lungo, le dia presto sollievo e guarigione e non permetta che chi incrocia la sua vita si perda la bellezza che da essa scaturisce.
In fondo questa donna, questa mamma piena di figli di cui conosce dolori e storie, ci ridice, con un accento nuovo e adatto ai nostri tempi, che ciò per cui siamo nati è la gioia che solo Dio ci può dare e che la croce non è un ciondolo fuori moda del quale liberarsi ma la sola strada in grado di portarci tutti a casa.