La Cattedrale di Agrigento ospita la reliquia di Rosario Livatino, il giudice ucciso dalla Stidda, la mafia agrigentina, nel 1990, proclamato beato il 9 maggio 2021.
Si tratta della camicia insanguinata che il magistrato indossava quel 21 settembre di trent’anni fa quando, lungo la strada statale 640, fu affiancato da un commando di stiddari che lo uccise. La Cappella è aperta tutti i giorni dalle ore 9:30 alle ore 13,00 e dalle ore 16:30 alle ore 19:00.
Oltre alla reliquia di Livatino, nella cappella c'è anche la tela in originale dell’immagine scoperta il giorno della beatificazione. E la lettera scritta di Papa Francesco in lingua latina e della relativa traduzione in italiano, con cui il Santo Padre ha iscritto il servo di Dio Rosario Angelo Livatino nel numero dei beati.
Un altro importante documento posto nella Cappella è una copia rilegata della “Positio super martirio” sull’esercizio eroico, delle virtù cristiane, depositata presso la Congregazione della Causa dei Santi (Grandangolo Agrigento, 20 maggio).
Il giudice Rosario Livatino è stato beatificato domenica 9 maggio nella Cattedrale di Agrigento. Il giovane magistrato fu ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990 mentre si recava in tribunale. Il 22 dicembre papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che ne riconosce il martirio «in odio alla fede». La cerimonia è stata presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione della causa dei santi.
«L’uccisione di un magistrato scrupoloso, lungimirante, soprattutto coraggioso e di elevato rigore morale. Un uomo giusto». Così la Commissione parlamentare antimafia definisce l’omicidio del giudice Rosario Livatino.
Sono le ultime parole della Relazione, approvata il 19 maggio, relatori Pietro Grasso e Gianluca Cantalamessa, dedicata al giovane magistrato ucciso il 21 settembre 1990 e beatificato lo scorso 9 maggio. Un documento, si legge nelle prime pagine, che vuole «valorizzare il profilo di magistrato giovane e valoroso, il cui straordinario valore intellettuale si completava con doti professionali fuori dal comune». Ma è «anche occasione per tentare di ricostruire il clima che segnava la provincia agrigentina» (Avvenire, 20 maggio).